RUMENI: COSA ABBIAMO DA OFFRIRE
Il ‘ben vivere’ a Roma è uno specchietto per le allodole che ha attirato più persone di quelle che può contenere.
di Daniela Mazzoli
Inutile prendersela con il Sindaco Veltroni. Non sarà certo responsabile dei mali che ci sono nel mondo, della fame, della povertà, della violenza; non è colpa sua se la sinistra non rappresenta da tempo i sentimenti e il pensiero delle persone ‘di sinistra’; soprattutto non è colpa sua se quella donna è stata violentata, uccisa e abbandonata in un fosso qualche sera fa da un immigrato rumeno. Non è colpa del Sindaco, però a Roma si vive un gran male.

E non si tratta, purtroppo, solo di sicurezza. Le cose che non vanno, da elencare, sarebbero moltissime e probabilmente ognuno degli abitanti avrebbe buoni motivi per lamentarsi di problemi con caratteristiche di privato e pubblico interesse: i marciapiedi sempre sporchi e pieni di escrementi (persino nel quartiere Prati, abitato da famiglie bene della media e alta borghesia), il traffico insostenibile e malissimo gestito dai vigili dell’urbe (tutti i cittadini romani sanno che in cima a un’inspiegabile coda c’è sempre un pizzardone), l’aria che diventa irrespirabile già alle otto di mattina, il verde delle strade del tutto trascurato, i mezzi pubblici scarsi e con percorsi lunghissimi (veri e propri viaggi della speranza), scarsità di strutture dove poter fare ‘comunità’. Mancano i servizi a Roma, anche se ci sono tante belle serate da passare ascoltando concerti di alto livello e a buon prezzo, anche se ci sono più teatri e locali che asili nido, anche se si può andare ogni fine-settimana a vedere una mostra diversa con un piccolo sacrificio economico che preveda l’abolizione di un pasto al giorno.

Molte rose a Roma e poco pane. Non è colpa del Sindaco, nonostante abbia fatto scelte spettacolari più che culturali dando ad ogni accadimento il tono di un ‘evento’ e infilandosi così in quell’onda dell’apparenza o dell’apparire che caratterizza con orribili conseguenze la società degli ultimi quindici anni. Non è colpa del Sindaco Veltroni se intorno a Roma, subito fuori dal Raccordo, continuano a spuntare come funghi interi quartieri, finti villaggi, riproduzioni senza futuro di un plastico in cartongesso che prevedono solo palazzi e centri commerciali invece di nuovi collegamenti stradali: tutti sul GRA piangendo per la disperazione, chiusi nelle macchine a tentare di ricordarsi perché avevano scelto un appartamentino lontano dal caos cittadino quando poi non riescono a godersi neanche un’ora di quel verde nei vasconi sul terrazzo.

Non è colpa del Sindaco se la città si è riempita di gruppi etnici in fuga dalla miseria dei loro paesi, incapaci di integrarsi ma capacissimi di delinquere non avendo nulla da perdere, neppure la libertà. Nella scorsa puntata di Ballarò il Sindaco più l’alto commissario Serra, il leader dell’UDC Casini e un rappresentante dello Stato Pontificio tentavano di mettere insieme i pezzi, chiarendo lo stato delle cose, quello che politicamente e legalmente si può e non si può fare coi rumeni: integrarli, mettere a disposizione centri d’accoglienza, servizi sanitari, assistenti sociali, sostenere insomma anche dei costi economici e umani. Bisogna darsi una mano, insomma, siamo europei oltre che cristiani… o no? Eppure si è sentito scorrere nel pubblico –e sembrava di poter sentire persino i commenti di quello da casa- il fremito di un’ingiustizia subita, il dolore di una grave offesa. ‘Non solo dobbiamo conviverci – pensavano i cittadini inermi e squattrinati - ma dobbiamo anche fornirgli parte di quei beni, di quelle risorse per cui noi paghiamo le tasse senza vedercele ritornare in benessere e vivibilità’.

La tristezza, è proprio questa e forse il Sindaco non ne ha capito la gravità: che la guerra tra poveri ormai si svolge tra persone ‘normali’ ed emarginati, e che la differenza tra queste due categorie sociali è sempre meno percepita. Segno che la gran cultura che Roma sembra aver promosso in questi ultimi anni non è penetrata, non è servita, non è bastata. Segno che si è trattato di qualche serata in pompa magna, emozionante anche, ma che non ha creato civiltà, né morale né materiale. Bisognerebbe far capire ai romeni, e a molti altri, che questo non è il posto che credono, non è il paese dei balocchi. Non c’è abbastanza spazio, non c’è lavoro, non c’è accoglienza perché neppure i locali vivono bene come meriterebbero. E poi bisognerebbe spiegare al premier romeno Calin Popescu Tariceanu – che dalle autorità di Roma si aspettava meno polizia e più integrazione - che il capo di una Paese da cui i cittadini scappano via non è in condizione di insegnare a nessuno come si gestiscono certe questioni.


(09/11/2007)