Un nuovo Rinascimento per il terzo millennio

Come disse Bob Kennedy nel 1968 «il Pil misura di tutto, tranne quello che ci serve per essere felici». Proprio qui, alla parola “felice”, si inserisce la peculiarità italiana della Decrescita: non una nuova tendenza settaria, magari di sapore new age, ma una vera e propria ridefinizione antropologica di priorità. Una rivoluzione culturale, ispirata dal bisogno di un nuovo umanesimo.

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di Giorgio Cattaneo

decrescita
La decrescita è l’unica soluzione per guarire i mali del nostro sistema basato sul culto del PIL
«La vita è bella, anche senza sviluppo. Anzi: solo rinunciando all’idea di sviluppo illimitato, la vita può essere addirittura felice». È questo l’orizzonte culturale della Decrescita, l’ultima risposta alla degenerazione suicida del recente capitalismo consumistico, sempre più fondato sull’ideologia del Pil, dottrina «economica e mitologica» divenuta ormai «una sorta di teologia», da cui deriva la catastrofe planetaria alle porte. L’antidoto? È la Decrescita: un nuovo Rinascimento, che liberi gli individui dalla schiavitù dei consumi e dalle loro nefaste conseguenze in ogni campo: ambiente, salute, qualità della vita e dei rapporti umani.

Primo obiettivo: smascherare il falso mito dello sviluppo illimitato, fonte di tutti i nostri guai. Ma è possibile concepire un futuro senza sviluppo? «Certo. Perché non c’è alcun progresso, nello sviluppo», afferma Maurizio Pallante, ideologo italiano della Decrescita. «Il concetto di sviluppo illimitato è una mistificazione. In realtà, non può esistere nessuno sviluppo sostenibile: perché lo sviluppo è di per sé il problema, non la soluzione».

Saggista e scrittore, ecologista della prima ora, allievo dell’economista Claudio Napoleoni e fondatore con Tullio Regge del Cure, comitato per l’uso razionale dell’energia, Pallante è ora l’ispiratore in Italia del Movimento per la Decrescita Felice, proposta culturale e sociale che punta a creare riflessione, networking, comunicazione, solidarietà informata e consapevole. Una specie di rivoluzione culturale. «La Decrescita – sostiene Pallante – è davvero l’unica soluzione per guarire i mali del nostro sistema, basato sul culto del prodotto interno lordo». E spiega: «La salute dell’economia viene ancora misurata in base all’andamento del Pil, che in realtà è soltanto un indicatore del valore monetario delle merci commercializzate».

bob kennedy
"Il Pil misura di tutto, tranne quello che ci serve per essere felici", Robert Kennedy
Come disse Bob Kennedy nel 1968, «il Pil misura di tutto, tranne quello che ci serve per essere felici».

Proprio qui, alla parola “felice”, si inserisce la peculiarità italiana della Decrescita: non una nuova tendenza settaria, magari di sapore new age, ma una vera e propria ridefinizione antropologica di priorità. “A una vita fondata sul mercato dei beni di consumo e su un “fare” di origine industriale, finalizzato a “fare sempre di più” – afferma Pallante – dobbiamo prepararci a sostituire un’esistenza fondata su valori autentici, e cioè sullo scambio genuino di beni d’uso; su un “fare bene”, che innanzitutto ci dia soddisfazione e ci renda, appunto, felici”.

Sembra una sottigliezza, ma non lo è. Togliendo al mercato il suo potere mitologico, ora peraltro messo in crisi dal terremoto finanziario mondiale, e restituendo capacità e responsabilità dirette agli individui, certamente si ridurranno gli sprechi, i consumi energetici, il business del trading e i trasporti delle merci: fatalmente, si comprimerà il Pil.

Malgrado ciò – anzi, proprio per questo – si costruirà «un orizzonte pulito, abitabile, alternativo allo scempio speculativo: l’unico possibile orizzonte, ormai, nel quale sia ancora pensabile la sopravvivenza di questo pianeta».

