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L’oro verde – Le tecnologie pulite possono rivelarsi una miniera. E’ un intero sistema che cambierà: non solo pannelli solari o centrali eoliche, ma auto e locomotive sempre più pulite, frigoriferi a risparmio energetico, sacchetti riciclabili, detersivi biologici, confezioni sempre più ridotte e decomponibili per i vari prodotti.

Se la Cina ora sta prendendo le redini dell’economia globale, lo deve in gran parte alla sterminata manodopera a basso costo di cui dispone. Non solo: la Cina al momento definisce anche il prezzo base a cui si compra l’energia (quella sporca prodotta con il carbone): il prezzo cinese è bassissimo. La sfida per gli Stati uniti (e per chiunque intenda cimentarsi e competere) è questa: arrivare a produrre energia che costi quanto quella cinese ma che sia pulita, più efficiente. Insomma, energia conveniente, che verrebbe comprata anche dal cittadino più disattento ai problemi globali.

Il modo più rapido per arrivare al prezzo cinese per l’energia pulita è aumentare l’efficienza energetica scrive Friedman. E l’efficienza energetica si raggiunge attraverso la ricerca: le competenze, di cui Stati Uniti ed Europa sono ricche, potrebbero prendere nuovamente il sopravvento sulla manodopera, come propulsore della crescita economica. In spiccioli: una lampadina dai consumi irrisori, per il risparmio che garantirebbe all’acquirente, avrebbe ottime probabilità di sopravanzare una lampadina tradizionale, meno costosa in negozio, ma più onerosa nei consumi.

E’ una questione di rapidità e di visione strategica: il mercato ecologicamente corretto è uno sviluppo inevitabile, non solo per motivi puramente ambientali, ma anche e proprio perché potrebbe essere la nuova e competitiva frontiera del libero mercato. Tocca ai governi – come è successo col protocollo di Kyoto – aprire le danze, attraverso norme che inducano le imprese a compiere i primi passi verso le tecnologie pulite. Tassando le emissioni o incentivando le ricerche, per esempio. Le imprese migliorerebbero i loro standard, fino al punto in cui i governi fornirebbero loro un nuovo impulso, e così via. E’ uno scenario realistico e conveniente per tutti, che presuppone semplicemente che governi e imprese guardino a dopodomani.

Il consenso riciclabile – Ultimo ma non ultimo articolo del prontuario ecologista che ogni presidente deve avere con sé, è il tornaconto elettorale. Un mondo più sicuro e libero e una nazione più ricca e felice sono ottimi argomenti cui un aspirante presidente può ricorrere per convincere un elettorato tiepido e disattento sui temi ambientali. Incidentalmente questo mondo e questa nazione saranno anche più verdi, sani e armoniosi, ma il messaggio che vincerà sarà quello patriottico e progressista di chi sa come far prosperare i propri concittadini.

La crisi ambientale ed energetica, nelle parole del filantropo americano John Gardner, è una serie di grandi opportunità mascherate da problemi insolubili. Se si pensa alla conclusione del recente G8, si coglie quanto ancora sia distante dai leader mondiali questa tipologia di ragionamenti, pure così concreti. Ma è la storia di molti movimenti di importanza storica: prima che nelle stanze dei palazzi, sono stati avvertiti e avviati nelle piazze. Negli scenari disegnati poco sopra la cittadinanza era assente o aveva un ruolo del tutto passivo. Invece è il terzo polo ineliminabile, oltre a stato e imprese, di qualsiasi trasformazione sociale. E se fosse lei a scuotersi per prima dal torpore?


P. S. Una doverosa postilla. Quello di Friedman è giornalismo di alto livello, da tutti i punti di vista: scientifico, geopolitico, stilistico e, in controluce, persino morale. Al suo interno viene ricordata la frase del pensatore – statunitense – John Gardner. E vengono citati studi di gruppi di ricerca americani avanzatissimi, in grado di mettere testa e cuore sulla questione ambientale con rara efficacia. Gli Stati Uniti, ora rappresentati nel mondo da Bush e da certa incultura della provincia profonda, sono anche questo: avanguardia culturale in ambiti decisivi per il futuro prossimo dell’umanità. Non è la volontà di potenza del preteso leaderismo ambientale di Bush, è la capacità propulsiva si svolgere un vero ruolo di guida per la transizione mondiale, in armonia con alcuni principi sani della tradizione culturale americana. Un processo che non può che essere multilaterale, ma nel quale gli Stati Uniti potranno avere un forte ruolo di traino, anziché di freno, come accade ora.


(11/06/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


Conoscere la terra che abiti è benessere

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