IL SIGNIFICATO DEL SECONDO LIVELLO NEL REIKI
Perché esiste un Secondo Livello nel Reiki. Significato e simboli.
di Giancarlo Tarozzi
La prima cosa di cui ci si rende conto quando si decide di approfondire la propria esperienza del Reiki, e di vivere quindi il secondo livello, è che fin dal primo momento esso si presenta in una maniera completamente diversa dal precedente: gli incontri sono due invece di quattro, il gruppo è generalmente molto meno numeroso, più intimo, l’attivazione non è più suddivisa in quattro momenti ma concentrata in una sola cerimonia, che viene vissuta nel secondo giorno... oltre a tutto ciò, si sente un’energia diversa, un altro modo di rapportarsi allo stesso Reiki.

Tutto ciò è ovviamente voluto, ed esprime quella che è una profonda differenza tra i due livelli: il primo giunge all’individuo attraverso il piano fisico, meccanicistico, e possiede una struttura molto precisa e regolare: ci sono quattro incontri, in ognuno di essi troviamo momenti dedicati alla teoria, altri alla pratica, nonché una fase di attivazione.

Nel secondo affrontiamo invece il piano mentale, vitale, molto meno strutturato di quello meccanico. La stessa struttura del seminario è diversa: nel primo giorno si fa solo teoria, in quanto dedicato interamente alla presa di contatto con i simboli e con le infinite applicazioni che essi consentono; il secondo giorno è più “pratico”: inizia con l’attivazione, nel corso della quale i simboli vengono risvegliati in ognuno, in un’esperienza che a livello energetico corrisponde a quella vissuta da Usui sulla montagna sacra, dopodiché vengono presi in considerazione i trattamenti: il mentale e quello a distanza.

Possiamo paragonare i diversi approcci al Reiki proposti dai due livelli a quello che succede quando osserviamo il mondo attraverso i nostri due occhi: ognuno di essi ci mostra una visione simile ma un po’ sfalsata, cosa che ci consente di percepire la tridimensionalità: se infatti copriamo un occhio con una mano e continuiamo a guardarci intorno, l’immagine sarà la stessa ma ci apparirà “piatta”, bidimensionale.

Il secondo livello, quindi, tra le altre cose dissolve in noi anche quel certo tipo di attaccamento che consiste nel considerare il Reiki in un solo modo ben preciso, quello già vissuto nella fase precedente. E ciò è molto importante, dal momento che, corrispondendo al piano mentale, ci propone di riscoprire in noi una prerogativa troppo spesso persa e atrofizzata fin dall’infanzia, ossia la creatività.

A differenza del primo livello, nel quale non abbiamo altro da fare che usare il trattamento di base per ogni cosa, dal foruncolo alla malattia terminale ai problemi psicologici, qui troviamo la possibilità di utilizzare i simboli ed i trattamenti che ci vengono insegnati per un’infinità di cose diverse: oltre a potenziare l’aspetto terapeutico vero e proprio, possiamo infatti trattare settori della nostra vita, parti della nostra personalità, problemi quotidiani od interiori, o ancora utilizzare i simboli per purificare gli ambienti a livello energetico, per schermarsi dalle energie pesanti, etc.

Tutto questo richiede però da parte nostra un atteggiamento attivo, ossia l’impegno a trasporre tutto questo nella nostra vita, a passare da un insegnamento ricevuto dall’esterno ad un’esperienza vissuta quotidianamente. Anche per questo motivo si ripropone per l’ennesima volta il concetto dello scambio energetico: il secondo livello “dura di meno” eppure “costa di più”. Questo fatto, che spesso allontana la gente, costituisce di per sé una prova voluta: abbiamo detto che si tratta di un’esperienza attiva, che deve essere vissuta e gestita in prima persona.

Nel momento stesso in cui, dopo due-tre mesi dall’esperienza di primo livello, ci si chiede se è il caso di approfondirla, e magari rinunciare ad una settimana bianca per racimolare i soldi, siamo costretti a fermarci un momento per chiederci quanto valga e cosa significhi per noi quello che abbiamo vissuto fino a quel momento.

Si crea così un vero e proprio processo di selezione basato esclusivamente sulla motivazione interiore: solo chi ha tratto realmente risultati significativi da quanto vissuto fino a quel momento deciderà di fare il passo successivo fidando sul fatto che, se questa è la sua Via, allora l’Universo gli riserverà la possibilità di trovare tempo e soldi per questa esperienza; ciò scoraggerà molti, inclini magari a fare del “consumismo spirituale” (collezionisti di certificati, seminari o cose del genere).

