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Questo è un meccanismo facilmente percepibile, per esempio, ogni volta che ci si reca in pellegrinaggio in un luogo definito sacro da non importa quale religione, o che si vive un rituale rimasto immutato nei secoli: capita di sentire una forma molto intensa di energia che può essere del tutto indipendente dal fatto che condividiamo o meno quel tipo di religione o di rito. Per il solo fatto di esprimere da secoli un ponte con il trascendente, la sua energia ci raggiunge a livello sottile.
Questo discorso può essere interessante per chi utilizza tali simboli, in quanto potrebbe essere interessante cercare di ‘‘sentire’’ o meno tale tipo di legame energetico.

Sul piano concreto, questo è il solo ed unico motivo per cui esiste una certa forma di discrezione sulla rappresentazione grafica di tali simboli: per esempio, nel nostro primo libro sull’argomento (Reiki Energia e Guarigione, ed. Amrita), sono riportati tutti i trattamenti ed il significato dei livelli, praticamente tutto ciò che sul Reiki poteva essere scritto, tranne i simboli.

Non certo per fare del segreto, ma perché una delle leggi delle forme pensiero è quella di perdere parte della loro efficacia se vengono divulgate da chi non ne condivide il contenuto energetico (del resto è uno dei significati dell’evangelico ‘‘non dare le perle ai porci”).

Per fare ancora una volta un esempio semplicistico, a tutti sarà capitato di vivere un’esperienza interiore molto coinvolgente, foss’anche il commuoversi di fronte ad un tramonto: sarà anche capitato di raccontarla e parlarne con chi non si trovava sulla stessa ‘‘lunghezza d’onda’’, e di accorgersi che la ricchezza di tale esperienza finiva con l’impoverirsi, svilirsi.

D’altro canto, se condivisa con persone dotate di una sensibilità simile alla nostra, diventa ancora più profonda ed intima proprio attraverso la comunicazione reciproca.
Del resto, per chiarire ulteriormente come tale forma di discrezione sui simboli non miri assolutamente a mantenere una forma di potere derivante dalla conoscenza, basterà pensare per un momento alla storia stessa della riscoperta del Reiki, vera o simbolica che sia: Usui trovò questi simboli in antichi insegnamenti buddisti, ma una volta trovati non sapeva assolutamente che farne in quanto doveva ancora vivere l’esperienza dell’autoiniziazione, che rese possibile la trasmissione del Reiki fino ai nostri giorni.

Analogamente, il semplice tracciare tali simboli senza aver ricevuto l’attivazione di secondo livello sarebbe del tutto inutile e privo di efficacia, così come del resto poggiare le mani sulle posizioni previste dai trattamenti di primo livello senza aver avuto l’apertura del canale del Reiki.

I simboli nudi e crudi, in assenza dell’attivazione, non servirebbero comunque a nulla. Nell’esempio già citato, se possediamo una radio od un computer pieni di circuiti stampati ma non li colleghiamo alla rete elettrica non potremo farne nulla.

Da questo, che non voleva essere altro che un quadro generale sul discorso dei simboli nel Reiki, speriamo si sia compreso come in essi non vi sia nulla di occulto, ma si tratti semplicemente di frammenti di una conoscenza passata, che stanno riaffiorando in questi ultimi anni in forme e modi diversi in ogni parte del nostro pianeta: quello che qui ci preme è solo ribadire ancora una volta come il Reiki sia uno strumento estremamente semplice da usare, di tutti e per tutti, e che per essere utilizzato non abbia assolutamente bisogno di discorsi ed analisi come quelli che abbiamo appena fatto, che semmai potranno servire a chi non lo utilizza in prima persona per comprenderne meglio il significato.


Per informazioni sui semninari di Reiki e sulle altre attività dell'Associazione Pachamama, consultare il sito web.tiscali.it/pachamama, scrivere a pachamama@inwind.it o telefonare al 069032785 o al 3387255800.


(02/01/2008) - SCRIVI ALL'AUTORE


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