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Sonno 

 
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LA DIMORA SEGRETA DEL SONNO
Un viaggio nell'antico racconto di Ovidio, tratto dalle Metamorfosi, in cui si narra che...

Arianna Sacerdoti

Il sonno per gli antichi è una divinità, e possiede una casa immersa in un'aura magica, nella quale vagano i Sogni, entità misteriose, ed altre figure affascinanti, come quella di Morfeo.
Ovidio (poeta vissuto a cavallo tra il I sec. a. C. ed il I d. C., che vi consiglio caldamente di incontrare nelle vostre letture: è un autore estremamente 'moderno' e godibile) inserisce nelle sue 'Metamorfosi' una lunga descrizione di questo spazio mitologico, dai connotati divini e umani e insieme.

Un racconto fiabesco, e contemporaneamente ricco di dettagli, come quelli propri del luogo (l'inerzia, la quiete, l'impermeabilità alla luce del Sole, il silenzio assoluto, l'oblìo - il fiume Lete -, i papaveri... e la 'vanità', cioè, l'inconsistenza, la fugacità dei Sogni, che lo popolano fittamente, come infiniti sono i granelli di una spiaggia), e quelli propri della divinità (la placidità, la pace, l'assenza di affanni, la capacità di 'restaurare' le forze... ed il languore, anche, che investe il dio stesso, adagiato su di un letto).

Questo è un racconto scritto novecento anni prima della 'invenzione' della psicoanalisi; è inserito in un originale poema che abbraccia e contiene la natura, la storia, i miti. Proviamo a parlare di Sonno partendo dall'immaginario (simbolizzante) degli antichi...



'LA CASA DEL SONNO: OVIDIO, 'Metamorfosi' (libro XI, vv. 592-649)

'Vi è presso il paese dei Cimmeri una spelonca nascosta, profondamente scavata in un monte, la dimora segreta del Sonno inerte [ignavi ... Somni]. Lì Febo con i suoi raggi non ha accesso, né quando sorge, né quando è a metà o alla fine della sua corsa. Foschi vapori esalano dal suolo, mantenendo un'incerta luce da crepuscolo. Lì non c'è a vegliare il volatile munito di cresta che evoca col suo canto l'aurora, e l'abbaiare di cani solerti o lo strepito delle oche - ancora più attente - non rompe il silenzio. In quel luogo non si odono versi di fiere né di animali domestici, non rumore di rami mossi dal vento né vivace prorompere di voci umane: vi domina una calma assoluta [muta quies habitat].

Tuttavia, dalla base della roccia sgorga un rivolo, proveniente dal fiume Lete, le cui acque scorrono mormorando, con un acciottolìo di sassolini che invita al sonno. Davanti all'ingresso della grotta c'è un abbondante fioritura di papaveri [fecunda papavera florent], insieme ad altre svariate erbe da cui l'umida Notte estrae un latice che produce sopore e lo sparge sulla terra immersa nell'oscurità. Non c'è porta che strida sui cardini, neanche una in tutta la casa, come non c'è chi stia a guardia di essa. Nel mezzo si trova un letto, alto sui piedi di nero ebano, imbottito di piume, tutto di un solo colore, coperto da veli scuri, sul quale sta sdraiato il dio in persona , col corpo languidamente abbandonato. E intorno a lui qua e là, riproducendo le forme più svariate, giacciono i sogni inconsistenti [somnia vana], tanti quante sono le spighe in un campo di grano, o le fronde in un bosco, o i granelli di sabbia in una spiaggia.

Appena Iride entrò in quella sacra dimora, scostando con le mani i sogni che le si paravano dinnanzi, questa si illuminò tutta del fulgore della sua veste. Il dio tentò di sollevare le palpebre pesantemente abbassate, ma il capo gli ricadde più volte, sfiorando con l'oscillare del mento il petto; infine riuscì a scrollarsi se stesso di dosso, e appoggiandosi al gomito chiese all'ospite, che ben conosceva, quale fosse il motivo della sua venuta. Ella gli rispose:
'O Sonno, signore della quiete, o Sonno, il più placido degli dei, che sei pace per il cuore e non conosci affanni, che ristori i corpi stanchi delle loro pesanti occupazioni e li rendi atti alla nuova fatica...
...devi ordinare ad uno dei sogni, che riproducono le immagini del reale [somnia, quae veras aequant imitamine formas], di recarsi da Alcione, nell'Erculea Trachinie, assumendo l'aspetto del re in veste di naufrago. Questo è il volere di Giunone'.


Compiuto il suo incarico, Iride se ne andò, perché non poteva resistere più a lungo all'impulso di addormentarsi: non appena sentì il sonno insinuarsi nelle sue membra, fuggì via sulla scia di quell'arco per il quale era appena venuta.

Il padre dei sogni allora, dalla folla dei suoi mille figli, fece uscire fuori Morfeo, abilissimo imitatore delle forme. Non ve n'è un altro più preciso nell'assumere il modo di camminare, l'aspetto, il suono della voce di chiunque: sa portarne le vesti e usarne le parole più abituali, purché si tratti di una persona. Imitare gli animali è compito di un altro, che può diventare fiera, uccello o lungo serpente; costui è chiamato Icelo dagli dei, Fobetore dai mortali. E ce n'è anche un terzo, Fantaso, che possiede una specialità diversa dalle precedenti: egli attua i suoi inganni mutandosi in terra, pietra, onda, albero: in qualunque essere inanimato, insomma. E c'è chi suole apparire di notte a re e condottieri; altri sogni invece visitano i comuni mortali.
Il vecchio Sonno lasciò da parte costoro e tra tutti i fratelli scelse il solo Morfeo, per eseguire gli ordini riferiti dalla figlia di Taumante. E subito dopo si abbandonò di nuovo ad un molle languore, lasciò cadere il capo su un cuscino e si ricantucciò sotto le coperte'.


(21/04/2005) - SCRIVI ALL'AUTORE


  
  
 
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