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NATALE ALLE PORTE
RIEMPIAMOCI LE SPORTE

Cosa faremo nei prossimi week-end? Siamo già destinati alla rincorsa del regalo perfetto o possiamo ancora salvarci?

Daniela Mazzoli

Sta già arrivando. Se ne sono accorti tutti quelli che nello scorso fine settimana hanno fatto quattro passi nelle strade del centro in città o nei mall appena fuori. La ‘gente’ si accalca, infagottata nei jeans, nei cappotti, dentro gli stivali: già alla disperata esecuzione di una lista di regali per il Santo Natale.

Inutile farsi scrupoli, inutile pensare che –consumisti come siamo- proprio in occasione delle feste si diventi tutti un po’ meno irragionevoli, smettendo di spendere soldi che non abbiamo per fare doni a persone che non ne hanno bisogno. Il consumismo è un sistema molto più perverso di quel che si crede, fa leva sulla coscienza mica sul portafoglio; punta tutto sui sensi di colpa, sul dovere che diventa obbligo, sul calcolo in eccesso delle proprie responsabilità.

Tutti sanno, e se lo confessano in casa coi propri più intimi affetti, che alcuni regali si debbono proprio fare, non si possono non fare, purtroppo bisogna farli. Poco importa che non se ne abbia voglia, che non ci venga incontro alcuna ispirazione, che il destinatario non saprà cosa farsene, e addirittura si troverà a sua volta nella condizione di restituire un gesto inutile e gravoso.

Perché il regalo, sia detto per inciso, non è solo ovviamente una questione di soldi (altrimenti sottrarsene sarebbe una questione di pura avarizia) ma specialmente di tempo (quello che richiede dedicargli pomeriggi domenicali), di memoria (per non incorrere nell’ennesimo paio di guanti) e di fantasia (che non si risolva tutto nella ‘originalissima’ candela cinese per profumare gli ambienti).

Bisogna ripensare le persone, per poterle rendere felici. Bisogna ricordare le cose che hanno, fare un inventario mentale: cos’è che amano, che gusti hanno, vanno al cinema o a teatro, leggono, come si vestono, che cosa mangiano? E poi che anno è stato per loro? Sono stati tristi o contenti, hanno avuto promozioni o recessioni, si sono ammalati, separati, sposati, hanno avuto bambini? Che cosa vogliono, cosa si aspettano, quale la cosa più vicina ai loro sogni che siamo in grado di confezionare in un pacco?

Ecco cosa dovrebbe essere un regalo, una questione impossibile da risolvere nel giro del prossimo sabato. Bisognerebbe tornare, forse, a un clima più rilassato, più sincero, in cui sia ben chiaro che siamo solo esseri umani e non macchine divoratrici di beni, accaparratrici di oggetti. Facciamo quel che possiamo, e per amore anche qualcosa di più.

Ma non è sotto l’albero che deponiamo il frutto dei nostri affetti, la solidità dei nostri legami. Continuiamo a fare liste, a organizzarci come matti facendoci aiutare persino dal ‘tomtom’ per i percorsi migliori, ma non restiamo schiacciati dall’idea che uno dei momenti più belli dell’anno diventi una prova d’esame, come accadeva in quel vecchio spot in cui la ragazza lentigginosa chiedeva al telefono ‘mi ami? ma quanto mi ami?’.

L’avverbio di quantità non si adatta al bene e dunque è impossibile esaudire una simile domanda. Qualche volta i bambini che rispondono a questo interrogativo sollecitati dai genitori allargano le braccia fin dove possono, portandole quasi dietro alla schiena. Noi sappiamo che in quello spazio di apertura ci sono tante cose eppure, a occhio nudo, sembra uno spazio vuoto.

In una città come New York quest’anno va di moda compilare liste nei negozi come si fa di solito, negli ultimi anni, in occasione delle nozze: così, se qualcuno che non vi conosce abbastanza bene o di cui non vi fidate è costretto a comprarvi un regalo per Natale, riuscirà a farlo senza troppe complicazioni, magari anche senza vedere cosa vi sta regalando: basterà una semplice telefonata al negozio che gli avrete indicato e un pagamento con carta di credito.

Così non si dovrebbero rischiare brutte sorprese, salvo quella –forse- di ritrovarsi soli, la notte della vigilia, ad abbracciare una bellissima borsa costosa e firmata, e ovviamente confezionata in Cina da persone che vivono e lavorano in condizione bestiali. Ma questo non ha niente a che vedere con le feste…


(07/12/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


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