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E’ questa cortina fumogena che intossica gli Stati Uniti, rasentando ora l’ignoranza caricaturale, ora l’arroganza. Al Gore, che ha fatto della campagna ambientalista il suo cavallo di battaglia, fa di fronte a Bush la figura del gigante. Gli Stati Uniti, insieme con Cina e India, sono fra i paesi con le maggiori responsabilità – e, insieme, le maggiori possibilità – di condurre la crociata contro il riscaldamento globale.

Proprio questo rende insopportabile l’idea che le dichiarazioni recenti di Bush siano semplicemente attendiste e strumentali. La speranza in un Bush nuovo è legata forse al fatto che si stia concludendo il suo secondo e ultimo mandato: potrebbe essersi reso conto di rischiare di passare alla storia come il presidente che ha trascurato la vera emergenza del nuovo secolo.

Dalle sue parole emerge comunque una volontà di potenza, l’istinto di chi vuole in ogni caso dettare il metodo e guidare il processo. Sarebbe, per il momento, una novità trascurabile, di fronte all’ipotesi di un Bush ravveduto. Fra pochi giorni, durante il G8, ha promesso che specificherà il suo piano di lungo termine contro l’emergenza ambientale. E allora, quali che siano le sue motivazioni – e persino le sue indicazioni sul metodo –, cominceremo a scoprire quanto di vero c’è nell’edificante visione di un Bush nuovo, petroliere redento.


(04/06/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


Conoscere la terra che abiti è benessere

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