Bambini e psicofarmaci: il più atroce dei connubi

Allucinazioni, psicosi, stati maniacali, gravi danni al fegato (anche mortali): questi gli effetti collaterali riscontrati da una ricerca scientifica ufficiale statunitense su alcuni psicofarmaci per bambini in uso anche nel nostro paese. Abbiamo intervistato Luca Poma.

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di Valerio Pignatta

Logo mani dai bambini
Il logo di Giù le mani dai bambini
Luca Poma, oltre ad essere un giornalista, è il portavoce di Giù le mani dai bambini, il più importante Comitato nel nostro paese che si occupa di disagi dell'infanzia e di farmacovigilanza inerente. Con lui abbiamo cercato di capire meglio cosa sta accadendo e come mai si ricorra a terapie così pesanti e nocive per trattare bambini che, come è stato dimostrato più volte, possono guarire (se effettivamente malati) anche con altri tipi di intervento come quello nutrizionale o psicoterapeutico, senza accollarsi il carico di tali invalidanti effetti collaterali.

Luca Poma, è notizia recente che la Food and Drug Administration - l’Agenzia statunitense per il farmaco - abbia allertato medici e genitori sugli effetti collaterali anche gravi e mortali di alcuni psicofarmaci utilizzati per la cura dei bambini iperattivi, la cosiddetta sindrome ADHD (disturbo da iperattività e deficit d'attenzione). La domanda che sorge spontanea è: ma come vengono effettuati allora gli studi di base quando un farmaco viene approvato e prima di essere messo in commercio? Ma come è possibile che sia verificabile solo a posteriori la nocività di un farmaco e i suoi effetti collaterali?

“ Purtroppo la Food & Drug Administration trae sostentamento direttamente dai produttori: la parte preponderante del bilancio di quest’ente sanitario di controllo, che dovrebbe essere totalmente indipendente, deriva invece da versamenti delle multinazionali farmaceutiche , che pagano robusti diritti per ottenere l’autorizzazione ad effettuare qualunque sperimentazione. Inoltre, la maggior parte delle evidenze cliniche circa l’efficacia dei nuovi farmaci vengono fornite alla FDA dalle stesse aziende produttrici. Tragga il lettore le proprie conclusioni…”

Luca Poma
Luca Poma durante una conferenza
Nel nostro paese si parla di circa 162.000 bambini che potrebbero essere potenziali destinatari di questi trattamenti (progetto di screening “PRISMA”, promosso dal ministero dalla Salute). Quanti di questi sono già effettivamente in trattamento? Cosa spinge uno psichiatra a prescrivere uno psicofarmaco a un bimbo di pochi anni con un cervello in piena evoluzione? Le informazioni che dovrebbero instillare dei dubbi oggi sono sempre più abbondanti. Tenendo conto anche del fatto che buoni risultati terapeutici sono stati riscontrati con metodi meno invasivi come ad esempio la psicoterapia o la terapia nutrizionale.

“I minori attualmente in trattamento sono poche migliaia, ma d’altra parte i centri per la somministrazione di psicofarmaci ai minori sono aperti da meno di un anno, quindi è possibile – purtroppo – che il numero cresca. Più che altro è interessante notare che – laddove il farmaco dovrebbe essere un trattamento riservato ai casi limite - il 100% dei bambini iscritti al registro nazionale ADHD sono attualmente in terapia con psicofarmaci”.

Esistono studi che hanno sondato la condizione psicofisica di bambini/ragazzi dopo un lustro o un decennio di assunzione di questi farmaci? Se sì, come mai medici, istituzioni sanitarie e genitori non raccolgono e fanno proprie queste informazioni?

“Si, ne esistono, diversi sono anche pubblicati – e gratuitamente scaricabili – nella sezione Ricerca scientifica del nostro portale www.giulemanidaibambini.org, già tradotti in lingua italiana. Il problema tuttavia è che il farmaco “funziona”: seda il disagio molto rapidamente, e quindi è in linea con le esigenze tipiche di questa nostra società contemporanea: tutto e subito. Il prezzo che pagheranno questi bambini sul lungo periodo pare interessare poco o niente”.

