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Insomma, il Progetto colma un vuoto (un GAP, appunto) burocratico a cui finora ben pochi si erano interessati. Contemporaneamente, il Parlamento britannico ha posto l’attenzione su un altro problema fondamentale: QUANTO soffrono gli animali? Sebbene al confronto del GAP questo progetto possa apparire meno significativo, in realtà apre la strada per la liberazione di milioni di animali dalla tortura della vivisezione. Un progetto forse più pratico, ma esteso a tutte le specie ed anch’esso fondamentale.

Il concetto di “dolore” viene applicato infatti solo all’essere umano, in quanto è l’unico animale in grado di esprimerlo. Si stenta a crederlo, ma solo il 4 aprile di quest’anno lo University College di Londra ha pubblicato uno studio che conferma la possibilità dei neonati di provare dolore: fino ad un mese fa, i neonati venivano operati senza anestesia e le loro reazioni interpretate come semplici riflessi…
Le attuali norme britanniche in materia di esperimenti sugli animali impediscono di effettuare esperimenti senza anestesia nel caso in cui questi provocherebbero sofferenze eccessive.

Il concetto di sofferenza però non è mai stato misurato e quindi è facilissimo aggirare l’ostacolo.
Anche in Italia il problema è simile. L’articolo 6 della legge 116/92, infatti, stabilisce che "gli esperimenti devono essere effettuati in modo da evitare angoscia e sofferenza o dolore inutili agli animali", ma anche in questo caso non vengono date le definizioni di sofferenza e angoscia animale.

Da pochi giorni, un gruppo di scienziati si occupa di “valutare le sofferenze” degli animali in nove laboratori di vivisezione britannici. I risultati dello studio purtroppo non serviranno per impedire che cani, gatti, conigli, scimmie e cavie (solo per citare i più famosi) siano uccisi a milioni nei laboratori, però consente di limitarne incredibilmente le sofferenze. Si passa dalla tortura vera e propria, ad una forma di studio almeno un minimo più rispettosa.

La presa di posizione della Spagna nei confronti del GAP, che segue a quella della Nuova Zelanda diversi anni fa, e la ricerca sul dolore britannica sono il segnale di un fortissimo cambiamento portato avanti dalle nuove generazioni, ben più sensibili delle precedenti in campo ecologico e di rispetto della vita.
Progetti come questi aprono la via della speranza per un mondo migliore. E non vuole essere una frase sentita mille volte. Almeno nell’ottica dei diritti degli animali, stavolta leggetela con una consapevolezza diversa.


(28/04/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


Conoscere la terra che abiti è benessere

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