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15 GIORNI SENZA TELEFONINO. CRONACA DI UN’ASTINENZA
Fino a 10 anni fa la maggior parte di noi viveva serenamente senza telefonino, eppure oggi sembra impensabile farne a meno anche per una sola giornata. E’ ancora possibile sopravvivere due settimane senza il nostro amato cellulare? All’inizio è davvero dura, ma un po’ alla volta si possono fare scoperte interessanti…

Laura Bonaventura

Alla “veneranda età” di 36 anni posso oggi raccontare a mio figlio che “ai miei tempi” il cellulare non era ancora stato inventato e che fino a 26 anni sono vissuta facendone a meno senza incontrare alcun problema. Potrei anche aggiungere che quei lunghi anni sono stati per me assai più tranquilli degli attuali, non solo per le minori responsabilità, ma anche per i ritmi più lenti che scandivano le giornate.

Oggi siamo infatti vittime di una frenesia innaturale, che ci spinge a muoverci, parlare e persino pensare in fretta, quasi fossimo ansiosi di passare alla schermata successiva, sempre più difficile, come in un videogioco. Anche i programmi televisivi si sono velocizzati: è sufficiente un breve confronto tra un film o un telequiz attuali con gli equivalenti degli anni ’70-‘80 per cogliere questa accelerazione dei tempi.

Tale fenomeno è ancor più vistoso quando si esaminano i programmi per ragazzi, dai cartoni animati ai programmi di intrattenimento e attualità: paragonati agli odierni manga, i Flingstone sembrano davvero appartenere all’età della pietra, mentre programmi come “Le iene” o “Lucifero”, ideati per un target prevalentemente giovanile, provocano in molti appartenenti alle passate generazioni una sensazione di stordimento, quasi di ansia, per la rapidità con la quale si susseguono le sequenze di immagini e le parole dello speaker.

Nonostante un vago rimpianto per “i bei tempi andati” e un generale rifiuto per qualsiasi elettrodomestico o strumento elettronico diverso da lavatrice, lavastoviglie e computer – perfino la scopa elettrica appare ai miei occhi un’aberrazione – non posso negare di essere anch’io vittima di una assoluta e totale dipendenza da telefonino.

La predisposizione a questa forma di morboso attaccamento, che in realtà colpisce la maggior parte della popolazione italiana, era già intuibile dalle interminabili telefonate che avevano caratterizzato la mia adolescenza e gli anni precedenti l’acquisto del primo cellulare e che suscitavano la disperazione e le ire dei miei genitori, costretti a ricorrere abitualmente all’interruzione di chiamata e a far fronte a bollette salatissime.

Ma anche questa è storia comune. La tecnologia ci ha quindi fornito uno strumento per rimuovere qualsiasi ostacolo a questa smania comunicativa inarrestabile, che, moltiplicata per buona parte dei milioni di persone che costituiscono la popolazione italiana, ci ha trasformati in una nazione al telefono, oggetto di battute e ilarità per americani ed europei, come i giapponesi con le loro macchine fotografiche.

Cosa succede però se all’improvviso si è costretti a fare un salto indietro di dieci anni e vivere quindici giorni senza cellulare? E’ proprio quello che mi è successo nelle passate due settimane e posso assicurare che è stata dura, soprattutto all’inizio.

Decisa a passare da un operatore ad un altro, non avevo però previsto che il trasferimento del mio numero telefonico avrebbe richiesto parecchio tempo per l’attivazione della nuova carta sim e, rifiutandomi di ricaricare quella del vecchio gestore, che a mio avviso mi aveva presentato un abbonamento in termini truffaldini, mi sono ritrovata improvvisamente “afona” .

Come descrivere la sensazione di smarrimento dei primi giorni? Decine di volte sentivo l’istinto a ripetere l’ormai automatico gesto di metter mano al cellulare per qualsiasi pensiero mi passasse per la testa e altrettante mi ricordavo che era del tutto inutile. Mi coglieva così una fastidiosa sensazione di impotenza, quasi di rabbia.

Qualche volta ho anche tentato l’impegnativa strada del telefono pubblico, rendendomi conto che le cabine telefoniche a) sono introvabili; b) al 99% sono guaste; c) quando ne trovi una sicuramente scoprirai che la tua carta prepagata si è smagnetizzata. Non so perché tutte le mie carte telefoniche si smagnetizzino nel portafoglio, eppure mi succede sistematicamente, proprio quando ne ho assoluto e urgente bisogno, tipo per comunicare a una mia amica che la borsa dei suoi sogni si trova in saldi a via Cola di Rienzo o a mio marito di ricordarsi di comprare il latte.

Solo lentamente ho realizzato che forse la battuta che mi era venuta in mente, il pettegolezzo gustoso appena ricevuto, il programma per il fine settimana, l’idea del film per il venerdì sera potevano essere comunicati in un momento successivo, magari non in corsa inseguendo l’autobus o in fila alla posta, ma seduta tranquillamente a cena o in una comoda telefonata serale in poltrona.

Mi sono anche resa conto che il cellulare era arrivato a riempire tutti gli spazi vuoti della mia giornata. Avevo cinque minuti a piedi per percorrere il tragitto metro-casa? Li occupavo telefonando ad un’amica che non sentivo da un po’. Un’attesa per una visita medica? Impiegata per organizzare gli impegni del giorno successivo, ovviamente via cellulare. Insomma, non mi concedevo più neanche un secondo di pace.

Così, a poco a poco, mi sono accorta di essere più rilassata, di aver rallentato la corsa, di sentirmi più libera. Proprio come se mi stessi disintossicando da una droga. Ora sono due giorni che il mio telefonino ha ripreso a funzionare e, ci credete?, non ho ancora fatto una telefonata.


(21/03/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


  
  
 
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