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IL TENENTE DI INISHMORE
di Martin Mc Donagh
versione italiana di Fausto Paravidino
regia di Marco Sciaccaluga
con Ugo Maria Morosi, Roberto Alinghieri, Arianna Comes, Aleksandar Cvjetkovic, Gianluca Gobbi, Enzo Paci Gaetano Sciortino, Pietro Tammaro
scene e costumi di Guido Fiorato
musiche di Andrea Nicolini
luci di Sandro Sussi
produzioneTeatro Stabile di Genova

Damiano Cristilli

Padraic, terrorista espulso dall'IRA perchè troppo estremista, torna a casa dal padre quando sospetta che il suo unico amico, un gatto nero di nome Wethomas, sia stato ucciso.
Comincia così una serie di omicidi e torture che oscillano tra il gran guignol e lo splatter con tanto di cadaveri di gommapiuma che vengono letteralmente fatti a pezzi tra litri di sangue finto.

L'autore fa parte di quella generazione di drammaturghi che dalla metà degli anni 90 compare sulle scene con il chiaro intento di scioccare il pubblico con il loro "Tarantino Style". Esplicita aggressività verbale, violenza fisica e volgarità miscelate con una bella dose di spietatezza.

Non c'è dubbio che questo spettacolo sia una farsa a tinte forti. Martin McDonagh, nato e cresciuto a Londra da genitori irlandesi, dà corpo ai personaggi di questo spettacolo dipingendoli come psicopatici e violenti, i cui bisogni primitivi sembrano essere torturare, bere e uccidere.

Fin qui tutto bene. Quanti drammaturghi o sceneggiatori irlandesi non hanno potuto esimersi dal raccontare i conflitti religiosi che dividono questa nazione? Martin Mc Donagh lo fa in modo egregio aggiungendo un gusto moderno - o meglio post moderno - e grottesco che l palato ha il retrogusto ferroso del sangue.

La farsa non è un genere teatrale minore, pensiamo a Molière e ai suoi personaggi ossessionati dalle malattie e dal denaro, così McDonagh trasforma i terroristi irlandesi in mostri grotteschi, se ne prende gioco mostrando le loro contraddizioni, un amore sconfinato per i gatti (o gli animali in genere) e una ferocia bestiale con gli umani.
Dialoghi serrati, recitati da bravi attori che si arrampicano su una scenografia quasi postatomica è questa una commedia pseudotragica cruda e comica allo stesso tempo, sconsigliata però ai deboli di stomaco e agli spettatori facilmente impresssionabili.

Invece, per tutti gli estimatori del tanto celebrato genere postmoderno (Tarantiniani et similia) sarà una vera gioia.


(11/02/2005) - SCRIVI ALL'AUTORE


Amare l'arte è benessere

  
  
 
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