Nel caso di una motivazione sufficiente, sarà allora molto più probabile che il sacrificio fatto per conseguire il secondo livello (ricordiamo che l’etimologia del termine “sacrificio” è “rendere sacro”) sarà di per sé uno stimolo ad utilizzarlo pienamente.


Al tempo stesso, il fatto di procurarsi i mezzi per accedere al secondo livello (e in maniera ancor più netta per quanto riguarda il terzo livello) costituisce spesso una conferma della validità della scelta fatta. Per fare un esempio, un nostro allievo che voleva prendere il secondo livello ma non poteva permetterselo ha trovato centomila lire per strada ha deciso di giocarle al lotto, pensando che se quello era per lui il momento giusto per vivere tale esperienza la Realtà l’avrebbe ancora aiutato, ed ha vinto una cifra che corrispondeva esattamente al costo del seminario.

Altri hanno deciso di pagarsi l’esperienza facendo trattamenti ad altre persone; in questo modo, oltre a procurarsi “con il Reiki” quanto era necessario per proseguire nel loro cammino, sono stati stimolati ad aiutare la guarigione di altre persone, ottenendo quindi un risultato doppiamente positivo.

Se con il primo livello recuperiamo una connessione con la Realtà, una connessione persa nei secoli via via che il canale energetico si è lentamente ostruito, qui possiamo fare un altro passo, andare “oltre”: nel momento in cui, insieme alla possibilità di agire attraverso i trattamenti, possiamo per mezzo dei simboli lavorare direttamente per una nostra crescita, realizziamo pienamente quella simbiosi che tutte le Tradizioni del passato ci hanno proposto tra chi lavora per l’autorealizzazione e chi agisce a livello terapeutico: dagli uomini-medicina americani agli esseni, l’iniziato è sempre stato anche terapeuta...

Questo duplice aspetto è presente anche nel Reiki, e viene espressa in maniera particolarmente chiara proprio nel secondo livello.
Molti, sentendo parlare nel secondo livello di simboli, trattamenti alle situazioni e cose simili, pensano immediatamente a forme più o meno velate di magia, e c’è anche chi teme di imbattersi in forme più o meno occulte o stregonesche.

E’ indubbiamente una preoccupazione più che lecita in un momento in cui assistiamo ad un proliferare di sette e gruppi di ogni genere, che talvolta si rivelano ben diversi da come appaiono al primo impatto. Basti pensare a casi tristemente recenti, quali la setta criminale giapponese od i suicidi di massa in Svizzera.

Fedeli al nostro principio, secondo il quale ogni segreto o mistero, se non ha motivazioni più che fondate, serve solo a dare potere a chi lo detiene e ad ostacolare una gestione in prima persona della propria esperienza interiore, cercheremo di sfatare alcuni facili fraintendimenti e di chiarire il più possibile il funzionamento dei simboli.

Il Reiki a partire dal secondo livello, infatti, esplica la sua azione soprattutto attraverso i simboli, vere e proprie chiavi operative che permettono di concentrare l’energia, di inviare trattamenti a distanza, nonché di effettuare l’apertura del canale energetico attraverso le cosiddette ‘‘attivazioni’’.

Tali simboli sono stati al centro dell’esperienza di Mikao Usui, protagonista della riscoperta di questo metodo di guarigione naturale che affonda le sue origini nella notte dei tempi.

L’insegnamento del Reiki secondo il metodo tradizionale ritrovato da Usui è suddiviso in tre fasi o livelli, ognuna corrispondente ad uno dei piani fondamentali che costituiscono l’essere umano: il corpo, la mente, ed il piano coscienziale o spirituale.

Nel primo livello i trattamenti passano soprattutto attraverso il piano fisico, nel secondo da quello mentale mentre il terzo riguarda il rapporto più profondo tra l’individuo e la Realtà.
Se da un lato in primo livello non si utilizzano simboli: si agisce soprattutto sugli organi e sui punti energetici fondamentali dell’individuo, con un’azione che ricorda molto da vicino quella dell’agopuntura o dello Shiatzu, in terzo livello si utilizza un solo simbolo, che ha la caratteristica di permettere l’apertura dei canali del Reiki negli esseri viventi e di caricare di energia in maniera particolarmente intensa la cosiddetta materia inanimata (un’analisi di cosa si intende per vita e se esista qualcosa di realmente inanimato esula ovviamente dagli scopi del presente articolo).

