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Normalmente, questa esigenza (che comporta una riduzione della quantità di luce che attraversa l’obiettivo per impressionare la pellicola e dunque richiede che la luce entri nell’apparecchio per un tempo più lungo, al fine di mantenere invariata ed esatta l’esposizione complessiva), contrasta con l’esigenza di non ottenere un’immagine mossa. Infatti, più l’esposizione è breve e minore è l’effetto di mosso, che può essere a volte completamente annullato anche per soggetti in movimento rapidissimo, adottando i tempi più brevi disponibili.

Quindi, ricapitolando, è necessario un diaframma che assicuri una profondità di campo tale per cui il soggetto o i soggetti che interessano siano a fuoco, ed è altresì necessario un tempo di posa abbastanza breve da rendere praticamente invisibile l’effetto di mosso che deriva dal movimento del soggetto. Per ciò che riguarda il tempo di posa questo non dovrebbe, nella maggior parte dei casi, essere più lungo di 1/60 di secondo (meglio anzi 1/125 sec, specie se si utilizzano fotocamere 35mm) al fine di ridurre a valori insignificanti le vibrazioni della mano del fotografo, così che l’immagine non corra il pericolo di subire danni derivanti da movimenti accidentali dell’apparecchio.
Fotografi dal polso particolarmente fermo sono in grado di scattare a mano libera con tempi anche notevolmente più lunghi, ma questa abilità non può essere ritenuta una regola. Viceversa, si può dire che adottando focali più corte rispetto a quella dell’obiettivo normale, è possibile ridurre sistematicamente il rischio di “mosso” e scendere, pur scattando a mano libera, a valori di otturazione sensibilmente più lenti.”




(23/11/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


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