Pillole
Migliaia di bambini vengono sedati con psicofarmaci rimanendo spesso vittime di danni permanenti
Vista la vostra approfondita esperienza sul campo, se doveste avere la possibilità di intervenire in modo indipendente e definitivo sul problema, cosa mettereste in atto per risolverlo? Come si può ovviare alla leggerezza con cui ci si avventa a curare i sintomi di una presunta malattia con farmaci così pericolosi, anziché interrogarsi sulle cause che hanno originato l'eventuale squilibrio e utilizzare metodi più dolci che vanno alla radice del problema? Come giungere a un'informazione generalizzata e cosciente sulla iatrogenesi? Senza contare la psicosi collettiva indotta dal moderno stile di vita in cui siamo precipitati, che andrebbe risolta a livello sociale con grandi effetti salutari a cascata su una miriade di altre patologie, e non ultimo sulla serenità dei nostri bimbi.

“Il problema è molto complesso, e purtroppo non può essere affrontato in una breve intervista, sennò correremmo il rischio di commettere lo stesso errore già commesso in USA: cedere alle lusinghe delle sirene dell’ “ipersemplicismo”. Possiamo tuttavia indicare delle “linee guida” generiche, tutte da approfondire, ma a nostro avviso efficaci:

1) blackbox (i riquadri neri, come per le sigarette) con i principali effetti collaterali bene in evidenza, perché com’è noto i bugiardini non li legge nessuno;

2) dichiarazione obbligatoria del conflitto d’interessi. Vogliamo sapere quali consulenze hanno dai produttori tutti i quadri e dirigenti dell’Agenzia Italiana del Farmaco e dell’Istituto Superiore di Sanità. Ciò deve valere anche per i ricercatori: quando qualcuno pubblica una ricerca scientifica che osanna lo psicofarmaco, è bene sapere se ha contratti in corso con chi quello psicofarmaco lo produce, e di quale entità;

3) più fondi per equipe multidisciplinari nelle ASL, sennò si approda allo psicofarmaco obbligatoriamente, in carenza di interventi alternativi strutturati;

4) screening medico completo obbligatorio prima di valutare la somministrazione di farmaci psicoattivi, perché molte patologie organiche “mimano” nei sintomi le patologie psichiatriche, e quindi si rischia di curare come psichiatrici problemi che invece sono pediatrici;

5) stabilire comunque un limite tassativo di tempo oltre il quale lo psicofarmaco non può essere somministrato, anche nei casi gravi, sennò si cronicizza una terapia che dovrebbe avere carattere eccezionale e temporaneo per affrontare crisi acute;

6) divieto assoluto di operazioni di marketing pro-psicofarmaco– diretto od indiretto – nelle scuole e sugli insegnanti, perché a scuola si deve studiare, e l’istituzione scolastica non può diventare l’anticamera dell’ASL;

7) più fondi per la ricerca realmente indipendente;

8) obbligo tassativo per i produttori a pubblicare anche quelle ricerche che hanno avuto esito negativo (ad oggi – detenendone il copyright – possono anche non pubblicarle);

Bambini che litigano
Spesso i bambini vivaci vengono "curati" con gli psicofarmaci, anziché con un po' di amore
Sono regole base dettate anche dal buon senso. Non dico che così si risolverebbero tutti i problemi, ma si farebbero certamente dei passi avanti. Ci sono diversi progetti di legge in Parlamento che vanno in questa direzione; speriamo che vengano rapidamente approvati, anche perché dal momento che la lobby del farmaco va in direzione opposta, arrivare ad una normativa nazionale sull’argomento è quanto mai urgente.

Mi permetto di concludere con un appello ai Vostri lettori: molto fa l’informazione, alle famiglie, nella scuola, nelle ASL, etc. Aiutateci come volontari, c’è modo di supportarci anche da casa Vostra, basta avere un PC ed una connessione internet. “Giù le Mani dai Bambini”® si regge totalmente sul lavoro dei volontari: abbiamo bisogno di Voi. Grazie!”

5 Marzo 2009 - Scrivi un commento
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