L’ambito fondamentale nel quale i simboli vengono utilizzati è il secondo livello, che corrispondendo al piano mentale ne propone un utilizzo abbastanza ampio, dal trattamento di persone assenti a quello delle situazioni, ad un altro che mira a ristabilire l’equilibrio e l’armonia nella persona passando proprio attraverso il piano mentale, non riferito esclusivamente alla mente del soggetto ma, ad un livello più profondo, anche alla mente embrionale posseduta da ognuna delle cellule che ne costituiscono l’organismo.

Sui simboli sono stati scritti interi trattati, e non ci dilungheremo quindi su teorie ed interpretazioni: del resto, tutta la nostra rappresentazione del mondo è simbolica, i segnetti neri che state ‘‘leggendo’’ e quindi traducendo in parole sono simboli, e così via. Tutto quindi può essere simbolo; ci riferiremo qui soltanto ad alcuni significati che ai simboli stessi può essere attribuito nel Reiki, e quanto diremo non deve essere necessariamente valido per altri ambiti esperienziali.


I simboli nel Reiki

Innanzi tutto, i simboli nel Reiki sono caratterizzati dalla loro forma fisica, che possiede in sé la caratteristica di raccogliere e convogliare energia in un determinato punto. Il discorso delle onde di forma è stato riscoperto in tempi relativamente recenti, in particolare dallo studio delle caratteristiche della Grande Piramide di Cheope, caratteristiche possedute a loro volta da tutti i modelli in scala di tale piramide, a patto che rispettino esattamente le stesse proporzioni tra i lati e l’altezza, e che siamo orientati nello stesso modo, secondo i poli magnetici.

Partendo da queste premesse, dopo la Seconda Guerra Mondiale, un ricercatore di nome Pavlita ha messo a punto tutta una serie di apparecchi che nella loro forma fisica hanno la facoltà di convogliare ed indirizzare energia, in maniera strettamente analoga a quella dei simboli del Reiki.

Conoscenze analoghe, per fare un altro esempio, sono state utilizzate dai costruttori delle cattedrali gotiche o dei famosi castelli ottagonali dei Templari, come quello di Castel del Monte in Puglia.

Per questo motivo, tra l’altro, nei seminari di Secondo e Terzo Livello viene rivolta la massima attenzione al fatto che chi partecipa apprenda come tracciarli nel modo più preciso possibile. Per rimanere nell’esempio della piramide, più ci si discosta dalla precisione più tali simboli perdono efficacia, fino ad arrivare ad un punto oltre il quale sono del tutto inerti.

E’ un processo simile a quello che avviene quando si sposta la sintonia da una stazione radiofonica: il segnale diventa via via più disturbato, fino a scomparire del tutto.
Nessuno ha saputo fino a questo momento dare una spiegazione realmente attendibile al significato delle onde di forma: tutte le teorie formulate fino a questo momento non sono che tentativi che brancolano nel buio.

Del resto, probabilmente, ci mancano alcuni elementi fondamentali. Basta pensare ad un circuito stampato, una di quelle piastrine di bachelite ricoperte di saldature di stagno e minuscoli componenti elettronici che ormai troviamo dappertutto, dal tostapane alla radiolina.

Cercare di comprendere il significato della loro forma, della disposizione di componenti e ponticelli, è virtualmente impossibile per chi sia a digiuno delle basi dell’elettronica. Eppure, esistono persone che per lavoro riproducono questi circuiti stampati, stando molto attenti alla precisione della forma, pur senza saperne di più.

Nel Reiki ci troviamo esattamente nella stessa situazione, usiamo questi ‘‘circuiti stampati energetici’’ senza comprenderne il significato teorico ma conoscendone a fondo l’azione reale: per usare una radiolina od un tostapane non servono nozioni di elettronica.

Un secondo aspetto importante nei simboli del Reiki sta nel fatto che da molti secoli essi sono stati utilizzati, in parti diverse del pianeta, con lo stesso significato: si è così creata una gigantesca forma pensiero (o archetipo, o elementale, a seconda del termine che ognuno preferisce), arricchendola a nostra volta con la nostra azione.

