IL TEMPO NELLA VISIONE QUANTISTICA

di Giancarlo Tarozzi
Nell’ultimo secolo la visione “scientifica” della realtà ha attraversato una serie di drammatiche trasformazioni, che l’hanno bruscamente allontanata dalla visione prevedibile e – tutto sommato – tranquillizzante del positivismo sviluppato in precedenza.

I ricercatori si sono resi conto di come le leggi della fisica alle quali siamo abituati valgano soltanto per un ordine di misura “mediocre”: se ci spostiamo verso l’infinitamente piccolo, l’infinitamente grande, lo zero assoluto o temperature estremamente elevate, oppure verso i limiti della matematica che ci propone l’esistenza di interi ordini di numeri transfiniti, più grandi dell’infinito, ci rendiamo conto di quanto poco in realtà conosciamo le leggi che regolano l’Universo.

La descrizione fornita dalla fisica e dalla geometria classica valgono solo per il “cortile di casa”; una persona che non sia mai uscita dal proprio cortile può pensare che la bottiglia del latte ed il quotidiano si materializzino ogni mattina sull’ingresso, e magari calcolare tabelle temporali per prevedere tale evento, non sospettando nemmeno l’esistenza delle mucche, delle tipografie, della rete di distribuzione…

L’esempio più lampante è costituito dalla fisica quantistica, ancora parzialmente inesplorata: interessante vedere come essa é stata definita da uno dei suoi padri fondatori, il fisico danese Niels Bohr: << Chiunque riesca a riflettere sulla meccanica quantistica senza che gli giri la testa, non l’ha compresa >>.

In pratica, indagando sulla struttura più profonda della materia, alla ricerca degli elementi fondamentali in cui essa può essere scomposta, di ciò che si trova alla radice di quella subatomica, ci si é imbattuti in alcuni concetti estremamente interessanti per coloro che ritengono che la realtà sia costituita solo da elementi concreti e “tangibili”. In base alla visione quantistica della realtà, infatti, gli oggetti ed i fenomeni fisici non sono altro che manifestazioni effimere di un’“entità fondamentale soggiacente”: una definizione che ricorda visioni cosmologiche espresse da filosofie orientali quali il buddismo, e meglio ancora la visione sciamanica. Vediamo quanto ha affermato in proposito il fisico tedesco Walter Thirring:

<< La fisica moderna… ha posto il nostro pensiero circa l’esistenza della materia in un contesto diverso. Essa ha spostato la nostra attenzione dal visibile, le particelle, all’entità soggiacente ad esse, il campo. La presenza della materia é solo una perturbazione dello stato perfetto del campo in quel punto; si potrebbe quasi dire che é qualcosa di accidentale, soltanto un “difetto…” >>
Ormai da tempo sappiamo che il fotone, l’elemento portante delle onde luminose, é al tempo stesso una particella e un’onda, ossia ha attributi sia della materia che dell’energia.
L’esperienza che ha dato il via all’elaborazione della fisica quantistica riguarda proprio questa particella: ci si é resi conto che “sparando” un fotone in direzione di una lastra sulla quale sono stati praticati due forellini delle dimensioni del fotone stesso, esso si comporta come se passasse contemporaneamente attraverso entrambi!




Questo esperimento ha scosso alle radici la visione dell’universo proposta dalla fisica classica, costruita su leggi eterne ed immutabili e su fatti sempre precisi e verificabili che avvengono in un tempo che scorre in maniera immutabile dal passato verso il futuro.

La cosa più affascinante, però, é che la scienza, nel tentativo di spiegare questo fenomeno, ha formulato due teorie che potremmo definire tranquillamente… sciamaniche.


La teoria della sovrapposizione.


Secondo la prima, noi possiamo osservare solo l’inizio e la fine di un fenomeno, ossia la partenza del fotone e il suo arrivo sulla lastra posta in fondo alla stanza, ma é impossibile determinare quello che avviene mentre il fenomeno si manifesta. Per dirlo con le parole di coloro che hanno elaborato questa teoria, che potremmo definire “sovrapposizionista”, finché nessuno osserva il comportamento di una particella, essa può farlo liberamente, al di là delle leggi della fisica classica; per esempio, può tranquillamente passare contemporaneamente per due punti diversi. La nostra ignoranza sul percorso fa sì che esso possa svilupparsi liberamente.

Nel tentativo di spiegare questa ipotesi con un esempio intuitivo Erwin Schrödinger, che ottenne nel 1934 il Premio Nobel per la fisica, descrisse quello che da allora é rimasto noto come l’esempio del “gatto di Schrödinger”.

