Giuseppe Moretti e il bioregionalismo: come rinnovare la cittadinanza nella Terra

Su Terranauta abbiamo più volte accennato al bioregionalismo, ma fino ad oggi non avevamo ancora pubblicato un articolo che introducesse in modo organico questo “movimento”, spiegandone le origini, il significato e gli sviluppi. Abbiamo quindi intervistato Giuseppe Moretti, referente della Rete Bioregionale Italiana, per approfondire il discorso.

CONDIVIDI: Condividi su Facebook Condividi su Ok Notizie Condividi su Fai Informazione Condividi su del.icio.us Condividi su Twitter Condividi su Digg Condividi su Technorati Condividi su Google

di Daniel Tarozzi

Bioregionalismo
Un immagine che ben rappresenta il bioregionalismo
Giuseppe Moretti, che cos’è, in parole povere, il bioregionalismo?

Il bioregionalismo è la possibilità di rinnovare la nostra cittadinanza nella Terra attraverso uno stile di vita che tenga conto della necessità e del diritto per tutti, umani e non-umani, di vivere una vita dignitosa e significativa.

Quali sono i suoi principi fondanti?

Prima di tutto la terra viene considerata come un vero e proprio organismo vivente organizzato in bioregioni. Le bioregioni sono le regioni naturali della terra, luoghi definiti per continuità di flora e di fauna o per interezza fluviale, grandi a sufficienza da sostenere un’ampia e complessa comunità di esseri viventi. L’uomo è parte integrante di tutto questo, ma non il suo signore e padrone. Il bioregionalismo non è una ideologia, ma una attitudine di buon senso e di umiltà di fronte all’evidente divario tra la mente dell’umanità e la mente della natura, la cui complessità e i cui meccanismi sono di gran lunga più complessi e misteriosi di quanto l’uomo, nella sua presunzione, pensa di conoscere e pretende di voler guidare. L’idea bioregionale è quindi l’occasione di re-impostare il nostro ruolo sulla terra in termini di rispetto, reciprocità e uguaglianza, nei confronti del Tutto.

Quando ha attecchito in Italia e con che risultati?

L’idea bioregionale è arrivata in Italia a metà degl’anni ’80, grazie ad un gruppo di persone riconducibili al giornale AAM Terra Nuova. Dopo alcune stagioni fervide e proficue l’interesse è scemato ed è stato poi ripreso all’inizio degli anni ’90 dal giornale Lato Selvatico. Successivamente ha avuto un rafforzamento grazie alla formazione della Rete Bioregionale Italiana che, è bene dirlo, non è un’organizzazione strutturata in modo convenzionale, ma piuttosto una aggregazione informale, nel senso che non ci sono direttori, dirigenti e ragionieri, ma attivisti, che nel loro luogo-bioregione, si impegnano nella pratica e nella diffusione del concetto. Perciò la Rete Bioregionale esiste ed esisterà fintanto che c’è chi ci crede e condivide il comune sentire di essere parte di un insieme di relazioni che include sì tutti i nostri simili, ma anche, come dice Etain Addey, tutti i nostri parenti: quelli con le ali, quelli a quattro zampe, quelli che nuotano e quelli che strisciano. Questo modo di procedere, naturalmente, non ha portato a grandi numeri in termini di visibilità, ma sempre più persone ci contattano, soprattutto giovani, e partecipano ai nostri incontri e iniziative. Abbiamo creato anche un nuovo giornale “Quaderni di vita bioregionale” (con una redazione itinerante così da coinvolgere quante più voci possibili) che si alterna a Lato Selvatico; il primo esce ai solstizi, il secondo agli equinozi.

Quante persone praticano la filosofia bioregionalista?

In Italia i numeri sono quelli che ho accennato poc’anzi, anche se molti di fatto sono bioregionalisti senza saperlo. A livello mondiale il movimento è molto più ampio; negli Stati Uniti, dove ebbe inizio, un “Directory” pubblicato da Planet Drum, nel 1994, contava più di 250 gruppi. In Messico il movimento è molto attivo, così come in Canada e in altre parti del Sud America. E non sono da meno Australia, Asia ed Europa. Il fatto che non se ne sente parlare tanto sta nell’attitudine dei bioregionalisti di badare al sodo, all’ agire più che apparire. Il movimento bioregionale è un movimento rizomatoso, nel senso che ama propagarsi seguendo i ritmi e i modelli della natura più di quelli offerti dalla società.