E’ come se esistesse un enorme conto corrente energetico, accumulato nei secoli, da cui possiamo prelevare quando ci serve e che noi stessi alimentiamo con i nostri risparmi. Per chiarire, il fatto che migliaia di persone per periodi sufficientemente lunghi abbiano utilizzato questi simboli per aiutare e guarire il prossimo fa sì che ogni volta che li usiamo la nostra azione viene potenziata ed amplificata da questo patrimonio collettivo.


Questo è un meccanismo facilmente percepibile, per esempio, ogni volta che ci si reca in pellegrinaggio in un luogo definito sacro da non importa quale religione, o che si vive un rituale rimasto immutato nei secoli: capita di sentire una forma molto intensa di energia che può essere del tutto indipendente dal fatto che condividiamo o meno quel tipo di religione o di rito. Per il solo fatto di esprimere da secoli un ponte con il trascendente, la sua energia ci raggiunge a livello sottile.
Questo discorso può essere interessante per chi utilizza tali simboli, in quanto potrebbe essere interessante cercare di ‘‘sentire’’ o meno tale tipo di legame energetico.

Sul piano concreto, questo è il solo ed unico motivo per cui esiste una certa forma di discrezione sulla rappresentazione grafica di tali simboli: per esempio, nel nostro primo libro sull’argomento (Reiki Energia e Guarigione, ed. Amrita), sono riportati tutti i trattamenti ed il significato dei livelli, praticamente tutto ciò che sul Reiki poteva essere scritto, tranne i simboli.

Non certo per fare del segreto, ma perché una delle leggi delle forme pensiero è quella di perdere parte della loro efficacia se vengono divulgate da chi non ne condivide il contenuto energetico (del resto è uno dei significati dell’evangelico ‘‘non dare le perle ai porci”).

Per fare ancora una volta un esempio semplicistico, a tutti sarà capitato di vivere un’esperienza interiore molto coinvolgente, foss’anche il commuoversi di fronte ad un tramonto: sarà anche capitato di raccontarla e parlarne con chi non si trovava sulla stessa ‘‘lunghezza d’onda’’, e di accorgersi che la ricchezza di tale esperienza finiva con l’impoverirsi, svilirsi.

D’altro canto, se condivisa con persone dotate di una sensibilità simile alla nostra, diventa ancora più profonda ed intima proprio attraverso la comunicazione reciproca.
Del resto, per chiarire ulteriormente come tale forma di discrezione sui simboli non miri assolutamente a mantenere una forma di potere derivante dalla conoscenza, basterà pensare per un momento alla storia stessa della riscoperta del Reiki, vera o simbolica che sia: Usui trovò questi simboli in antichi insegnamenti buddisti, ma una volta trovati non sapeva assolutamente che farne in quanto doveva ancora vivere l’esperienza dell’autoiniziazione, che rese possibile la trasmissione del Reiki fino ai nostri giorni.

Analogamente, il semplice tracciare tali simboli senza aver ricevuto l’attivazione di secondo livello sarebbe del tutto inutile e privo di efficacia, così come del resto poggiare le mani sulle posizioni previste dai trattamenti di primo livello senza aver avuto l’apertura del canale del Reiki.

I simboli nudi e crudi, in assenza dell’attivazione, non servirebbero comunque a nulla. Nell’esempio già citato, se possediamo una radio od un computer pieni di circuiti stampati ma non li colleghiamo alla rete elettrica non potremo farne nulla.

Da questo, che non voleva essere altro che un quadro generale sul discorso dei simboli nel Reiki, speriamo si sia compreso come in essi non vi sia nulla di occulto, ma si tratti semplicemente di frammenti di una conoscenza passata, che stanno riaffiorando in questi ultimi anni in forme e modi diversi in ogni parte del nostro pianeta: quello che qui ci preme è solo ribadire ancora una volta come il Reiki sia uno strumento estremamente semplice da usare, di tutti e per tutti, e che per essere utilizzato non abbia assolutamente bisogno di discorsi ed analisi come quelli che abbiamo appena fatto, che semmai potranno servire a chi non lo utilizza in prima persona per comprenderne meglio il significato.


Per informazioni sui semninari di Reiki e sulle altre attività dell'Associazione Pachamama, consultare il sito web.tiscali.it/pachamama, scrivere a pachamama@inwind.it o telefonare al 069032785 o al 3387255800.


(02/01/2008)