Immaginiamo di mettere un gatto in una scatola (chiedo scusa agli amanti dei gatti, tra i quali mi inserisco senz’altro, per la scelta di questo tipo di esempio), insieme ad una fialetta di cianuro.

All’inizio sappiamo per certo che si sono solo due possibilità: gatto vivo o gatto morto, e che il gatto é indubbiamente vivo.

Mentre il gatto si trova nella scatola non sappiamo quale sia la sua condizione, in quanto non possiamo verificarla. Secondo la fisica tradizionale avremmo due sole possibilità: in ogni momento il gatto può essere vivo oppure morto urtando la fialetta di cianuro. Secondo la fisica quantistica, in ogni istante il gatto può essere contemporaneamente sia vivo che morto, ossia può realizzare simultaneamente entrambe le possibilità.

Quando riapriamo la scatola alla fine, possiamo di nuovo verificare sperimentalmente se é vivo o morto, e quindi torniamo alla realtà ordinaria fatta di certezze sperimentali. E’ la nostra presenza di osservatori che costringe in un certo momento la realtà in una condizione precisa.

Da millenni gli sciamani insegnano che l’osservatore influenza la realtà, che i punti di vista che ci siamo costruiti nella nostra vita determinano le esperienze che vivremo e quali aspetti possiamo essere in grado di percepire…


La teoria degli universi paralleli.



Ma se l’ipotesi “sovrapposizionista” vi sembra troppo teorica, vediamo l’unica teoria alternativa che é stata elaborata per spiegare il comportamento del nostro fotone. Si chiama “ipotesi dei mondi multipli” e sostiene che ogni volta che un fotone viene emesso ha due possibilità – prendere la via di destra oppure quella di sinistra – ed ogni volta che ciò accade la realtà si divide in due: un universo nel quale ha svoltato a destra, l’altro nel quale svolta a sinistra. I due universi, secondo questa ipotesi, interagiscono e per questo motivo vediamo il fotone passare contemporaneamente attraverso i due forellini. Questi ricercatori parlano allora di “multiverso” per indicare questa serie infinita di universi paralleli che coesistono uno di fianco all’altro.

Molti avranno letto quei racconti di fantascienza sugli universi paralleli, sui paradossi creati dai viaggi nel tempo (basti pensare alla fortunata serie di film del “Ritorno al Futuro”). Ancora una volta, la realtà dei fatti sembra superare l’immaginazione.

Tutto questo discorso non stupirebbe più di tanto gli sciamani, abituati da millenni a viaggiare in realtà parallele, poste “di fianco” alla nostra, per riportare a casa qualcosa che ci é sfuggito…

Di fronte alle ipotesi avanzate dai ricercatori per spiegare i fenomeni studiati dalla fisica quantistica, qualcuno potrebbe pensare che si tratti solo di speculazioni intellettuali, alla stregua di postulati filosofici. In realtà, questa teoria scientifica ha permesso di spiegare i dettagli della struttura del DNA, di prevedere le reazioni nucleari che avvengono all’interno dei reattori atomici, e sulla fisica quantistica si basano perfino i laser che si trovano nel lettore CD che abbiamo in casa…
Tutte queste cose non sarebbero possibili basandosi sulla fisica classica, quella fatta di cose che possono essere “pesate e numerate”.

Un esempio di visione diversa é costituito da quella che potremmo definire la visione metafisica degli Hopi; dico “potremmo definire” perché questa popolazione nativa americana, non a caso una delle poche civiltà matriarcali ancora esistenti al mondo, probabilmente non si porrebbe mai il problema di definirla metafisica.

Per gli Hopi non esiste il concetto di spazio e tempo come siamo abituati a concepirli; per loro esistono solo due grandi principi, il “Manifestato” (oggettivo) e il “Manifestante” (soggettivo). Il primo aspetto comprende tutti gli aspetti della realtà percepibili attraverso i sensi fisici, ciò che é fisicamente osservabile, senza distinzione tra elementi appartenenti al presente ed altri passati (se hanno lasciato tracce nel presente), il ché esclude da questa categoria ciò che noi definiamo “futuro”.

L’aspetto Manifestante, invece, comprende il piano mentale, quello del “cuore”, della consapevolezza posseduta dalle forme viventi, oltre a quello che noi definiamo futuro.

Per gli Hopi non esiste il futuro, né eventi collegati alla distanza. Nella loro visione non é possibile determinare se in un villaggio posto in un’altra Mesa avviene qualcosa contemporaneamente ad eventi del villaggio in cui si trova (questa visione rispecchia perfettamente il “gatto di Schrödinger”).

