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I SOGNI HANNO UNA DATA DI SCADENZA?
Molti credono che, superata una certa età, sia impossibile raggiungere obiettivi importanti. Ma i sogni hanno una data di scadenza come i prodotti del supermercato? Le nostre aspirazioni più sincere, quelle che non mirano solo al riconoscimento esteriore, resistono al passare degli anni e non sarà mai troppo tardi per decidere di seguirle.

Laura Bonaventura

Sono un po’ ovunque e si riconoscono per l’ombra di tristezza che non si allontana mai dai loro occhi, l’incedere leggermente curvo, lo sguardo rivolto a terra. A trent’anni ce ne sono molti, dai quaranta in poi diventano una moltitudine. Sono coloro che vivono di rimpianti. L’età anagrafica per costoro non conta, dal momento che sono già vecchi, condotti ad una precoce decrepitezza dalla radicata convinzione che i giochi siano ormai conclusi, che quello che avevano sognato di diventare non lo diventeranno mai, né mai otterranno ciò che avevano desiderato ottenere dalla vita.

Le loro frasi cominciano sempre con “se…”:“se quando ero giovane avessi studiato di più…”, “se avessi scelto studi diversi…”, “se avessi ascoltato i consigli di mio padre…”, “se avessi fatto di testa mia…”, “se lei non mi avesse lasciato…”. Le possibilità di rimpianto sono infinite e altrettanto numerosi i destini da rimpiangere, tutti caratterizzati dal clamoroso successo che le proprie potenzialità, adeguatamente sfruttate, avrebbero assicurato. Qualsiasi invito a non considerarsi finiti, a ridimensionare i propri sogni invece che abbandonarli, viene stroncato sul nascere: “Ormai è troppo tardi” è la comune conclusione dei loro discorsi.

Ma i sogni hanno una data di scadenza? Sono davvero come le medicine o i prodotti del supermercato, da “consumare entro il…”? Se le osserviamo più da vicino, scopriamo che la natura delle nostre aspirazioni è molto variegata: alcune ci fanno bene e altre ci danneggiano.

I sogni che ci fanno male sono in realtà proiezioni di modelli altrui ai quali, a livello razionale, abbiamo desiderato uniformarci per riscuotere un successo del tutto esteriore. Quando ci si prefigge di raggiungere cariche di prestigio, affermazione professionale e ricchezza sulla base di un’idea astratta, della voglia di dimostrare il nostro valore a qualcuno, di un’aspettativa della quale siamo stati investiti, magari dai genitori, senza la nostra partecipazione interiore, si va naturalmente incontro al fallimento.
Spesso è proprio l’insicurezza che porta ad aspirare ad un modello di successo preconfezionato, quasi una ricerca di perfezione ideale, che il nostro inconscio rifiuta categoricamente, sentendola del tutto estranea a sé.

Altri sogni nocivi sono quelli che, legandoci ad un passato ormai definitivamente concluso, non ci consentono di vivere davvero il presente e apprezzare le piccole gioie quotidiane. Accade quando si rimane incatenati ad un amore finito o ad una scelta compiuta e non modificabile. Continuare a desiderare qualcuno che ci ha lasciati, una storia andata male per i più svariati motivi, un progetto abbandonato, una laurea mancata, un’occasione persa: si può passare la vita a rimpiangere i propri supposti errori e a sognare come sarebbe stata la propria esistenza se ci si fosse comportati diversamente, se non fossero insorti i problemi che hanno condotto alla situazione attuale. Si tratta di un esercizio sterile, che allontana dalla realtà senza portare alcun beneficio, spingendo anzi verso l’immobilità e l’apatia. Come si può pensare di andare avanti se gli occhi sono fissi sullo specchietto retrovisore? Solo la testa alta e lo sguardo puntato davanti a sé consentono di percorrere la propria strada verso orizzonti sempre nuovi, godendosi il più possibile il viaggio.


  
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