PICCOLI EPISODI DI CRIMINALITA' AMBIENTALE. QUALCUNO INTERVENGA!
Piccole vicende estive ed episodi di criminalità ambientale. Piccole disfunzioni delle strutture competenti....Non si bruciano i copertoni della auto...
di Daniela Mazzoli
Se il 22 agosto qualcuno mi avesse messo un coltello alla gola con l’intenzione di uccidermi oggi sarei morta. La notte del 22 agosto, alle 23.15 minuto più minuto meno, infatti, mi decidevo a chiamare il numero d’emergenza 112, che corrisponde al ‘pronto soccorso’ dei Carabinieri. La città semideserta, la zona di Torrevecchia, a Roma, invasa da una nube tossica dovuta non –come sarebbe facile pensare- all’ennesimo e allarmante incendio boschivo (nella zona limitrofa ci sono la riserva di Monte Mario e il Parco dell’Insugherata), ma all’abituale fuoco appiccato dagli zingari alle gomme delle auto.

Proprio a ridosso dell’ex-manicomio provinciale di Santa Maria della Pietà, infatti, un insediamento rom ogni estate allieta la rara frescura della sera con il fumo nero e tossico dei copertoni. Già in passato, trovandomi a incrociare i vigili di zona mi ero permessa di porre il problema, con educazione, cortesia e soprattutto con la serena volontà di capire cosa si potesse fare, cosa potessero fare.

La faccia dell’uomo in semidivisa –vista la camicia sbottonata che lasciava intravedere cavezza d’oro e villoso pettorale- è stata prima incredula, poi perplessa, alla fine rassicurata dal fatto che nessuno volesse denunciare lui. Mi ha spiegato che loro non potevano far niente e che se, al limite, i vigili del fuoco fossero intervenuti per spegnere l’incendio non avrebbero fatto altro che un piacere a quegli zingari. Pare, infatti, che loro brucino i copertoni per ricavarne rame da vendere e che lo spegnimento accelerato delle fiamme accorcia i tempi d’attesa per il ricavo del prezioso metallo.

Insomma, sarebbe stato un po’ come darsi la zappa sui piedi. Quindi? Niente, speriamo che la smettano. La notte del 22, però, il caldo asfissiante e la temperatura che saliva di ora in ora costringevano a finestre più che aperte spalancate. Calma piatta, non si muoveva una tenda. È facile intuire che il fumo pestilenziale provocato dall’incendio non costituiva solo un fastidio per l’olfatto ma un veleno vero e proprio per le vie respiratorie. Non si trattava di nausea ma di danno grave alla salute. In questi casi c’è da pensare che i palazzi non sono abitati solo da giovani coppie pronte ad agitarsi ma da bambini e neonati, da anziani incapaci di difendersi come vorrebbero. Dunque il numero del 112, alle 23.15, squillava a vuoto. Cinque, dieci, tredici squilli. Libero, niente.


E il coltello degli aggressori, intanto, mi si piantava nella gola, in una pozza di sangue. Leggermente turbata chiamavo in seconda battuta la Polizia. Dopo cinque squilli rispondeva una voce femminile, brusca, sbrigativa, pronta a scaricare la chiamata sui Vigili del fuoco: gentilissimi dicono che sono già stati avvisati e stanno valutando la possibilità di un sopralluogo per intervenire.

A quel punto, però, la rabbia è cresciuta di pari passo con la assoluta, totale, insensata impotenza. Che cosa stupida bruciare i copertoni delle auto, che violenza, che follia, che danno collettivo per l’ambiente e le persone! Ci sarà una soluzione, un modo per far capire a questi uomini che non si fa, che da noi, nella nostra città, nei nostri quartieri non si bruciano le gomme, non si avvelena l’aria! Chiamo il Comune di Roma. Non appena dico che il mio messaggio è rivolto al Sindaco il centralinista cambia atteggiamento e probabilmente anche computer.

Apre un nuovo documento word, quello destinato ai messaggi per il Sindaco, e comincia a scrivere sotto dettatura ma cercando di trasformare in diplomazia il mio disagio. Eppure non è di questo che c’è bisogno: vorrei, invece, che si capisse bene quanto sono arrabbiata. Fatte salve le buone maniere e la correttezza del ragionamento, sento che la diplomazia non riuscirà a far capire bene al Sindaco quanto sia terribile non poter respirare, quanto malessere ci sia nell’aria di questa zona, non lontana dal centro di Roma.

E penso che se il Sindaco riceve tutto in modo così filtrato dai suoi collaboratori può davvero credere che in questa città non ci sia nulla che non funziona. Il ragazzo, alla fine del quarto d’ora telefonico, mi fornisce anche il numero della divisione dei Carabinieri addetti alla tutela dell’ambiente. Meno male. Nel frattempo il fumo è sceso, ma le finestre non si possono ancora aprire, l’odore è aspro, fortissimo. Faccio il numero, ormai fuori dall’immediata emergenza. Nessuno mi risponde, scatta una segreteria che consiglia di lasciare il proprio telefono per essere richiamati. Ovviamente nessuno mi ha richiamato, e penso che per fortuna quella sera nessuno mi stava piantando un coltello alla gola o aveva appiccato un fuoco nella riserva di Monte Mario...che è più o meno la stessa cosa.


(05/09/2007)