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Un altro esperimento (M. Eagleman, A. O. Holocombe, Causalità and the perception of time, in Cognitive Sciences, New York 2002) mostra come, se sentiamo un suono non provocato da noi, lo giudichiamo diversamente rispetto ad un suono che noi abbiamo causato. In questo caso i soggetti venivano posti davanti ad una macchina con un tasto che, se premuto, faceva produrre un suono breve. In alcuni casi il meccanismo funzionava normalmente, mentre in altri i ricercatori, all’insaputa dei soggetti, scollegavano il tasto e prevenivano i soggetti producendo il suono un po’ prima della premuta effettiva del pulsante. Nella maggior parte dei casi il risultato rimaneva lo stesso: i soggetti affermavano che il suono aveva seguito la pressione del tasto poiché erano convinti di averlo causato entrambe le volte.

Sempre Eagleman e Holocombe hanno mostrato come, se facciamo partire una barretta mobile nello stesso momento in cui viene emesso un lampo di luce proprio sotto la barretta, il lampo viene giudicato come precedente alla messa in movimento della barretta, anche se, in effetti, i due eventi sono avvenuti simultaneamente.

Un ultimo, semplice esempio ci mostra come non solo suoni, luci e la convinzione di aver causato l’emissione di uno stimolo modificano la corretta posizione temporale di ciò che percepiamo. La memoria, infatti, è uno degli elementi che più concorre a cambiare le carte in tavola. Se, come ci suggeriscono Dennet e Kinsbourne, (Dennet, M. Kinsbourne, Time and the Observer: the Where and When of Consciousness in the Brain, in Behavioral and Brain Science 15, Cambridge University Press, Cambridge 1992) vediamo una donna senza occhiali che corre e che ci fa ricordare di un’altra donna, questa volta con gli occhiali, i nostri due ricordi si potrebbero fondere, generando un’immagine di una donna con gli occhiali che corre.

Questo è un semplice esempio di come uno stimolo precedente venga modificato da qualcosa che è successo dopo (il ricordo della donna con gli occhiali) e di come poi venga tutto ricondotto al primo momento della percezione facendoci affermare che ciò che abbiamo visto all’inizio era una donna con gli occhiali che correva.

Naturalmente questi piccoli “scherzi” che ci tira il cervello non sono tali da compromettere la comunicazione o l’interazione col mondo. Il tempo che impiega un suono per arrivare all’orecchio del nostro vicino e la velocità di trasmissione della luce sono altri piccoli “lag” che la mente gestisce tranquillamente permettendoci di poter credere ad un Tempo universale. Non è detto che un tempo del genere debba necessariamente esistere indipendentemente dall’uomo, ma sicuramente il pensarlo presenta notevoli comodità.


(26/10/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


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