LA MEMORIA DELL'ACQUA. ILDEGARDA DI BINGEN E JACQUES BENVENISTE A CONFRONTO
Gli elisir ai quali sia Ildegarda di Bingen che gli alchimisti medievali ricorrevano terapeuticamente venivano preparati partendo dal presupposto che l’energia racchiusa nel minerale o nella pianta utilizzata all’uopo può essere veicolata tramite un “medium” liquido che ne assorba le potenzialità trasmettendole al malato. Ancora oggi, il liquido elettivo è l’acqua la quale diviene l’ideale mediatore informatico di salute e benessere la cui essenza è racchiusa nella sua straordinaria “memoria”…
di Marie - Noelle Urech
Quando nel medioevo Ildegarda di Bingen prescriveva gli elixir ai suoi pazienti, non poteva certo immaginare che ciò che per lei era così naturale sarebbe diventato nel XX secolo oggetto di dispute nell’ambito scientifico!
Ildegarda, nelle vesti di medico, era innanzitutto convinta che l’uomo possa vincere il destino imposto dalla sua malattia attraverso un processo di auto-trasformazione favorito dai rimedi naturali... Depositaria della tradizione medica ippocratica-galenica-arabica, Ildegarda perpetua il filone filosofico e medico secondo il quale l’uomo, alla pari dell’universo di cui fa parte, è composto dagli stessi elementi e contiene in sé le stesse sottigliezze (oggi si chiamerebbero frequenze). Questo antico principio si è tramutato in quello di similitudine in omeopatia.

In secondo luogo, sia l’individuazione che l’applicazione del rimedio avevano anche una forte implicazione metaforica. Il rimedio, infatti, aveva il preciso compito di mediare una informazione, un messaggio simbolico da un punto di vista tanto fisico quanto psicologico, oltre a quello di suscitare una reazione chimico-fisica.
Nella sua Opera Physica, suddivisa in 9 libri, Ildegarda analizza dettagliatamente le sottigliezze curative dei tre regni della Natura – vegetale, animale, minerale – a cui l’uomo può attingere per il suo benessere. La lettura di alcuni suoi testi potrebbe far sorridere i medici di oggi per il loro linguaggio allegorico e poetico. Però, ad una lettura più profonda, il linguaggio simbolico, perno dei trattati alchemici medievali, suona familiare e comprensibile non solo agli esoteristi ma anche ai medici che praticano la medicina energetica o quella orientale.

Poiché ogni malattia fisica o psichica è sempre la conseguenza materiale e quindi visibile di uno squilibrio più sottile sul piano energetico, utilizzando quello che Ildegarda denomina subtilitates ossia le sottigliezze delle piante e delle pietre – oggi le chiamiamo frequenze – è possibile ripristinare l’equilibrio necessario per riportare benessere nel corpo, nella mente e nello spirito.

Ildegarda, e dopo di lei Paracelso, van Helmont e Sylvius, propone di utilizzare le sostanze in modi diversi secondo il tipo di squilibrio manifestato. Tuttavia ha una predilezione per gli elixir che ricordano il principio alla base della preparazione di medicinali omeopatici. L’elixir, dall’arabo al-iksīr, la medicina, ha lasciato un segno nell’immaginario collettivo attraverso l’Alchimia. Infatti, il mitico elixir di lunga vita, o oro liquido, era ottenuto dalla pietra filosofale cui si attribuiva il potere di guarire dalle malattie e di resuscitare i morti.


L’energia racchiusa nel minerale o nella pianta può essere utilizzata tramite un medium liquido (vino, acqua di fonte, aceto, latte, birra e urina) che ne assorbe e ne veicola le potenzialità e le trasmette al malato che lo beve o lo utilizza in applicazioni locali. Per le pietre, generalmente consiglia di esporla al sole per alcune ore prima di immergerla nel medium per altre ore. L’elisir così ottenuto sarà bevuto frequentemente nel corso della giornata o mischiato al cibo. L’aspetto rimarchevole di questi preparati è che talvolta non c’è una mescolanza vera e propria di sostanza con il medium ovverosia una fusione, ma solo un contatto o, per dirla in termini di fisica, una trasmissione di frequenze o di segnale. Questo fenomeno è proprio uno dei misteri più affascinanti dell’omeopatia e presenta una sfida alla medicina di tipo meccanicistico poiché si entra nel mondo della fisica dei quanti parlando di memoria dell’acqua, di informazione, di energia.

Il fenomeno in oggetto (memoria dell’acqua) ebbe una prima spiegazione scientifica nel 1984 quando il medico francese Jacques Benveniste, mentre lavorava sul sistema ipersensibile (allergico), scoprì per caso che l’acqua, in cui era stata all’inizio diluita una determinata sostanza, e a sua volta altamente diluita, dava luogo ad una reazione come se fossero ancora presenti le molecole della sostanza originale; quindi che l’acqua manteneva una traccia delle molecole presenti all’inizio delle diluizioni. Approfondendo la scoperta giunse alla conclusione che la soluzione contenente la sostanza specifica sembra poter essere diluita all'infinito se, però, viene opportunamente scossa per dieci secondi a ogni diluizione. Così facendo, la diluizione mantiene le sue proprietà. Basti pensare che il dottor Benveniste, nel suo esperimento, arrivò ad una diluizione pari a 10 elevato alla 120ma potenza e nulla era cambiato!

