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Le generalizzazioni e la loro variante più consolidata e riduttiva, gli stereotipi, sono utili. Facilitano la lettura della realtà, garantendo un patrimonio di conoscenze pregresse che possono guidare l’interepretazione di nuove esperienze che ci capitano. Ma le generalizzazioni, anche quelle più sensate, sono qualcosa di mentale, che precede la realtà e i casi che la compongono. Affidarsi a uno stereotipo può essere “economico”, ci risparmia rischi e fatica, ma impoverisce la nostra capacità di comprendere come stanno davvero le cose. Il che, oltre a distorcere la realtà, può precluderci la scoperta di una verità più ricca, sorprendente e, magari, gratificante di quanto ci si attenda.

Non solo: gli stereotipi hanno tutta l’aria di produrre delle aspettative che si autorealizzano. Non solo perché impediscono di scoprire una realtà più ricca che si cela dietro i pregiudizi, ma anche perché rischiano di indurre nel soggetto osservato dei comportamenti che confermano l’ipotesi iniziale. Se mi aspetto che la persona che ho davanti pensi o faccia certe cose, attiverò con questa alcuni comportamenti connessi in qualche modo al mio pregiudizio. Così, se quella persona non ha molto da dire, o non ha un particolare interesse a emergere, sarà facilitata a comportarsi come mi aspetto, a vibrare per fornire una qualche risposta alle mie attese. Nel nostro caso: pigro lui, distratta lei, ci si ritrova fatalmente a percorrere i binari previsti.

Il fatto è che la realtà è molto più variegata di come ce la presenta la lente distorcente dello stereotipo. A sapere e volere scavare si trovano parecchie persone che escono dagli schemi. Uomini che sorprendono e che hanno voglia di cogliere l’altra persona; donne capaci di pragmatismo e aliene dalla retorica e dai sentimentalismi. E questo è ancora niente, perché è solo il ribaltamento delle variabili della ricerca citata prima. La scoperta vera è quella dell’individualità di ogni persona che ci si trova davanti, che ha mille sfaccettature, mai sondate da una ricerca.
Non esiste grafico o percentuale che possa rendere ragione della ricchezz, o semplicemente della natura di un individuo. E’ tutta una questione di prospettive, di capacità di scegliere un punto di vista nuovo e originale. Qualsiasi schema aiuta ma limita. Ogni sguardo nuovo o rinnovato comporta fatica, ma può portaci enormi gratificazioni impreviste.

Che questo discorso, la difesa della singolarità, non sia scontato lo dimostra la pratica. Basta pensare alla quantità di volte in cui si è sentito un amico catalogarne un altro, o ancor più una nuova conoscenza. Facilmente ci possiamo accorgere anche di quando siamo stati noi ad avere indossato il paraocchi. Va detto che da un punto di vista strettamente cognitivo è impossibile non ricorrere almeno in misura minima agli schemi che abbiamo. E’ inevitabile ed è anche un bene. Ma dovremmo sapercene sganciare al più presto. Perché è sorprendente sollevare il manto che noi o le altre persone abbiamo calcato addosso a chi ci siede davanti. Quello che c’è sotto è autentico e pronuncia parole sue, mai descritte da nessuna percentuale.


(31/08/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


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