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IL TANTRA: LA VIA DELLA PASSIONE PER REALIZZARE IL DIVINO
Iniziamo questa settimana un percorso sul concetto di Tantra. Alla ricerca del piacere in un corpo vissuto come tempio…

Giancarlo Tarozzi

Tra le parole inflazionate e sporcate a scopi puramente commerciali dal movimento New Age c'è il Tantra: per molti, questo termine richiama automaticamente un alibi spirituale per giocare con la sessualità, per sentirsi giustificati a liberare le proprie pulsioni orgiastiche.

Fermo restando che in tutto questo non c'è nessun giudizio, in quanto ognuno è pienamente libero di vivere il proprio eros come vuole, a patto di non nuocere in nessun modo agli altri, il concetto di Tantra è qualcosa di molto più profondo e sacrale.

Nella tradizione indiana si afferma che esistono due strade per raggiungere la realizzazione: una è quella lenta, rassicurante, che propone di attraversare le innumerevoli reincarnazioni che consentono di costruire un pezzettino dopo l'altro la propria crescita spirituale fino a liberarsi dall'esigenza di rinascere ancora; un'altra, propone di dirigersi verso la propria realizzazione qui ed ora, nell'attuale esistenza seguendo un percorso senz'altro più impegnativo e coinvolgente, più diretto. Anni fa ho avuto l'opportunità di incontrare e lavorare a stretto contatto con Sharma Yogi, responsabile dei templi tantrici di Khajuraho, in India. Templi che, dopo essere stati scoperti agli inizi del ‘900 nella giungla, che ha consentito loro di rimanere intatti nei secoli (dal momento che sono interamente ricoperti di statue che raffigurano posizioni e modalità sessuali), hanno rischiato seriamente di essere sepolti da una colata di cemento dall'allora musulmano governo indiano.

Come ho avuto più volte occasione di affermare in questa rubrica, non c'è niente che spaventi maggiormente le religioni patriarcali, siano esse ebraiche, musulmane, cristiane o altro, che la libera espressione della sessualità e della Passione. E questo proprio per quello che sostiene il citato presupposto su cui si basa il Tantra: la possibilità di realizzarsi nel momento presente, senza bisogno di intermediari o sacerdoti, gerarchie, ed esplorare scoprendo la manifestazione diretta del proprio Cuore, del proprio Spirito. Questo avviene considerando il corpo umano come un tempio: un luogo in cui aleggia la presenza dello Spirito stesso.

Lavorando a stretto contatto con Sharma Yogi in Italia, nel suo ashram a Khajuraho, in un viaggio alla ricerca di maestri e Sadhu nascosti nelle giungle del nord dell'India, ho avuto l'opportunità di comprendere e sperimentare fino in fondo che cosa significa considerare la Passione come occasione per lo spirito di manifestarsi, come tutte le raffigurazioni sessuali raffigurate sui templi di Khajuraho non costituiscano altro che un gigantesco manuale di meditazione: invece di tacitare o soffocare le pulsioni del corpo e della mente, esse vengono guidate docilmente e incanalate fino a costituire uno strumento ottimale per la manifestazione del Sé. In essa la stessa energia orgasmica diventa quello che in realtà è: un momento di assenza di pensieri, di distrazioni fisiche, che consente di sperimentare un'espansione dell'energia del Piacere nell'Assoluto.

Nel Tantra, per un uomo, la donna è una manifestazione della Dea; per la donna, è l'uomo la manifestazione del Dio; per entrambi, attraverso il partner è possibile integrare e sperimentare gli aspetti mancanti dentro di sé, fino a trovare e realizzare l'uomo cosmico, l'androgino.

Ma per fare questo, per prima cosa, è necessario liberarsi e ripulirsi dallo sporco che i concetti di peccato, discriminazione sessuale, pornografia, violenza, perversioni appiccicano all'essere umano fin dalla sua prima infanzia.

Millenni di condizionamenti patriarcali fanno sì che, anche se può sembrare paradossale, sia molto più difficile vivere armoniosamente il principio del piacere che la sofferenza, che viene invece proposta ed offerta come valore dominante e essenziale per la realizzazione individuale.

Personalmente, continuo a ritenere che un principio divino che stabilisse che la sofferenza sia uno strumento per crescere, che il dolore (e non l'armonia, l'amore, la passione) sia un’espressione dello Spirito, sarebbe una manifestazione divina che a parer mio avrebbe bisogno di rivolgersi ad uno psicoterapeuta.

La visione proposta dalle culture matriarcali, e dallo stesso buddhismo, propone invece la sofferenza come l'indicazione di qualche cosa da correggere, da modificare, nel proprio percorso verso la felicità.

Proseguiamo questo discorso nella “prossima puntata”.

Giancarlo Tarozzi, tra le altre cose, è fondatore dell'Associazione Pachamama. Per informazioni consultare il sito web.tiscali.it/pachamama, scrivere a pachamama@inwind.it o telefonare al 069032785 o al 3387255800.


(27/04/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


Non aver paura di crescere è benessere

  
  
 
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