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Amore 

 
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STORIE D’AMORE: DOLCE TORMENTO.
Innamorarsi, amare, vivere l’amore, coincide puntualmente col prender parte al gioco perverso della narrazione. E’ allora che diventiamo personaggi e autori di una Storia, perché l'Amore è una pulce, golosa e ingorda del raccontare.


Claudia Bruno

Arriverà dunque la parola “fine”. Cogliere leggero il sussulto dell’ultima pagina raggiungere le altre. Restare ad ascoltare il narratore sussurrare…più niente.
Amore è inevitabilmente Storia, i suoi personaggi, i suoi intrecci.
Amore è fiaba, antagonisti ed eroi, aiutanti e falsi eroi.
“Se non mi fossi messo a raccontare, sarei scoppiato come una pulce piena di sangue”, recita una formula ricorrente nella fiaba romena di magia. E forse l’Amore è solo questo, una pulce piena di sangue golosa e ingorda del raccontare. Le più grandi storie d’amore nascono e sono tenute in vita da una complicità tra gli amanti, artefici e per questo narratori, del comune progetto. Amare è collaborare alla stesura di un’opera, idearla, prender parte al gioco perverso di una narrazione di frammenti uniti misteriosamente dal filo impercettibile delle coincidenze. Qui finzione e realtà si scontrano senza riconoscersi, dando forma ad una percezione quasi ossimorica del sentimento.

Una leggerezza tanto inafferrabile da risultare pesante, direbbe Kundera. Ne “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, le coincidenze che tessono laboriose la trama della storia tra Tomas e Tereza, sono palesi a tal punto da risultare sfuggevoli. Un’evidenza pronta a nascondersi al passaggio dei personaggi. Tereza che stringe la mano al suo uomo di notte, non molla la presa. Tereza, i sogni distorti, i tormenti gelosi, la viscerale fedeltà. Tomas che amare significa dormire insieme, non fare l’amore. Tomas, i tradimenti, il suo Beethoveniano “Ess muss sein!”. Deve essere. Il Destino. Destino e coincidenze alimentano certezze di ogni storia, non svelando tuttavia se sia più perverso il tradimento o la fedeltà.

Alcune storie d’amore poi, sembrano nutrirsi di un’accanita ostinazione assetata di una coerenza quasi eroica. Mara, la ragazza del Bube di Cassola, ne è un esempio. L’attesa incondizionata del proprio uomo. La sfida del fato. La sopportazione delle violenze, gli odi, i processi, il carcere. L’accettazione dell’errore per la conferma del sentimento. Ricoeur avrebbe detto di una deformazione coerente: abbandonare l’io per affermare il sé. Mantenere la parola data, mettendosi in discussione. Un'identità narrativa appunto.

Insomma, romanzo, pellicola o vita che sia, l’Amore resta sempre e in ogni dove architettura di attimi che si rincorrono cercandosi in un alternato susseguirsi di tensioni e scioglimenti. Il Lettore e la Lettrice di Calvino, in “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, per dirne una ancora. Il caso che li fa incontrare, fatalità di una pagina mancante nel romanzo acquistato da entrambi. L’incalzare dell’inseguimento attraverso dieci romanzi, fino a ritrovarsi nel letto della stessa pagina finale.

E anche se sembrano passati secoli da quando qualcuno metteva in musica che “questo sentimento popolare, nasce da meccaniche divine”, sono ancora queste meccaniche a rivelare un gusto sfrenato per la creazione di strutture complesse, dove la tensione non è solo tradimento, e lo scioglimento non sempre è lieto fine. Dove l’aria sa di poesia e la realtà raramente raggiunge il rigore dell’immaginazione dei cantatori di storie quali siamo.


(15/08/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


  
  
 
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