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PREVEDERE L’ALZHEIMER
LA SFIDA DI UN NUOVO TEST GENETICO

Esce in Italia, appositamente concepito per la popolazione del nostro paese, un nuovo test genetico in grado di stabilire le probabilità di ciascuno di noi di contrarre in vecchiaia l’Alzheimer. E’ una delle nuove frontiere della medicina predittiva, una scienza ancora giovane e costosa, che vuole rivoluzionare il modo di salvaguardare la nostra salute.

Stefano Zoja

L’Alzheimer non si può ancora sconfiggere, ma si può ritardare. E’ ciò che promettono recenti ricerche: un test genetico, messo a punto in Italia grazie a una collaborazione fra Università di Bologna e di Ferrara, consentirà di scoprire il livello di predisposizione di ciascuno di noi all’insorgenza della malattia di Alzheimer.

Non è una cura, ma una forma di prevenzione, che consente al paziente di adottare per tempo strategie che possano rallentare la manifestazione della malattia. Di cinque o dieci anni, magari anche di quindici, dicono i ricercatori.

Questo test è un esempio significativo di come la comunità scientifica si stia spostando con decisione dalla medicina curativa a quella predittiva: l’idea è di stabilire in anticipo le probabilità di contrarre determinate malattie per adottare strategie preventive, anziché cercare di curarle una volta che si siano manifestate.

Questa filosofia è tanto più importante nel caso di quelle malattie per le quali le cure siano ancora imperfette (per esempio i tumori), o inesistenti. Quest’ultimo è il caso dell’Alzheimer, una malattia molto diffusa (600.000 casi in Italia), che è la causa più frequente di demenza e decadimento cognitivo.

Ci si ammala di Alzheimer dopo i 65 anni, nella quasi totalità dei casi. E mano a mano che aumenta l’età crescono le probabilità di contrarre la malattia: se si ha la fortuna di arrivare a novantacinque anni, le statistiche dicono che si ha una probabilità su due di ammalarsi di Alzheimer. Sono le funzionalità del cervello a decadere progressivamente: i sintomi iniziali sono, infatti, i vuoti di memoria e un senso di disorientamento. Fino a che il malato non è più autosufficiente.

Attraverso il nuovo test genetico si vuole giocare d’anticipo. Questo va eseguito infatti fra i quaranta e i sessant’anni, massimo sessantacinque. Il prelievo del campione genetico è semplice e indolore: attraverso una piccola spatola si recuperano dall’interno delle bocca alcune cellule di sfaldamento.

In laboratorio è possibile isolare il dna cellulare e valutare il livello di rischio di ciascun soggetto, che per semplicità è stato codificato dall’Istituto di Medicina Genetica Preventiva di Milano in alto, medio e basso.

Nel caso il responso comunicato al paziente sia di una predisposizione alta o media, si suggerisce di adottare alcune strategie di prevenzione della malattia. In particolare, sulla base di questo studio, si ricorrerà a una serie di visite specialistiche annuali e all’eventuale assunzione di farmaci anti-infiammatori cerebrali, che dovrebbero contrastare preventivamente l’insorgenza dell’Alzheimer.

Nessun miracolo per il momento: le eventuali cure preventive non garantiscono l’immunizzazione dalla malattia. D’altra parte non bisogna allarmarsi per un risultato infausto del test: un profilo di rischio alto non è una condanna, ma una semplice indicazione sulla maggiore o minore possibilità di contrarre la malattia, che consente di prendere per tempo delle contromisure.

Con questi test la scienza medica compie una altro importante balzo in avanti. I risultati che si potranno ottenere attraverso la medicina predittiva saranno probabilmente rivoluzionari: la frontiera si sposta di continuo. Restano però alcune incognite.

Una prima problematica, che riguarda questo specifico test, sta nel costo: 750 euro. Una cifra nemmeno troppo alta rispetto ad altre tipologie di test genetici esistenti, ma comunque una soglia di accesso che rischia, senza adeguate politiche, di precludere quest’opportunità ai ceti svantaggiati.

L’altro nervo scoperto è quello della medicalizzazione della vita. Ossia la tendenza della medicina a entrare con insistente premura in sempre più aspetti e momenti della nostra vita, dall’unghia incarnita, ai numerosissimi test predittivi esistenti, all’accanimento terapeutico. Ma quanto a qualità vera di vita non sempre è valida l’equazione più cure uguale a più benessere.

Nel caso specifico: non tutti potrebbero avere voglia di scoprire a quaranta o cinquant’anni di avere alte probabilità di contrarre una malattia come l’Alzheimer. Per poi trascorrere anni o decenni di cure preventive, la cui efficacia varia di caso in caso e comunque è in parte ancora da verificare; sapendo, inoltre, che al momento è impossibile scongiurare con certezza la malattia.

Naturalmente sottoporsi a questo test è una scelta libera. Spetta a ciascuno dirimere i costi e i benefici dell’affidarsi a una tecnica, quella della medicina predittiva, che presenta importanti problematiche psicologiche ed etiche. Queste scoperte, è ovvio, sono le benvenute, anzi potrebbero realmente migliorare la vita di tantissime persone.

Semplicemente non si può andare incontro a ogni novità medica – e delicata come questa – con la spensieratezza dello zoppo miracolato e giulivo, che getta via la stampella e corre incontro al burrone.


(18/10/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


Prendersi cura del proprio corpo è benessere

  
  
 
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