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UN PAPPAGALLO COME L’UOMO DEL 1600. APPRESO IL CONCETTO DI ZERO
Riproponiamo una notizia pubblicata oltre due anni fa, ma passata sotto silenzio...
Si annoiava. Il pappagallo super intelligente si annoiava di fronte al ripetersi infinito degli stessi test, delle stesse ripetitive domande. E così ha cominciato a dare risposte strane. I ricercatori inizialmente non capivano perché facesse così. Lui li ha stupiti. Parlandogli del nulla.

Daniel Tarozzi

L’Essere Umano, nella sua straordinaria evoluzione, è arrivato a concepire il concetto di zero nel 1600, dopo secoli di studi matematici. Alex, piacente pappagallo ventottenne, ci è arrivato nei giorni scorsi, senza mostrare particolari sforzi né entusiasmi.

Negli anni scorsi Alex aveva già sorpreso i ricercatori e il mondo scientifico, dimostrando di riconoscere colori, forme e numeri.

In particolare sapeva contare fino a 6. Nelle scorse settimane, i ricercatori della Brandeis University di Waltham lo stavano sottoponendo ad un test che evidentemente il pennuto giudicava tediosissimo. Doveva infatti individuare il colore corrispondente ad un certo numero di oggetti.

A un certo punto Alex ha quindi deciso di ignorare le domande che gli venivano poste rispondendo a caso. Gli studiosi affermano che il pappagallo dava evidenti segnali di noia uniti ad espressioni di divertimento per le loro reazioni stizzite.

Quando quest’ultimi gli hanno promesso un premio più alto (cibo? Avvenenti pappagalline?) ha deciso di riprendere la collaborazione, dando però risposte insolite. Alla domanda “di che colore tre?” – ovvero “di che colore è il gruppo formato da tre oggetti uguali?” – insisteva a rispondere non con un colore, ma con il numero “cinque”. Realizzando che il cinque era l’unico numero che non corrispondeva ad alcun gruppo di colore, i ricercatori hanno quindi domandato: “di che colore cinque?” e Alex ha risposto “none”, nessuno, zero.

Fino ad oggi solo i primati avevano dato dimostrazione di comprendere il concetto di zero.

Premesso che in questa sede non ci soffermeremo sulle condizioni in cui vive questo geniale pappagallo, ne sull’eticità e la legittimità di simili esperimenti condotti in condizione di cattività, non possiamo non accogliere con entusiasmo il risultato di una simile ricerca.

I pappagalli parlano. Non si limitano a ripetere suoni privi di significato. Possono sviluppare un linguaggio abbastanza evoluto ed hanno sorprendenti capacità di ragionamento ed elaborazione. Inoltre, mostrano evidenti sintomi di emozioni (noia, stizza, divertimento). Sono in grado di fare dispetti (non rispondono per settimane ai ricercatori) e di fare valutazioni di merito (il premio mi alletta e quindi collaboro).

I risultati di questa ricerca vanno quindi molto al di là dell’esperimento in questione. Ancora oggi, infatti, la scienza e la giurisprudenza non definiscono con chiarezza lo status degli animali, visti da molti come specie “inferiori”, prive di sentimenti e di anima.

Eppure i cani si sacrificano per gli uomini. I pappagalli provano emozioni e sviluppano ragionamenti. I delfini vivono in una società complessa e variegata e riescono a trasmettere conoscenze ai loro discendenti. I primati hanno emozioni e sentimenti in tutto e per tutto “umani” e sviluppano forme molto complesse di linguaggio ed elaborazione. E si potrebbe continuare all’infinito.

Perché, allora, continuiamo a non voler considerare le altre specie come nostri “simili”. Simili diversi, certo. Ma pur sempre parte della nostra “società”. Elementi da proteggere, ma soprattutto da rispettare e da cui imparare.

Perché ogni volta che una specie si estingue o che un animale viene tenuto in condizioni “disumane” (dovremmo dire “dis-animali”?) a rimetterci siamo noi.

Ci rimettiamo perché ingeriamo cibi avvelenati, perché il nostro pianeta si impoverisce, perché perdiamo infinite occasioni di apprendimento scientifico e morale, nonché di crescita spirituale.

Gli animali, nella loro semplicità, nella loro mancanza di costruzioni e sovrastrutture imposte, sono infatti in molti casi veri e propri maestri di vita.


(14/08/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


Conoscere la terra che abiti è benessere

  
  
 
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