DISAGIO EMOZIONALE ED INTERVENTI ENERGETICI
Come e perché è fondamentale affrontare i propri blocchi energetici e raggiungere la piena consapevolezza di “volere cambiare per stare meglio”.
di Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e Psicoterapeuta della Gestalt

Che cosa è l’emozione? Un semplice fluire, uno stadio dell’essere o il filo conduttore di qualcosa di più vasto? Si può definire emozione l’unione di più sensazioni corporee che esprimono uno stato mentale specifico come la gioia, la tristezza, la rabbia, la paura, il dolore, e così via.
Da qui si può pensare a mente e corpo come elementi realmente inscindibili.

Tale affermazione viene spesso dimostrata, nell’ambito del mio lavoro di psicoterapeuta, dall’individuazione di un blocco emozionale o di una “anestesia” relativa alle sensazioni fisiche che, a loro volta, corrispondono a movimenti energetici dell’organismo.

Partendo da questo presupposto, nell’ambito della psicoterapia, la Bioenergetica può essere una tecnica utile nello sciogliere blocchi energetici, venutisi a formare nell’individuo ogni volta che non riesce ad esternare le sue emozioni.
Durante la mia esperienza personale nella pratica psicoterapeutica, oltre alla Bioenergetica, mi è capitato e continuo a sperimentare differenti tecniche di intervento per sbloccare le parti energetiche della persona, ad esempio quelle che provengono soprattutto dalla tradizione andina. In questo articolo, però, il mio fine è rendere partecipi i lettori della mia esperienza di ri-equilibrio energetico attraverso il Reiki e della consapevolizzazione personale nell’accettare una guarigione.

Avendo il secondo Livello di Reiki, posso utilizzarlo nella forma di intervento sia corporeo che a distanza, ossia senza un contatto diretto con la persona, oppure anche in sua assenza.
Spesso, questa ultima è la modalità che utilizzo durante la psicoterapia di tipo verbale, senza che la persona sappia di ricevere questo “bonus” di ricarica energetica.
L’utente, non sapendo, non risente di nessun effetto placebo e il risultato, in termini di rilassamento di fronte a momenti di ansia o di amplificazione della capacità personale di consapevolizzare alcuni processi di cambiamento personali, è evidente.

L’uso di questa tecnica, al di là dell’ambito psicoterapeutico, mi ha dato l’opportunità di entrare in contatto con l’esperienza di pre-morte di una persona entrata in coma e per la quale ho utilizzato la tecnica del Reiki, non solo senza l’ausilio del contatto diretto, ma anche senza conoscerla direttamente.


Mi rendo conto che il racconto di esperienze come questa possono suscitare sorpresa, oppure incredulità e critiche, consapevole di questo ritengo più utile e importante rischiare raccontando.
Senza entrare nel dettaglio di quanto è successo, credo sia sufficiente trasmettere che, attraverso tale esperienza, ho acquisito la profonda comprensione del fatto che non esiste, in realtà, la possibilità di aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato.
Così come è vero il contrario, ossia se è presente la molla che apre al cambiamento, viene spontaneo aprirsi all’aiuto, quando e dove se ne senta il bisogno.

Soffermandoci, dunque, su questo punto, vorrei sottolineare che tale volontà alla trasformazione non è direttamente connessa alla consapevolezza “mentale” dell’individuo, ma corrisponde ad un aspetto decisamente più profondo. Sorgono spontanee, a questo punto, le seguenti domande: Ma quando emerge tale stato? Tale tensione verso una profonda metamorfosi? Nel campo psicoterapeutico, ciò avviene quando una persona sceglie di farsi aiutare, cioè ha la consapevolezza di voler cambiare degli aspetti di sé per stare meglio; o quando prova un moto di sofferenza tale da spingerlo ad agire,facendo qualcosa per scoprire da dove tale sofferenza proviene e, quindi, non sentirla più.
Questa significa avere una consapevolezza piena, non solo mentale, in grado di coinvolgere tutta la persona, compreso il corpo e la anima, i quali, di conseguenza, si muoveranno in direzione di un cambiamento attivo e reale.
Si parla, invece, di consapevolezza solo mentale quando una nuova acquisizione o percezione relativa a se stessi non è seguita da alcun movimento sugli altri due piani dell’individuo.

Ora, tornando all’esperienza di pre morte, che ha dato inizio alla disquisizione, voglio soffermarmi sul processo di scelta tra rimanere in vita o morire.
La consapevolezza di poter cambiare qualcosa nella propria vita, proprio per avere ancora l’opportunità di non sfuggire al principi della trasformazione, può giocare certamente a favore del decidere di tornare in vita. Come nel caso della persona con cui ho fatto l’esperienza attraverso il Reiki.

Questa visione delle cose può aprire una porta verso la comprensione delle ragioni per cui ci si ammala o si guarisce.

Nel prossimo articolo sarà questo il punto che affronterò in maniera più completa ed organica.

Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800



(11/05/2007)