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STORIA DI UNA NASCITA
Io un bimbo l’ho sempre voluto. Per fortuna ho incontrato “l’uomo giusto” molto presto ed ora, a ventisette anni, la mia famiglia è completa: due mesi fa abbiamo avuto un figlio.

Barbara Molinario

Da bambina accudivo mia sorella, di sette anni più piccola di me. I cuginetti mi hanno sempre attirata. Poi, da grande, sono cominciati ad arrivare i nipotini, ed io morivo di voglia. Mi scioglievo nell’abbracciare quei fagottini caldi e morbidi profumati di latte. Lo avrei fatto anche prima, infatti io e mio marito ci siamo sposati abbastanza giovani, avevo ventitre anni, proprio per solidificare il rapporto.

Ma le scuse per aspettare erano tante: non ho un lavoro stabile, non abbiamo una casa di proprietà, non avrei avuto nessun aiuto, perché viviamo a distanza da eventuali nonni e zii…
Poi, dopo aver adottato un gatto, riempito la casa di piante, preso un acquario pieno di pesci, ci siamo guardati negli occhi e abbiamo capito che sul divano, la sera, davanti alla tv, mancava qualcosa tra di noi, abbracciarci non ci bastava più.

Abbiamo cominciato a provare, non è che ci siamo messi a testare posizioni yoga, o a calcolare il periodo fertile, o cose del genere, semplicemente non siamo stati più attenti. Ci abbiamo messo quasi un anno a rimanere “incinti”, in cui devo dire ci siamo anche divertiti parecchio. È stata un’emozione scoprire di non essere più sola. Vedere crescere la pancia è strano. Ho provato sensazioni nuove. Non avevo più caldo, non avevo più freddo, no avevo più fame, sensazione, quest’ultima, per me sconosciuta.

Mi sentivo bellissima con il pancione, mi sentivo più dolce, più forte, più donna. Andavo in giro con orgoglio. La accarezzavo e sentivo muovere la testa, impuntare i piedini. Era sbalorditivo.
Le quaranta settimane dell’attesa sono piene di pensieri e gioia e paure ed eccitazione. È bellissimo immaginare come sarà, a chi assomiglierà. E pensare ai nomi, e girare in cerca della culla più bella, e preparare il corredo. Si comincia ad entrare in un universo a parte, quello dei bimbi.

Ci ho messo tanto ad accettare di avere una nuova vita dentro ed ancora di più ad accettare di dovermene separare. Eh già, quando ho partorito ho capito che non avrei più potuto proteggerlo, che non avrei potuto sempre controllarlo e che non sarei mai più stata sola al mondo. Qualsiasi cosa mi capiterà, avrò sempre un legame così forte con mio figlio che non mi sentirò mai più sola.

Fa un effetto strano avere un figlio. Un attimo prima sei figlia, nipote, sorella, ti senti ancora “piccola”, hai ancora bisogno di essere accudita, ed un attimo dopo sei mamma. Sei tu a dover accudire una creatura, sei tu a dover coccolare, devi essere forte e sicura di te, dovrai saper consigliare e prendere la decisione giusta. Insomma, un attimo prima sei solo una donna un attimo dopo sei diventata una mamma. E tutto è cambiato.

Quando ho visto mio figlio appena nato non ho pianto, non sono stata stordita dall’emozione, solo folgorata dalla sua bellezza, dalla perfezione. Quell’essere rosa e perfetto lo avevo concepito io. Quella pelle, quelle manine, quei piedini e gli occhi, le labbra, il nasino, li avevo “fabbricati” io, dentro di me. Mi sono sentita, e mi sento, importante. Se sono stata capace di “creare” una nuova vita allora la mia stessa vita è stata fondamentale. Non so come spiegare, ma è come se avessi assolto il mio compito su questa terra.

Nulla mi sembra più importante, in questo momento, della felicità e del benessere della mia famiglia. Non posso negare che è faticoso, ma ogni notte insonne, ogni mal di schiena, ogni stanchezza passa nell’esatto istante in cui guardo quel sorriso sdentato. E il mondo mi sembra più bello.


(28/02/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


  
  
 
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