LA RAGAZZA DEL LAGO
TITOLO ORIGINALE: La ragazza del lago REGIA: Andrea Molaioli CON: Toni Servillo, Omero Antonutti, Anna Bonaiuto, Marco Baliani, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Nello Mascia ITALIA 2007 DURATA: 95 minuti GENERE: drammatico VOTO: 7 DATA DI USCITA: 14/09/2007
di Simone Destrero
Una giovane donna viene rinvenuta morta sulle rive di un lago, in un paesino friulano. Sulla misteriosa morte di Anna indaga il commissario Sanzio, un poliziotto introverso, padre di Francesca e con una moglie affetta da problemi mentali e ricoverata in una clinica.

Acque stagnanti, immobili, apparentemente trasparenti. Acque che sedimentano eventi, incidenti, passioni, dolori. Eppure sembrano essere sempre uguali, nel tempo, ad un primo sguardo chiare, calme, innocue. Significato e significante sembrano aderire perfettamente in questa prima opera di Andrea Molaioli ed il risultato finale riesce ad integrare omogeneamente anche l’acquietante simbolismo lacustre.

Una splendida, poco contaminata, natura fa da cornice a questa piccola comunità di uomini di questo paesino, poco distante da Udine, che si dirama dalle rive del lago. E’ il lago che segna il trascorrere del tempo di questi uomini ed influenza il loro destino. Ne influenza gli umori, da generazioni, a causa di leggende su presunti mostri marini che causerebbero sortilegi a chi li incontra. Ed è il lago che, nonostante rinnovi quotidianamente quell’ovattata atmosfera di serenità, improvvisamente tira fuori l’orrore, allude ad un torbido non manifesto.

L’allusione è un’altra delle caratteristiche del film. Nonostante la ragazza del lago parta e si sviluppi nel genere del thriller, la deriva che Molaioli fa prendere alla pellicola è la dimostrazione che, probabilmente, la sua eventuale prossima filmografia possa non essere insensata. Lungi dalla facile suspence emotiva-spettacolare del who dunnit? il film si stratifica sempre di più come un’indagine psicologica nel privato, nel non detto, dei vari personaggi, che sembrano essere, con lo scorrere delle sequenze, sempre più legati dall’impossibilità di capire la vita e di poterne prevedere gli esiti.

E tutto il film è una continua allusione a quello che potrebbe essere successo nel passato di queste persone, partendo dai personaggi che lo schivo ispettore Sanzio (interpretato da un bravissimo Toni Servillo, attore estremamente versatile) interroga.

Il continuo filo allusivo viene supportato dalla causalità drammaturgica del film, ottimamente strutturata, che suggerisce l’immanente zona oscura del vivere, comune a tutti i protagonisti della vicenda, aldilà dei propri ruoli. Non ci sono buoni né cattivi, ma soltanto esseri umani che subiscono situazioni più grandi di loro.

Così dalla malattia mentale dello scemo del villaggio, che ha un riscontro pratico nella vita familiare dell’ispettore Sanzio, si arriva ai mali incurabili che fanno da motore a tutta la vicenda, evidenziando come l’apparenza delle cose sia sempre una patina edulcorata sui sostrati interiori dei vari nuclei individuali.


(26/10/2007)