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AUTOMOBILI IN PUBBLICITA'
DISTORSIONI ATTRAVERSO LA SCATOLA NERA

Può la pubblicità contribuire al cambiamento delle abitudini e delle credenze di una società, alla formazione di valori? Forse gli spot automobilistici ci dicono più di quanto non sembrerebbe a prima vista.

Claudia Bruno

È in un recente spot televisivo che un uomo, affannato, bussa alla porta di una splendida modella per esporle concitate parole d’amore e ammirazione. Già, ma non rivolte a lei. Subito dopo, in primo piano appare la protagonista e destinataria della dichiarazione: un’automobile.

Certo non è la prima volta che un’auto pretende di entrare in diretta competizione con noi. Poco tempo prima, sempre in pubblicità, un papà dimenticava il nome del suo bambino per quello della sua auto. Ancora, una sposa televisiva appena prima del fatidico sì, decideva di scappare con la sua rossa fiammante. Una scelta di vita.

Sembrano passati secoli da quando un gruppo strampalato di persone improbabili, ma tutto sommato simpatiche, cantava “una tipo tanti amici”. Eppure, non si sa bene come e quando, tra un pasto e l’altro, il piccolo schermo riesce ancora a parlarci di come siamo diventati. Se i trenta secondi pubblicitari siano fotografia delle nostre assurde abitudini, o prescrizione subliminale delle stesse poi, è difficile a dirsi. Il nodo dell’enigma è troppo ammaliante per essere sciolto.

Fatto sta che se fino all’altro ieri, gli spot automobilistici dipingevano le nostre macchine come abitacoli votati all’aggregazione o semplicemente come confortevoli mezzi di trasporto, oggi qualcosa cambia o è già cambiato. All’auto spassosa per gli amici, a quella familiare, a quella pratica e funzionale che, “se non ci fosse bisognerebbe inventarla”, ne subentra una un po’ diversa. Non invenzione utile all’uomo, ma surrogato con la pretesa di sostituirlo. Non mezzo per raggiungere più facilmente e agevolmente piaceri anche distanti, ma piacere essa stessa. È questo il messaggio che arriva come fastidioso prurito, quando vediamo la famosa coppia guardare il tramonto attendendone impazientemente la fine, per scappare in macchina subito dopo.

Cos’è, esagerazione o ironia sulla triste realtà dei fatti? Ritratto sociale o abbozzo di come i media vorrebbero che fossimo? Esseri pronti a sostituire i propri affetti con la potenza di un motore, i piaceri quotidiani con la fissazione ossessiva per gli accessori e le comodità del nostro autoveicolo. L’automobile diventa quasi un oggetto personale. Che ci rispecchia, nello stile, nei colori, nel design, nelle funzionalità. La nostra auto è il nostro modo di vivere. Un vestito. Potremmo starci nudi dentro. Non esisteremmo senza. Gli autori pubblicitari lo sanno bene.

E se a forza di crederci e di ripeterlo, fossero riusciti silenziosamente a persuaderci? Semplicemente con il muto potere delle immagini, dateci in pasto in un formato “fast”, tra una boccata d’aria e l’altra. In fondo confondere i fini con i mezzi è un errore non troppo evidente alle menti più distratte, come le nostre stanche davanti a uno schermo, sicuramente vulnerabili ai falsi sillogismi della tv. Può insomma la pubblicità, nient’altro che cumulo di piccoli e apparentemente innocui consigli per gli acquisti, contribuire al cambiamento delle abitudini e delle credenze di una società, alla formazione dei suoi valori? Del resto messaggi confezionati appositamente per dei potenziali compratori, non potrebbero che parlarci di valori. Se poi si tratti di valori economici o morali, la differenza ormai sottile è resa invisibile da tutto ciò che alla pubblicità ruota intorno, compreso il mezzo di diffusione scelto.

Forse la scatola nera, immobile sul mobile da anni, allora, può ancora essere distorsione amplificata di ragionamenti malati alla radice. Forse, siamo ancora inconsapevoli bersagli di false credenze che non ci appartengono davvero. Magari ce ne accorgiamo una mattina, volgendo lo sguardo oltre il finestrino e vedendoci finalmente: migliaia di persone sulla stessa strada, ognuno un’auto diversa. Ognuno. La sua vita, le sue esigenze, la sua musica, il suo riscaldamento. In fila per ore. Situazioni che scatenano isterie latenti. Ma dov’è il viale alberato e sgombro della pubblicità? Dov’è il nostro sorriso di indipendenti-autodipendenti?
Lo stiamo ancora cercando.



(03/04/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


Capire, criticare, divertirsi, non assuefarsi è benessere

  
  
 
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