La reazione della comunità scientifica di allora fu immediata e incredula, corsero subito voci di imbroglio e una commissione di “esperti” finì per affermare che si trattava di artefatto non fraudolento. L'esperimento, al contrario di quanto affermato dai detrattori, fu ripetuto da cinque laboratori indipendenti e, in tutti quanti i casi, diede gli stessi risultati dell'esperimento originale di Benveniste che, nel frattempo, fu scomunicato per le sue ricerche sulla memoria dell’acqua.

L’acqua è il veicolo per l’informatizzazione dei sistemi biologici viventi: per ogni molecola di proteine vi sono 10.000 molecole di acqua. Sappiamo da decenni che le molecole vibrano. Ogni atomo, ogni molecola e ogni legame intermolecolare – il liquido che collega gli atomi (o mesenchima) – emette un gruppo di frequenze specifiche individuabili. Infatti, grazie ai radiotelescopi queste specifiche frequenze di molecole, semplici o complesse, vengono captate anche a distanza di miliardi di anni luce dalla Terra.

La presenza di una sostanza in acqua, si manifesta mediante un “effetto di campo” , proprio come l'ago della bussola di Faraday che riconosce se nel filo vicino passa o no la corrente. I biofisici descrivono queste frequenze come una caratteristica fondamentale della materia. Purtroppo i biologi classici ancora non accettano che le onde del Campo Elettro Magnetico (C.E.M.) possano giocare un ruolo fondamentale nelle funzioni molecolari. Sono invece proprio le vibrazioni/frequenze gli “strumenti”, cioè i mezzi tramite i quali l’informazione e le istruzioni si scambiano fra le molecole lungo la scala a cascata degli eventi governando le funzioni biologiche e, in larga misura se non per tutte, anche quelle chimiche.


La vita dipende da “segnali” scambiati fra le molecole; lo possiamo osservare anche sul piano psicologico quando per esempio ci arrabbiamo: è come se l’adrenalina “dicesse” al suo “recettore”, ed a lui soltanto, di far battere più velocemente il cuore, di contrarre i vasi sanguigni superficiali, ecc.
In realtà, non è la scomparsa “fisica” della sostanza oltre il numero d’Avogadro che deve preoccupare i detrattori dell’omeopatia. E’ un falso problema generato da un approccio prettamente cartesiano e quindi riduttivo. Le diluizioni infinitesimali sono semplicemente il metodo sperimentale che ci permette di trascendere la materia fisica per entrare nel regno invisibile delle sottigliezze e, forse, anche in quello dell’Anima Mundi.

Per Ippocrate, per Ildegarda o per Arnaldo di Villanova, la forma è un’emanazione dell’Anima. Ma rischiamo di addentrarci in un campo rinnegato, se non osteggiato, dalla scienza odierna.
Ciò che Ildegarda, Paracelso o Hahnemann hanno intuito e sperimentato è il discorso misterioso e scomodo dell’energia in tutti i suoi aspetti e forme. Ogni cosa nell’universo è energia informata o codificata nella pluralità delle forme. L’acqua è l’elemento prevalente sia sul pianeta che nell’essere umano; inoltre si è dimostrata essere il veicolo eletto per lo scambio di informazioni. Si può quindi considerare l’idea di “informare” questa acqua interstiziale o mesenchima affinché diventi il mediatore informatico di salute e benessere. Esasperando il concetto, ciò potrebbe applicarsi anche all’interazione del pensiero umano sulle molecole di acqua. Ma questo è un altro argomento da sviscerare all’infinito e rimane un campo aperto che lascia intravedere scoperte entusiasmanti.

Ciò che è stato intuito o è stato frutto di empirismo nel passato si riaffaccia di continuo e si lascia riscoprire attraverso mezzi elaborati e strumenti di misura sofisticati. In realtà queste cose sono sempre state parte integrante dei vari sistemi di conoscenza, da oriente a occidente. Ma in ogni epoca l’essere umano ha l’esigenza di sperimentare la ricerca attraverso un’altra angolazione per ritornare infine sempre al centro, al punto di partenza, come lo espresse il filosofo trascendentale americano Thomas S. Eliot:

Non cesseremo di esplorare e alla fine della nostra esplorazione Arriveremo dove abbiamo cominciato
E per la prima volta conosceremo il luogo

Bibliografia
Il libro delle gemme, i lapidari di Ildegarda di Bingen e Marbodo di Rennes, Il Leone Verde
Le meraviglie della natura, Introduzione all'alchimia di E. Zola, Bompiani, Milano 1975
Alchimia verde-Spagirica vegetale di Junius, M. Manfred, Mediterranee, Roma 1979
Le geometrie dell'acqua di F. Borghini, in La medicina naturale 5/1998
The Memory of Water di Michel Schiff, Ed. Thorsons, 1995
Un cas de censure dans la science (La Mémoire de l’Eau) , id. Ed. Albin Michel, 1994


(04/01/2005)