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UNA VACANZA ALLE TERME. OVVERO IL PARADISO DELLA TERZA ETA'
Avere trent’anni, sognare una beauty farm, finire in un gerontocomio e scoprire che è un paradiso…

Laura Bonaventura

Dopo un inverno passato tra raffreddori, sinusiti e mal di gola, il verdetto del medico è stato inappellabile: quest’estate, cure termali! Al momento della partenza sono entusiasta: il luogo comune sulle terme le rappresenta infatti come piccoli giardini dell’Eden, dove rigenerarsi coccolati da uno stuolo di terapisti e massaggiatori al proprio completo servizio, mangiando cibi sani e genuini, riposando nel verde, per tornare infine a casa in salute e in splendida forma.

Carica di queste fantastiche aspettative, arrivo in un noto centro termale dell’Abruzzo, pronta ad immergermi in qualche piscina miracolosa e a farmi ricoprire di fanghi capaci di ringiovanire la mia pelle di una quindicina d’anni. Varcando la soglia delle terme qualcosa comincia a non quadrare: dove sono le donne bellissime dei depliant (ovviamente rese tali dalle acque portentose)? E i terapisti tutti muscoli e abbronzatura? L’età media dei pazienti è di circa ottant’anni, decisamente mal portati nella maggioranza dei casi. Al centro d’accoglienza mi viene spiegato che per accedere alle cure devo prendere un numeretto, mettermi in fila ed essere visitata da uno specialista.

“Ma questa è l’ASL sotto casa mia o il paradiso della pubblicità?”, mi chiedo. Un’ora dopo vengo ammessa al cospetto del medico, il quale ovviamente – come mai non ci avevo pensato prima? – sentenzia che per i miei problemi è sufficiente una “terapia inalatoria” . Il miraggio della piscina miracolosa sfuma, ma a questo punto è quasi un sollievo, dato che probabilmente la troverei popolata da un plotone di vecchietti malandati in perfetto stile “Cocoon”. Mi metto nuovamente in fila per la fantomatica “terapia inalatoria”, che scopro essere tale e quale l’aerosol che ho diligentemente fatto tutto l’inverno.

Ma non è finita. All’inizio del paese è ferma in pianta stabile un’ambulanza. “Come mai?”, mi domando, e la risposta arriva un attimo dopo, quando scopro che l’intera cittadina è abitata esclusivamente da rappresentanti della terza età avanzata. Bastoni, teste canute, incedere lento, praticamente una casa di riposo a cielo aperto. Anche i negozi sono tipici degli anni ’50: un po’ scuri, con i banconi di legno e maglieria extra large, nei tipici colori che vanno dal salmone al giallo senape, appesa alle vetrine con spille da sarta. La farmacia é probabilmente l’attività commerciale che va per la maggiore, il parroco è convinto che l’attuale crisi della spiritualità sia solo una montatura giornalistica, brilla l’assenza di discoteche, pub, pizzerie, e anche il mio albergo, rigorosamente a pensione completa, somiglia ad un ospedale in modo preoccupante.

Dante avrà visitato queste terme prima di scrivere il suo capolavoro? Nei giorni seguenti attendo il mio turno in questa specie di girone infernale dove, avvolti in una nuvola sulfurea, si aggirano i disgraziati in attesa delle cure, ma mi guardo bene dal far crollare il mito della mia vacanza super-figa: agli amici che telefonano mi limito a dire: “Sono in una località termale” e, dalle loro esclamazioni entusiastiche, capisco che stanno immaginando qualcosa tipo una beauty farm frequentata da vip, fusti e bellone.

A poco a poco però, qualcosa comincia a cambiare. Prima di tutto scopro che questi nonnini sono simpaticissimi e adorano i bambini. Per le strade del paese il mio piccolo riceve una valanga di complimenti, coccole e attenzioni, facendomi gongolare e inorgoglire a mo’ di pavone. Nell’albergo tutti gli ospiti salutano e sono gentili, mentre scopro che il menù non è affatto ospedaliero: qui i problemi di linea sono out e anch’io mi abbandono ai piaceri della buona tavola, che bilancio con splendide passeggiate nei dintorni. Superato lo shock iniziale, mi accorgo che anche il personale delle terme è estremamente cortese - forse perché abituato a un pubblico carico di acciacchi – e mi convinco che la terapia mi eviterà tutti i malanni del prossimo inverno.

Più di tutto mi colpisce l’atmosfera tranquilla, i ritmi lenti, la totale assenza di tour de force del divertimento tipici delle località di villeggiatura più gettonate. I giorni passano e io mi sento sempre più rilassata. Quando arriva il momento di tornare mi sono affezionata a tutto, perfino alle esalazioni solforose…ho deciso, ci torno!


(20/09/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


Viaggiare con i 5 sensi è benessere

  
  
 
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