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La teoria degli universi paralleli.



Ma se l’ipotesi “sovrapposizionista” vi sembra troppo teorica, vediamo l’unica teoria alternativa che é stata elaborata per spiegare il comportamento del nostro fotone. Si chiama “ipotesi dei mondi multipli” e sostiene che ogni volta che un fotone viene emesso ha due possibilità – prendere la via di destra oppure quella di sinistra – ed ogni volta che ciò accade la realtà si divide in due: un universo nel quale ha svoltato a destra, l’altro nel quale svolta a sinistra. I due universi, secondo questa ipotesi, interagiscono e per questo motivo vediamo il fotone passare contemporaneamente attraverso i due forellini. Questi ricercatori parlano allora di “multiverso” per indicare questa serie infinita di universi paralleli che coesistono uno di fianco all’altro.

Molti avranno letto quei racconti di fantascienza sugli universi paralleli, sui paradossi creati dai viaggi nel tempo (basti pensare alla fortunata serie di film del “Ritorno al Futuro”). Ancora una volta, la realtà dei fatti sembra superare l’immaginazione.

Tutto questo discorso non stupirebbe più di tanto gli sciamani, abituati da millenni a viaggiare in realtà parallele, poste “di fianco” alla nostra, per riportare a casa qualcosa che ci é sfuggito…

Di fronte alle ipotesi avanzate dai ricercatori per spiegare i fenomeni studiati dalla fisica quantistica, qualcuno potrebbe pensare che si tratti solo di speculazioni intellettuali, alla stregua di postulati filosofici. In realtà, questa teoria scientifica ha permesso di spiegare i dettagli della struttura del DNA, di prevedere le reazioni nucleari che avvengono all’interno dei reattori atomici, e sulla fisica quantistica si basano perfino i laser che si trovano nel lettore CD che abbiamo in casa…
Tutte queste cose non sarebbero possibili basandosi sulla fisica classica, quella fatta di cose che possono essere “pesate e numerate”.

Un esempio di visione diversa é costituito da quella che potremmo definire la visione metafisica degli Hopi; dico “potremmo definire” perché questa popolazione nativa americana, non a caso una delle poche civiltà matriarcali ancora esistenti al mondo, probabilmente non si porrebbe mai il problema di definirla metafisica.

Per gli Hopi non esiste il concetto di spazio e tempo come siamo abituati a concepirli; per loro esistono solo due grandi principi, il “Manifestato” (oggettivo) e il “Manifestante” (soggettivo). Il primo aspetto comprende tutti gli aspetti della realtà percepibili attraverso i sensi fisici, ciò che é fisicamente osservabile, senza distinzione tra elementi appartenenti al presente ed altri passati (se hanno lasciato tracce nel presente), il ché esclude da questa categoria ciò che noi definiamo “futuro”.

L’aspetto Manifestante, invece, comprende il piano mentale, quello del “cuore”, della consapevolezza posseduta dalle forme viventi, oltre a quello che noi definiamo futuro.

Per gli Hopi non esiste il futuro, né eventi collegati alla distanza. Nella loro visione non é possibile determinare se in un villaggio posto in un’altra Mesa avviene qualcosa contemporaneamente ad eventi del villaggio in cui si trova (questa visione rispecchia perfettamente il “gatto di Schrödinger”).

I verbi Hopi non hanno tempi come i nostri, ma “forme di validità” che esprimono le tendenze e gli aspetti della realtà manifesta; non fanno distinzione tra passato, presente e futuro di un evento, ma danno risalto a quello che ho già definito “punto di vista” di chi parla: se esprime ciò che vede o ciò che pensa, se si tratta di affermazioni oggettive o di aspettative.

In ogni punto del mondo oggettivo esiste per loro un asse interiore, simile al tronco di un albero, sorgente ed origine degli eventi ancora da verificarsi.

Quello degli Hopi é un esempio di una visione della realtà fortemente determinato dall’emisfero destro del cervello, e nelle brevi note sulla fisica quantistica che ho riportato vediamo come le conclusioni a cui giungono due modalità apparentemente opposte siano le stesse.

Un grandissimo limite é costituito proprio dalla struttura linguistica utilizzata: La visione del mondo degli Hopi viene da loro assimilata fin dalla prima infanzia con la grammatica e la sintassi, e la stessa cosa avviene per noi occidentali.

Per questo motivo, da sempre Maestri ed Iniziati si servono dell’analogia per trasmettere certi concetti. L’Alchimia é un esempio di trasmissione di tecniche realizzative velate sotto una terminologia chimica, utile sia per andare al di là dei limiti del linguaggio che per sopravvivere nei tempi oscuri dell’Inquisizione.

Lo sciamanesimo insegna per esempio che ritrovare parti di anima perdute, guarire situazioni passate, ha conseguenze non solo sul presente ma spesso anche sul passato; nel momento in cui un’esperienza traumatica viene guarita, integrata, la sofferenza che ha provocato non é più necessaria, e quindi l’evento traumatico… scompare, come non fosse mai avvenuto.

Può sembrare un concetto sconvolgente per una mente abituata ad agire nell’illusione della linearità del tempo. Tempo e spazio sono due categorie legate strettamente alla dimensione psicofisica, e la loro percezione é strettamente illusoria. Piante Maestre, ipnosi, tecniche di meditazione sono in grado di stravolgere completamente la percezione soggettiva del passare del tempo.


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