I verbi Hopi non hanno tempi come i nostri, ma “forme di validità” che esprimono le tendenze e gli aspetti della realtà manifesta; non fanno distinzione tra passato, presente e futuro di un evento, ma danno risalto a quello che ho già definito “punto di vista” di chi parla: se esprime ciò che vede o ciò che pensa, se si tratta di affermazioni oggettive o di aspettative.

In ogni punto del mondo oggettivo esiste per loro un asse interiore, simile al tronco di un albero, sorgente ed origine degli eventi ancora da verificarsi.

Quello degli Hopi é un esempio di una visione della realtà fortemente determinato dall’emisfero destro del cervello, e nelle brevi note sulla fisica quantistica che ho riportato vediamo come le conclusioni a cui giungono due modalità apparentemente opposte siano le stesse.

Un grandissimo limite é costituito proprio dalla struttura linguistica utilizzata: La visione del mondo degli Hopi viene da loro assimilata fin dalla prima infanzia con la grammatica e la sintassi, e la stessa cosa avviene per noi occidentali.

Per questo motivo, da sempre Maestri ed Iniziati si servono dell’analogia per trasmettere certi concetti. L’Alchimia é un esempio di trasmissione di tecniche realizzative velate sotto una terminologia chimica, utile sia per andare al di là dei limiti del linguaggio che per sopravvivere nei tempi oscuri dell’Inquisizione.

Lo sciamanesimo insegna per esempio che ritrovare parti di anima perdute, guarire situazioni passate, ha conseguenze non solo sul presente ma spesso anche sul passato; nel momento in cui un’esperienza traumatica viene guarita, integrata, la sofferenza che ha provocato non é più necessaria, e quindi l’evento traumatico… scompare, come non fosse mai avvenuto.

Può sembrare un concetto sconvolgente per una mente abituata ad agire nell’illusione della linearità del tempo. Tempo e spazio sono due categorie legate strettamente alla dimensione psicofisica, e la loro percezione é strettamente illusoria. Piante Maestre, ipnosi, tecniche di meditazione sono in grado di stravolgere completamente la percezione soggettiva del passare del tempo.


Durante i seminari di Caccia all’Anima, quando i partecipanti si confrontano sulla durata dei loro viaggi sciamanici o della parte di Trance Dance, si accorgono di avere idee molto discordanti sulla durata oggettiva dell’esperienza vissuta, idee che derivano dalla diversa intensità e qualità di quanto é accaduto. Alcuni parlano di minuti ed altri di ore; qualcosa di analogo avviene nelle esperienze oniriche: un sogno della durata soggettiva di alcune ore che termina con lo squillo di un campanello, spesso non dura in termini reali più del trillo della sveglia. Nella One Experience il senso soggettivo del tempo viene completamente annullato, ed i partecipanti hanno spesso la sensazione di vivere un momento al di fuori dal tempo e dallo spazio, dalla durata del tutto indefinibile. Lavorando sul Presente, i giorni stessi perdono di significato e si arriva alla fine del training quasi senza rendersene conto.

Dal punto di vista dell’Eterno Presente, nel quale secondo la maggior parte delle tradizioni dell’antichità si manifesta la parte spirituale che esiste in ognuno di noi, del resto, passato e futuro sono due condizioni equivalenti ed equidistanti: non esiste nessuna differenza tra il fatto che un’acquisizione interiore abbia conseguenze sul nostro futuro o sul nostro passato.

Ritroviamo qualcosa di analogo anche nella concezione di karma. In un’opera del 1999 , Daniel Meurois Givaudan, autore ben noto ai lettori delle edizioni Amrita, afferma tra l’altro che << passato, presente e futuro sono una sola ed unica cosa. Si fondono nello sviluppo della supercoscienza. La loro unione polverizza allora il principio stesso di karma… sarà allora possibile modificarli (passato, presente e futuro) continuamente… rimodellarli, ritoccarli… Se é esatto dire che ci si costruisce il futuro con la bellezza del presente, é non di meno esatto comprendere che si rimodella il proprio passato guarendolo, ed espandendolo nel presente >>.
A qualcuno questi concetti potranno senz’altro sembrare folli, assurdi, ma… non c’é problema. Ognuno di noi, in ogni momento della nostra esistenza, può cogliere solo ciò che é pronto e preparato a ricevere. Prendete queste idee come una provocazione intellettuale, se ciò tranquillizza la vostra mente; il solo fatto di averle incontrate nel vostro percorso significa che una parte di voi é pronta a recepirle; sarà il fluire della vita a fare il resto…


(19/10/2007)