Il nuovo movimento italiano guidato da Maurizio Pallante si collega per alcuni aspetti ad altre tendenze europee, come quella rappresentata dall’economista francese Serge Latouche, autore di analisi che negli ultimi anni hanno elaborato una severa critica nei confronti del modello occidentale basato sull’ideologia di uno sviluppo potenzialmente illimitato:

«In natura, lo sviluppo illimitato non esiste. Negli ultimi tre secoli, il mito dello sviluppo inarrestabile ha minato le risorse del pianeta. E la situazione è ulteriormente peggiorata negli ultimi quarant’anni, con l’avvento dei prodotti “usa e getta”, concepiti per durare il meno possibile e pronti per essere trasformati in rifiuti che è sempre più costoso, difficile e pericoloso smaltire: pensiamo alle discariche-colabrodo o agli inceneritori, che sono fabbriche di tumori».

terra
E' necessario invertire la rotta, o la Terra non reggerà al collasso che si profila all’orizzonte
Ora, la crisi climatica e l’implosione economica planetaria non fanno che confermare questa diagnosi: è necessario invertire la rotta, o la Terra non reggerà al collasso che si profila all’orizzonte. E dunque: via libera a fonti rinnovabili, riduzione e riciclaggio dei rifiuti, contenimento dei consumi, ritorno all’agricoltura tradizionale e promozione delle filiere corte. «Non solo: è fondamentale anche il recupero di capacità perdute, quelle che servono ad auto-produrre beni d’uso fondamentali». Per questo, il Mdf ha aperto l’Università del Saper Fare, network formativo che coordina corsi di auto-produzione che in tutta Italia radunano migliaia di neo-autoproduttori. «Ognuno, nel suo piccolo, può fare molto per ridurre costi, sprechi e inquinamento, imparando a risparmiare e condividere: fare il pane in casa può diventare innanzitutto un piacere».

La Decrescita Felice “fai da te” è il primo passo verso un network evoluto, una società più solidale e consapevole. Come quella che lascia intravedere l’associazione dei Comuni Virtuosi, che promuove progetti esemplari: grazie ai quali si migliora la qualità dei servizi in tutti i campi (energia, rifiuti) salvaguardando l’ambiente e pesando meno sul bilancio economico delle comunità. «E’ un processo complesso, una riconversione globale che richiede tempo – aggiunge Pallante – ma, proprio per questo, l’azione dei singoli può contribuire moltissimo ad accelerare i tempi, inducendo la politica a compiere finalmente le scelte giuste».

Da sempre sostenitore delle “tecnologie di armonia” al servizio dell’ambiente e grande fautore di ogni forma di prevenzione (il risparmio su tutto: meno costi, meno rifiuti, meno dispendio energetico, meno inquinamento), Pallante sintetizza in modo poetico il suo ideale di Decrescita Felice: «In fondo, si tratta si recuperare l’antico sapere dei nonni: il falso progresso l’ha scartato come obsoleto, ora invece ne sentiamo la mancanza».

terra
"E' tempo di riprendere per mano il nostro futuro, con fiducia: insieme, malgrado tutto, possiamo farcela"
Un sapere che deriva da uno stile di vita sobrio, a diretto contatto coi mezzi di produzione dei beni essenziali. «E’ un po’ la filosofia dei monaci medievali, che erano innanzitutto auto-produttori comunitari e contemplatori del loro lavoro», come spiega lo stesso Pallante ne “I monasteri del terzo millennio” (“Ricchezza ecologica”, ManifestoLibri). «Nel loro motto, “ora et labora”, il riferimento spirituale viene prima di quello materiale: un suggerimento che, a distanza di secoli, vale la pena rivalutare».

Decrescita Felice, dunque. «Per ricreare socialità, riscoprire valori essenziali, ridurre le dipendenze, gli sprechi e i costi ambientali. E migliorare la qualità della vita». Una rivoluzione culturale, ispirata dal bisogno di un nuovo umanesimo.

«Dobbiamo riappropriarci della nostra esistenza, dei nostri ritmi vitali e del destino della Terra. Ci servono nuovi strumenti pratici, nuove consapevolezze, nuovi saperi». L’obiettivo? «Essere felici, partecipi. Aderendo alla Decrescita, ognuno sa di poter cominciare a fare finalmente qualcosa di concreto, da subito, senza attendere i tempi eterni delle strategie globali».

Non è poco, in un mondo che si pretende costituito di soli numeri, di masse inerti e rassegnate di tele-consumatori dove gli individui non contano niente. Maurizio Pallante e la sua Decrescita Felice fanno mostra di ottimismo: «E’ ormai evidente a tutti che un’epoca di errori disastrosi si è conclusa. Ora è tempo di riprendere per mano il nostro futuro, con fiducia: insieme, malgrado tutto, possiamo farcela».

Articolo tratto da www.libreidee.org

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