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LE UNDICI BALLATE DELLA VITA E DELLA MORTE
SULLE ORME DI DE ANDRE’

MATTEO BORDIGA

Incanto, disincanto e commozione: lo sguardo allegorico di un giovane autore che ha creato una galleria di personaggi insoliti e terribilmente umani. Sotto lo sguardo protettore del poeta e maestro Fabrizio De Andrè.

Stefano Zoja

Il sorriso disincantato di Bocca di Rosa, quello malinconico del Michè, il ghigno del Bombarolo, il solco sul viso del Pescatore; e ancora l’ultima bestemmia dell’Impiccato, la gonna di Nancy, gli occhi grigi di chi vive la strada. Personaggi tra fiaba e realtà, tra miseria e nobiltà, che si sono incastrati fra emozione e memoria di quelli che hanno amato Fabrizio De Andrè. Non solo di chi lo ha ascoltato e ha lasciato qualcosa di sé a modellarsi su quelle atmosfere, ma anche di coloro che lo hanno accolto al punto di volerne rimodulare e diffondere le storie cantate.

“Le Undici Ballate della Vita e della Morte” sono, dall’inizio alla fine, un tributo. Uno dei tanti, se si pensa alle mille strade – cover band, siti web, eventi – con cui si è reso omaggio al Faber in questi anni. Ma anche uno dei tentativi più originali e partecipi. Durato cinque anni, dall’ideazione a fine del 2000, alla pubblicazione nel 2005.

Nella prefazione scrive Matteo Bordiga, giovane autore sardo, trasferitosi da Cagliari a Milano per scelte di studio e lavoro: “L’avevo scoperto forse a novembre o dicembre del 1999, Fabrizio De Andrè, girando per il centro di Milano ed entrando, come tante altre volte, in un grande negozio di dischi della Galleria. C’era esposto, fra gli “imperdibili”, un cd che annoverava i successi del Fabrizio poco più che ragazzo: si intitolava “Peccati di Gioventù”.

Una storia comune, con una conclusione singolare: le undici ballate. Ciascuna di esse è ispirata ai temi, allo stile e persino alla musicalità delle immaginifiche ballate di De Andrè. Una forma poetica, realizzata in metrica, in cui ogni brano è anche una storia, il racconto di una passione, o del frammento di una vita.

“La nera ballata del prete”, “La ballata dei giudicati”, “La ballata dell’uomo normale”, “Il bimbo e l’assassino”. Gli echi sono familiari a partire dai titoli, lo sviluppo delle storie varia, slitta fra disperazione e sorriso, e sembra accompagnare la maturazione di questo autore, allora esordiente, che ha lavorato alla stesura lungo quattro anni.

Sembra di vedere in controluce le nottate passate alla scrivania, per tradurre in parole una passione, che ha vivificato tanti, ma che quasi sempre resta difficilmente comunicabile. Ciò che ha tentato Bordiga, però, va oltre il semplice recupero della poetica di De Andrè. Le ballate, ciascuna annunciata da una breve introduzione dell’autore, rivendicano uno stile rielaborato e autonomo, e rappresentano l’oggettivazione di alcune ossessioni personali dell’autore.

Persino le influenze stilistiche e contenutistiche esulano da De Andrè, come sottolinea lo stesso autore che cita Freud, Luchino Visconti e anche Kubrick. Ed è questo uno dei giochi più piacevoli: guardare come un giovane autore, dalla penna vibrante, a tratti magniloquente, eppure precisa, abbia fermato su foglio gusti e convinzioni della propria giovinezza. L’energia di un esordiente che merita, in un paese, l’Italia, che conta più scrittori che lettori, come si dice beffardamente nell’industria del libro.

La freschezza di questo esperimento è insolita: ha il sapore del gioco e la serietà di chi recita qualcosa in cui crede, di fronte a un maestro che gli ha lasciato qualcosa d’importante. Un esperimento di poesia e narrativa in qualche passaggio acerbe, perché si concede qualcosa di troppo all’esplicitazione, ma originali e suggestive, grazie all’impasto dei versi con uno sguardo empatico verso la condizione umana. Un esperimento che non si è ancora concluso: attraverso internet (www.faberdeandre.com) si scopre che il prossimo obiettivo dell’autore è quello di far musicare le ballate.

Il prete peccatore, l’uomo fortunato e mediocre, il contadino di un paesello che spara per esasperazione e difesa. Nati per rendere omaggio a un cantante che diceva: “ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame”. L’umanità, semplicemente l’umanità narrata con finezza. Matteo Bordiga, fra i tanti, ha voluto cogliere, ringraziare e rilanciare.


(08/06/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


Amare l'arte è benessere

  
  
 
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