Tu come ne sei venuto a conoscenza?

Lato Selvatico
La copertina del numero 34 di Lato Selvatico, giornale bioregionalista diretto da Giuseppe Moretti

Appartengo alla cosiddetta generazione degli anni ’60, e da allora non ho mai smesso di interessarmi e di scrutare le idee dei movimenti alternativi, che in quegli anni si succedevano in maniera quasi vorticosa. Conobbi l’idea bioregionale quando avevo già scelto di ritornare alla terra, dopo una parentesi di lavoro dipendente in città, leggendo il trimestrale californiano CoEvolution Quarterly (gli stessi del famoso “Whole Earth Catalog”), che nel 1981 dedicò uno speciale sul bioregionalismo. Per me fu un grande sollievo e incoraggiamento a proseguire nel cammino intrapreso. Poi conobbi personalmente i precursori di questo movimento: Peter Berg e sua moglie Judy Golhaft, Freeman House, James Koller, Gary Lawless, Nanao sakaki e Gary Snyder, ed iniziai a pubblicare Lato Selvatico.

Che cosa significa ri-abitare un territorio e perché qualcuno oggi dovrebbe farlo?

Ri-abitare significa vedere se stessi e il proprio luogo con occhi nuovi, significa percepire l’importanza di vivere in un ambiente sano e diversificato, significa finalmente comprendere che dalla salute delle acque, dei boschi e del mondo animale dipende la nostra stessa salute, significa capire che dal diritto di libertà e giustizia sociale dei popoli dipende la nostra stessa libertà e giustizia.

Ogni cosa è connessa l’una all’altra su questa terra. Il ciclo dell’acqua fa della terra un unico grande bacino idrografico e il bacino idrografico in cui viviamo (tutti viviamo in uno di essi) è il contesto della nostra pratica-ricordo che un bacino idrografico è di fatto una bioregione e viceversa. Prendersi cura del proprio bacino idrografico, della propria bioregione, significa quindi prendersi le proprie responsabilità, qui e ora, di fronte ai problemi che sono oramai su scala globale; ecco perché oggi è importante ri-abitare la terra in senso bioregionale.

Appartenere alla rete bioregionalista significa rifiutare la modernità?

Gary Snyder
Una foto di Gary Snyder, esponente storico del movimento bioregionalista. Immagine tratta da www.laboscaglia.it

Il mondo moderno è il mondo in cui viviamo e quindi, che lo si voglia o no, non lo si più rifiutare, ma possiamo scegliere. Possiamo scegliere di scaldare l’acqua con la legna o con i pannelli solari, piuttosto che l’energia fossile; possiamo scegliere di coltivarci parte del nostro cibo o acquistarlo da produttori ecologicamente consapevoli e liberi dagli ingranaggi speculativi globali, piuttosto che dalla grande distribuzione; possiamo scegliere di ignorare le mode e comprare solo le cose di cui abbiamo effettivamente bisogno, piuttosto che essere succubi di un sistema che fa del consumismo la propria ragione di essere.

Insomma, quello che dobbiamo fare è andare oltre la modernità e recuperare il buon senso, che peraltro la natura selvatica ci insegna in ogni momento, e cioè: consumare senza sprecare, produrre senza distruggere, vivere e lasciar vivere.

E la tecnologia?

Da quando l’uomo ha imparato a scheggiare le rocce per ricavarne punte di lancia, la tecnologia non ci ha mai lasciato. Oggi viviamo in un mondo drogato di tecnologia, inventata più per soddisfare le smanie di un mondo iperconsumista, che da reali necessità di vita. La tecnologia di per sé è neutra, è il modo in cui viene usata che spesso è sbagliato e, in molti casi, criminoso.

In che rapporto vi ponete con il movimento della decrescita felice e con gli altri movimenti “affini”?

