PSICOTERAPIA E BONDING
QUANDO URLARE FA BENE

Siamo abituati a pensare che urlare sia sinonimo di rabbia. Ma in realtà non è così. Con la tecnica del bonding si possono sfogare emozioni represse e riscoprire le urla liberatorie.
di Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e Psicoterapeuta della Gestalt

Ho conosciuto la tecnica del bonding (letteralmente “che lega”) partecipando da allieva, anni fa, ad un seminario di crescita personale, la One Experience, o Esperienza dell’Uno.
L’uso del bonding mi aveva colpito per la sua efficacia nel liberare blocchi energetici riconducibili essenzialmente a rabbia, paura e dolore senza darne un’interpretazione mentale.

Gli aspetti particolarmente interessanti, sperimentati prima personalmente, sono essenzialmente due: l’uso, direi “primitivo”, del suono, e precisamente dell’urlo, accompagnato da una respirazione consapevole, per tirar fuori in maniera diretta e spontanea emozioni che non si crede di avere dentro in modo stratificato e il sostegno fisico con un’altra persona.

Entrambi questi elementi facilitano l’espressione delle emozioni bloccate in quanto l’urlo, per la sua forza istintiva, risulta estremamente liberatorio (così lavora anche il primal scream: urlo primario) ed importante per attivare le energie del corpo, ed il sostegno fisico di un’altra persona rinforza la carica di espressività.

Quando in psicoterapia uso questa tecnica divento il supporto fisico del cliente, senza però interferire in altro modo (incitazioni, espressioni di consolazione o altro).
Quindi, approccio non verbale e verbale si uniscono per creare una trasformazione più profonda.

La pulizia da emozioni sepolte al di sotto della coscienza porta, tra l’altro, a vivere intensamente il momento presente per ciò che è, senza farsi agganciare da moti emozionali relativi ad esperienze già vissute e rimaste in qualche modo “aperte”, incomplete.

Ad es. è quello che accade quando, in una determinata situazione, ci accorgiamo di avere reagito in maniera spropositata rispetto al fatto oggettivo che abbiamo di fronte.

Quindi, se spesso si è trattenuta la rabbia nell’essere trattati in un certo modo dal proprio datore di lavoro, quando al di fuori di quella relazione, ad esempio il partner adotta un atteggiamento simile, è molto probabile che arrivi la reazione rabbiosa che a quel punto diventa incomprensibile proprio perché non proporzionata all’evento.


E’ come cercare di tenere pulito un pavimento con un’aspirapolvere al quale non vengono mai cambiati i filtri o i contenitori per la polvere: accadrà che piuttosto che pulire essi spargeranno altra polvere intorno!

Alla fine dell’esperienza del bonding si vive, tra l’altro, una condizione di pienezza, di libertà, appagamento e pulizia. E ciò impedisce di trattenere e fare stratificare nuovamente, o quanto meno non con la stessa facilità, altre emozioni.
Ossia diventa più facile esprimere la rabbia, il dolore o la paura, evitando così la loro cristallizzazione nel corpo.

Come effetto “collaterale”, l’uso di questa tecnica rompe lo schema che “non sta bene urlare” o che si urla per aggredire un’altra persona.
Si scopre, invece, che attraverso l’urlo di sprigiona una quantità enorme di energia.
Accade, dunque, che le emozioni ristabiliscono la loro funzione di segnale riguardo alla soddisfazione di bisogni, e che la loro espressione mantiene uno stato di equilibrio psicofisico che senz’altro facilita il processo psicoterapeutico.


Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800



(14/12/2007)