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A COME SREBRENICA
COSA SUCCEDE DALL'ALTRA PARTE DELL'ADRIATICO?

"Io sono nata in un paese davanti al mare…", una donna torna bambina scrutando l'orizzonte. "Cosa c'è dall'altra parte?" si chiede: dall'altra parte del mare c'è una terra e una guerra.

Daniel Tarozzi

Sono passati quattro giorni eppure ho ancora i brividi lungo la schiena.

Venerdì scorso, presso il tendone ospitato all’interno della “Festa dell’Altraeconomia”, ho infatti assistito al monologo interpretato da Roberta Biagiarelli sui tre interminabili anni di assedio cui è stata sottoposta Srebrenica, piccola cittadina bosniaca ai più sconosciuta fino al 1995, quando tra il 9 e l’11 luglio, l’orrore raggiunge il suo culmine in seguito all’attacco finale portato dalle truppe serbo-bosniache alla zona protetta; attraverso stupri, mutilazioni, esecuzioni sommarie e sepolture di vivi (!). In tre giorni vengono massacrati oltre nove mila civili.

Ma il dramma era iniziato tre anni prima.

In meno di due ore, su un palco praticamente vuoto (una sedia, un tavolino), Roberta Biagiarelli riesce a rappresentare la tragedia di un popolo. I tre anni dell’assedio sono rivissuti giorno dopo giorno, passo dopo passo.

Ascoltando la sua voce, osservando le sue espressioni, vivendo i suoi movimenti corporei siamo trasportati indietro di circa 15 anni e osserviamo il lento e graduale degenerare delle cose.

I vicini che cominciano a dubitare dei vicini. I vicini che cominciano a non sopportare i vicini. I vicini che cominciano a massacrare i vicini. I vicini??? Si, proprio i vicini. Il macellaio, il vigile, il giardiniere. Quelli che salutavi ogni mattina. Quelli che pur avendo una “etnia” diversa, o forse una religione diversa, servono il te esattamente allo stesso modo, cantano le stesse canzoni, educano nello stesso modo i figli.

Ma questo prima. Poi, un bel giorno, nella piazza di Srebrenica da una macchina viene scaricato un corpo morente. Ha due dita mozzate e il corpo martoriato. E niente sarà più come prima.

Molto si potrebbe dire sui fatti narrati dalla Biagiarelli, ma si farebbe un gran torto a lei e alla storia.

Infatti, nessuna parola scritta, nessun libro, può raccontare, trasmettere, trasmigrare quegli atroci anni con la stessa efficacia del suo spettacolo.

Un talento davvero raro il suo. Un alternare momenti drammatici, ad amara, amarissima, ironia.

Riesce a cogliere nel segno il suo monologo.
Imita perfettamente le voci, i modi, le sfumature dei cittadini bosniaci. Descrive un mondo a noi sconosciuto, un mondo pieno di consonanti, di tradizioni antiche e misteriose, di fascino e delicata rudezza. Di arte. Di poesia. Di sogno.

Senza l’ausilio di musiche. Senza nemmeno l’ausilio delle luci che, in una serata particolarmente sfortunata, saltano più volte costringendo l’attrice a recitare persino al buio per alcuni minuti.

L’impianto di riscaldamento non funziona. Noi siamo seduti in prima fila, con la giacca pesante e i guanti e congeliamo; ma il freddo più grande è nel nostro cuore.

Osserviamo il corpo (i corpi) dell’attrice muoversi sul palco, senza giacca, aggredita dal freddo sempre più pungente eppure imperterrita nel suo recitare.

E ci sentiamo ancora più miseri, quando mentre tremiamo dal freddo la sentiamo raccontare dei bosniaci che negli inverni degli anni '90 morivano congelati a meno 20 gradi.

Ma il freddo più devastante ci pervade quando sentiamo raccontare come i caschi blu dell’Onu, il mondo civile, noi, abbiano sfruttato la miseria di un popolo, venduto sacchi di spazzatura, pranzato con i carnefici e persino insultato e picchiato le persone che dovevano proteggere.

L’Onu, il mondo civile, noi, che aveva dichiarato Srebrenica zona protetta e poi, in nome di un trattato di pace, ha venduto 40.000 persone, sì proprio 40.000, alle truppe di Milosevic e ai loro carnefici.

E già, perché dall’altra parte del mare Adriatico ci sta una cittadina, Srebrenica, che contava 4000 abitanti, ma poi ne ha contati 40.000 quando ha “ospitato” i bosniaci musulmani che sono stati cacciati dalle zone circostanti in seguito alla pulizia etnica serba e si sono diretti nella piccola città su consiglio dell’Onu, il mondo civile, noi.

E oggi? Oggi A. A come Srebrenica.

Da vedere. Da vivere. Da non dimenticare.


Info:
A come Srebrenica
di Giovanna Giovannozzi, Roberta Biagiarelli, Simona Gonella
con Roberta Biagiarelli
regia di Simona Gonella
consulenza Luca Rastello
produzione Babelia

p.s. Lo spettacolo era gratuito. La sala piena, ma molto piccola. Il monologo viene replicato continuamente dal 2001, raggiungendo ormai quasi le 400 rappresentazioni. E' stato presentato anche in Spagna al Festival di Madrid Sur e in Bosnia, al Festival Bascarsijske di Sarajevo, a Tusla e, ovviamente, a Srebrenica. E' stato poi prodotto un documetario, Souvenir Sebrenica. Un vero successo insomma. Peccato doverlo vedere in un piccolo tendone gelato, con le luci che saltano e pensare che molti dei nostri teatri più belli sono spesso occupati da più o meno imbarazzanti "personaggi" televisivi.



(18/12/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


Amare l'arte è benessere

  
  
 
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