Negl’anni ’60, la mia generazione portava i jeans strappati e rattoppati, non perché fosse di moda, ma perché aveva rifiutato il consumismo; io stesso ho indossato per ben 14 anni sempre lo stesso giubbino in jeans, quindi figurati se non siamo d’accordo con il movimento della “Decrescita Felice”. Anzi, complimenti a questo movimento per il tempismo in cui è sorto e il buon lavoro che sta svolgendo. Per quanto riguarda gli altri movimenti direi che siamo del tutto intercambiabili, nel senso che molti di noi sono anche supporter (e viceversa) della Rete degli Ecovillaggi, dei nuovi contadini del C.I.R., dei raccoglitori di semi antichi, i Seedsevers, dei Gruppi d’Acquisto Solidali, della Finanza Etica, delle Tecnologie Appropriate, dei Chilometri Zero, ecc…

Questo a livello individuale; quello che invece ancora manca è una collaborazione più concreta tra tutti questi gruppi, reti e movimenti, su punti e temi specifici che, appunto, di volta in volta possono richiedere il contributo di tutti. A questo proposito sembra sia imminente un incontro fra le varie reti e movimenti nell’ambito dell’incontro del CONACREIS, sull’Appennino modenese in maggio (evento comunque da confermare). Noi siamo convinti che le sorti del cambiamento non siano prerogativa di un solo gruppo o di pochi, ma che invece tutti, in base alle proprie competenze, conoscenze e specificità, possono essere fonte e fulcro per rendere più incisivo e concreto il cambiamento che la società tutta dovrà fare.

Siete un' evoluzione degli hippy?

Quaderni di vita bioregionale
Copertina della rivista "Quaderni di vita bioregionale"

Siamo una evoluzione di tutti quelli che con immaginazione, creatività, e caparbietà hanno, nel corso del tempo, cercato di migliorare, sia spiritualmente che mentalmente, se stessi prima e la società poi, così da ridurre sia l’impronta umana sul pianeta che l’arroganza del potere e l’avidità di pochi sulla gente e sulla natura. Abbiamo fallito? Da quello che si vede sembra di sì, ma è vero anche che questo è un percorso lungo, che richiede tempo, pazienza e dedizione. L’importante è non smettere di ‘seminare’, e in questo noi bioregionalisti c’abbiamo fatto il callo.

Cosa sta per accadere in Italia e nel mondo a livello socio-economico?

Per rispondere a questa domanda basterebbe chiedere ad un contadino vecchio stampo, il quale senza tanti fronzoli ti direbbe che “con niente si ha niente”. Viviamo in un mondo di apparenze e di enormi speculazioni sulla pelle della gente onesta e sulla diversità biologica della terra. Io non conosco il mondo economico, e temo che neanche gli economisti stessi ne sappiano più di tanto: tali e tanti sono i guazzabugli che nel corso del tempo sono stati inventati per fare in modo che a perderci siano sempre i più deboli. David H. Thoreau ammoniva “Semplificare, semplificare”.

Norme e comportamenti semplici, onesti e soprattutto informati dalla consapevolezza che quando si toglie da una parte bisogna restituirla dall’altra, dovrebbero essere alla base di ogni sistema economico e di ogni società di questo mondo. Da quello che si sente dire in giro, questa crisi può essere una opportunità di riflessione e di cambiamento, e quindi positiva (nella sua gravità), ma finora le decisioni prese sembrano solo palliativi, un modo per far sopravvivere il sistema ancora un po’ più a lungo.

Credi che il bioregionalismo diventerà presto la “normalità”?

Purtroppo no. Il mondo oggi è talmente imbevuto nel mito del potere, sia politico, che economico, o religioso (con tutto ciò che ne consegue), che difficilmente rinuncerà ai privilegi acquisiti. Quello che è in gioco è un rivoltamento completo nel modo di intendere il nostro essere qui sulla terra, non si tratta solo di un cambiamento a livello dei governi, o di una distribuzione più equa della ricchezza (anche se di per sé questo sarebbe già un buon risultato), si tratta piuttosto di fare un passo indietro e uno in avanti e questa volta finalmente nell’interezza del Tutto, di cui siamo che una piccola parte.

Credete che le città debbano “sparire”?

Pranatale
Un immagine di Pranatale, luogo in cui vive Etain Addey. Immagine tratta da www.laboscaglia.it

Le città non devono sparire, devono cambiare. Le città vanno intese e concepite come un tutt’uno con il circostante, con la bioregione a cui appartengono. Le città, dovrebbero essere intese come centri di aggregazione di gente, cose, prodotti e saperi al servizio del resto della bioregione, in modo tale da migliorare le condizioni di vita della gente e, nel contempo, rendere più leggera ed equilibrata la nostra impronta ecologica sulla bioregione e sul pianeta.

