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SLEUTH
TITOLO ORIGINALE: Sleuth
REGIA: Kenneth Branagh
CON: Michael Caine, Jude Law, Harold Pinter
USA 2007
DURATA: 86 minuti
GENERE: Thriller
VOTO: 7,5
DATA DI USCITA: 09/11/2007

Giancarlo Simone Destrero

Milo Tindolini, un giovane attore di origine italiana, chiede ed ottiene di essere ricevuto nella casa di Andrei Wyke, famoso scrittore di gialli, per chiedergli di accettare la richiesta di divorzio da parte della moglie, di cui è amante. Sulle prime lo scrittore sembra cadere dalle nuvole ed ignorare la proposta, poi comincia a mettere in pratica un piano, ben escogitato, per farla pagare al giovane ed umiliarlo. Il gioco ha inizio…

Un coinvolgente delirio a due. Un cinema di interni dove ogni diverso ambiente della casa-set acquisisce significato in proprio, diventando, nello stesso momento, una sorta di personaggio tecnomorfo ed il palcoscenico ideale per liberare l’estro dei due protagonisti della vicenda. L’attempato scrittore di successo, ricchissimo, ed il più giovane, disoccupato attore con pretese di celebrità.

Due uomini agli antipodi esistenziali, che entreranno in competizione tra loro per una donna. Un personaggio incombente, quest’ultimo, che sarà sempre presente nel testo, pur non entrando mai sulla scena; o meglio essendo sul punto di farlo un attimo prima che il film finisca, e questa conclusione è una delle differenze drammaturgiche del riadattamento cinematografico, ad opera di Kenneth Branagh, della commedia teatrale scritta da Antony Shaffer, rispetto al primo adattamento del 1972 per la regia di Joseph Mankiewicz.

Questa volta per la sua sceneggiatura, il regista inglese si serve della collaborazione del premio nobel Harold Pinter (che fa il suo cameo nel film sugli schermi al plasma di Andrew) e le differenze semantiche, soprattutto nell’animo dei personaggi, col film di 35 anni fa -per chi ha avuto il piacere di vederlo- sono palesi. L’atmosfera è, da subito, cupa ed ambigua, il clima giocoso e grottesco dell’elegante casa di Andrew s’è trasformato in un’oscurità segregante che mette subito in evidenza l’alienazione dal mondo reale dello scrittore.

Un simbolico ascensore al centro della stanza lascia spesso le scale inusitate -quasi a voler suggerire una più facile ascesa sociale? I marchingegni meccanici, le molle, i pulsanti azionanti ingranaggi che facevano scattare pupazzi parlanti, che contribuivano ai divertimenti ludici dello spassosissimo scrittore, interpretato dal grande Laurence Olivier, si sono trasformati in isolamento tecnologico, una sorta di mondo virtuale dal quale lo scrittore-Michael Caine sembra avere il proprio mondo sotto controllo, grazie a telecamere e a dispositivi ipertecnologici sparsi per tutta casa e nel giardino, necessitando più di una certezza interiore che del bisogno di far viaggiare infantilmente la fantasia.

Ed ecco la differenza sostanziale tra la prima versione filmica del testo e quest’ultima opera di Branagh. Se il canovaccio di partenza rimane lo stesso, l’ultimo Sleuth è più impegnato ad addentrarsi psicologicamente nei personaggi, a scapito magari di una certa versatilità registica. Alcune inquadrature statiche, che si dilungano fissamente su un’angolazione, sembrano voler subito mettere in discussione l’orgoglio virile dei due protagonisti e la conseguente lotta per il predominio dell’uno sull’altro.

Uno scavo psicologico che rende il risultato del film meno poliedrico, meno arioso, più morbosamente univoco nell’insistente rapporto di competizione che si stabilisce tra i due, e che forse viene preso sul serio troppo repentinamente, specialmente da Milo. Qui, infatti, è lui a sembrare tarantolato, proprio perché toccato sul vivo della propria passiva condizione socio-economica. Al contrario, il carattere del giovane era molto più misurato ed indifferente alle provocazioni del gigioneggiante ed eclettico Andrew-Olivier, nella versione originale, il quale esternava improvvisi scatti di eccitazione giocosa, repressa, frutto della sua latente immaturità.

Qui lo psicologismo arriva al suo apice nell’anomala, quanto allettante, proposta che lo scrittore offre a Milo. Nell’ambiguità tra la continua tensione della sfida ed il suo presunto scioglimento, i due caratteri vengono messi a nudo e la nuova prospettiva potrebbe anche valere il rispetto delle regole del gioco.



(23/11/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


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