Gli scienziati riuniti a Copenhagen: bisogna agire adesso

Dal 10 marzo Copenhagen ospita il Congresso Scientifico Internazionale sui Cambiamenti Climatici. Professori universitari e scienziati del mondo intero stanno riassumendo le ultime ricerche sul clima. Saranno le basi del nuovo protocollo di Kyoto, che verrà firmato a Copenhagen a dicembre. Questi scienziati hanno dunque la possibilità di influenzare le decisioni dell’ONU. Ci riusciranno?

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di Elisabeth Zoja

Ghiaccio in Groenlandia
Se non interveniamo per fermare i cambiamenti climatici lo scioglimento dei ghiacciai comporterà un innalzamento del mare inarrestabile
Alcuni professori presenti l’hanno chiamata la “conferenza della fine del mondo”, tanto catastrofici sono i risultati delle ultime ricerche. Le emissioni di gas a effetto serra stanno aumentando del 3%, il doppio di quel che l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) aveva reputato “il peggior scenario possibile” .

Attraverso l’utilizzo di carburanti fossili, la deforestazione e altre attività inquinanti, stiamo producendo l’equivalente di 50 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno.

Questi dati sono emersi dalle centinaia di ricerche che vengono analizzate in questi giorni a Copenhagen. Numerosi professori universitari e scienziati sono venuti da tutto il mondo per riassumere i dati più recenti sul clima. In vista della scadenza del protocollo di Kyoto (nel 2012), gli esponenti dell’ONU si troveranno a Copenhagen a dicembre per firmare un nuovo trattato sul clima. Sta ora a questi scienziati di fare il punto della situazione climatica.

“Non ci sono praticamente buone notizie. Dobbiamo evitare un aumento della temperatura di 5-6°C”, dichiara Katharine Richardson, la professoressa che presiede il comitato scientifico del congresso. “Possiamo scordarci i 2°C”, ai quali le Nazioni Unite avevano fissato il limite dell’aumento della temperatura”.

Ipcc Pachauri
Il presidente dell'IPCC Dr. Pachauri
Dr. Rachendra K. Pachauri, presidente dell’IPCC e Premio Nobel 2008 per il clima, afferma che “anche l’aumento di un solo grado metterebbe a rischio la disponibilità di cibo e acqua.” Secondo le sue ricerche la temperatura globale è già aumentata di 0,7 gradi e entro il 2100 può aumentare di ulteriori 4 gradi (Times online).

Che conseguenze avranno questi aumenti di temperatura?

È impossibile dirlo con precisione, ma quel che più preoccupa gli scienziati di Copenhagen è l’effetto sul livello del mare. Le ultime ricerche rivelano infatti che la superficie degli oceani sta già salendo di 3mm l’anno dal ‘93. Questi dati superano qualsiasi modello dell’IPCC, chiarisce dottor John Church, del Centro di Ricerca di Meteorologia e Clima Australiano.

Essendo molto difficile da calcolare, lo scioglimento del ghiaccio di Groenlandia e Antartide non è stato compreso nei calcoli dell’IPCC sull’innalzamento degli oceani. Un omissione non da poco, visto che se la superficie ghiacciata della sola Groenlandia si sciogliesse causerebbe un innalzamento di sei metri (New Scientist).

Questa per ora è solo un’ipotesi: Church prevede che i mari si alzeranno “solo” di un metro o più entro il 2100. Tuttavia spiega che se anche si trattasse di soli 50cm si avranno conseguenze enormi: “I nostri studi sulle coste australiane dimostrano che le inondazioni che ora vengono previste ogni cento anni, si verificheranno più volte all’anno dal 2100.” (New Scientist).

Simbolo Onu
Il simbolo dell'Onu
Prima dell’Australia però, verranno colpite le zone più ‘basse’ del sudest asiatico: il Bangladesh, le coste cinesi e la regione attorno a Mumbai, nell’India.

Queste inondazioni non causeranno solo danni materiali: comportano centinaia di morti e milioni di rifugiati.

Le affluenze che l’agosto scorso hanno colpito il nord del Vietnam, ad esempio, hanno tolto vita a 127 e casa a migliaia di persone.

Il direttore dell’alto commissariato ONU per i rifugiati, Antonio Guterres, reputa che per ogni centimetro di innalzamento degli oceani ci saranno un milione di nuovi rifugiati. Come se il problema degli immigrati non fosse già insormontabile.

La possibilità di prevenire questi danni c’è ancora, almeno in parte. Le maggiori decisioni sono nelle mani dei politici, ma sta agli scienziati di Copenhagen di informarli sulla gravità del problema.

Si tratta “solo” di convincere i politici ad agire sulle basi di prove scientifiche. Ma il presidente dell’IPCC, Dr. Pachauri, teme “che i politici si facciano intimidire dal fatto di dover giudicare il valore di questi dati”. Per questo decreta: “È ora di passare all’azione.”

12 Marzo 2009 - Scrivi un commento
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2 lettori hanno commentato questo articolo:
20/5/09 07:16, Luca da Zena ha scritto:
Il nodo cruciale è che, nella maggior parte dei casi, le scelte sistemiche sono in cortocircuito: i media e la classe politica sono orientati dai gruppi di potere e condizionano il pensiero delle persone, l'equilibrio salta solo quando il danno è fatto. Chi non è allineato viene messo nell'angolo, scienziato o ambientalista che sia. Obama, forse, è l'eccezione, speriamo non confermi la regola. Forza e coraggio.
14/3/09 07:22, Rosanna Novara ha scritto:
Ho l'impressione che i politici, più che farsi intimidire dai dati scientifici, abbiano l'arroganza di volerli ignorare, pur di perseguire i loro obiettivi, al di là di ogni valutazione scientifica ed etica.
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