Qual è il ruolo di Etain Addey?

Etain Addey, all’interno del movimento bioregionale, ha un ruolo apprezzato da tutti, ed è il suo continuo donare in termini di testimonianza, esempio, conoscenza, umanità, umiltà, spiritualità e ospitalità. Etain conosce la parola che va oltre la parola. Ti prende per mano e ti svela i segreti del prato, del bosco e dell’animo umano. Etain non ha bisogno di ri-abitare la terra, lei vive nella terra e per la Terra.

Come si fa a contattarvi?

Nel blog della Rete Bioregionale Italiana si può trovare l’elenco dei vari referenti per bioregioni o regioni d’Italia, ai quali chiedere informazioni, indirizzi, appuntamenti e quant’altro. Altrimenti, contattando la Rete stessa: morettig@iol.it

E a diventare bioregionalisti?

Per diventare bioregionalisti non ci sono scuole o corsi appositi. È innanzitutto un percorso all’interno di se stessi, nel “lato selvatico” della propria mente. Perché solo ritrovando se stessi, la propria vera umanità, e quindi la propria essenza, che è un tutt’uno con la natura, si può iniziare il cammino che porta di nuovo a ‘casa’. È un percorso lungo, faticoso e a volte frustrante, semplicemente perché spesso la realtà ci impedisce di tradurre la teoria in prassi, ma questo non deve scoraggiare, a volte bastano solo spicchi di tempo, di natura, di condivisione per andare oltre ad ogni curva. Quello che serve è la potenza della visione, e poi, lungo il cammino, si possono incontrare le persone e i libri che raccontano le esperienze di chi sta camminando lungo lo stesso sentiero.

PER SAPERNE DI PIU' SULL'ARGOMENTO
Selvatico e Coltivato

Un'opera collettiva in cui 53 persone che vivono in città o in campagna s'interrogano sul loro rapporto con...
Continua...
Ri-abitare nel grande flusso

"In quanto a me sono in linea con il grande flusso"? Così Gary Snyder risponde indirettamente a chi lo accusa...
Continua...
Bioregione

Bio vuol dire vita, regione vuol dire luogo. Bioregione è il luogo in cui viviamo, con le sue componenti...
Continua...
EBooks - L'Uomo Naturale

Anteprima ebook La vasta entità e profondità del problema ambientale coinvolge risvolti culturali, sociali,...
Continua...
14 Aprile 2009 - Scrivi un commento
Ti � piaciuto questo articolo? Cosa aspetti, iscriviti alla nostra newsletter!

E-mail
Arianna Editrice
Macro Credit
Mappa Mondo Nuovo
PAROLE CHIAVE
LIBRI CONSIGLIATI
EBooks - L'Uomo Naturale

La vasta entità e profondità del problema ambientale coinvolge risvolti culturali, sociali, economici, di...
Continua...
Bioregione

Bio vuol dire vita, regione vuol dire luogo. bioregione è il luogo in cui viviamo, con le sue componenti...
Continua...
La Rivoluzione del Filo di Paglia

Questo libro rappresenta un punto di svolta per riavvicinarsi con occhi fiduciosi e non distruttivi alla...
Continua...
Acque Profonde

Acque profonde è un libro che parla di giornate in campagna, scandite dal tempo vero, quello delle stagioni,...
Continua...
Una Gioia Silenziosa

è possibile oggi abbandonare la vita urbana, abbracciare una vita senza comodità, accettare la precarietà,...
Continua...
ULTIMI ARTICOLI PUBBLICATI
LINK ESTERNI
TERRANAUTA TV
Alex Zanotelli e la privatizzazione dell'acqua
Altri video su TERRANAUTA TV...
ARTICOLI CORRELATI
ULTIMI COMMENTI
gian_paolo ha commentato l'articolo Nucleare e salute, un'altra ragione per dire no
carlo ha commentato l'articolo Quel che resta del Polo
linda maggiori ha commentato l'articolo Latte materno, diossine e Pcb
Simone ha commentato l'articolo Prahlad Jani, l'asceta che si autoalimenta da 74 anni
grazia ha commentato l'articolo Orti urbani: sostenibilità e socialità