Amazzonia: la deforestazione continua

La crisi economica sembra averla temporaneamente ridotta, ma è un fatto circostanziale. Di fatto la devastazione in Amazzonia procede e ha fagocitato già milioni di ettari di forest. Al Forum Sociale Mondiale Greenpeace ha presentato un rapporto-denuncia, mentre Lula da Silva non cede in materia di infrastrutture, anche a scapito di aree della preziosa foresta.

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di Virginia Greco

Amazzonia: 100 per 100 criminali
Un'immagine della campagna di Greenpeace contro la deforestazione in Amazzonia
La crisi economica che il mondo sta attraversando si è infiltrata come un’onda lunga in qualunque settore e man mano i dati ne stanno portando alla luce gli effetti. Una recente analisi riguarda la foresta Amazzonica: negli ultimi cinque mesi del 2008 la deforestazione in tale regione è diminuita dell’82% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

La causa sarebbe la diminuzione della richiesta e il crollo dei prezzi di carne bovina e soia, che hanno reso il disboscamento, volto all’impiego delle terre per pascoli e coltivazioni intensive, meno vantaggioso in termini economici.

A mettere ciò nero su bianco è lo studio condotto dall’Organizzazione Non Governativa brasiliana Imazon, riportato in un fascicolo - pubblicato a metà gennaio - legato al progetto “Trasparenza Forestale”. Secondo i dati forniti, nel periodo compreso tra l’agosto e il dicembre del 2008 sono stati inceneriti 635 km2 di foresta tropicale, contro i 3433 km2 registrati nello stesso periodo dello scorso anno.

Verrebbe voglia di tirare un sospiro di sollievo, per una volta. Ma non è oro e non luccica neppure! Pochi giorni dopo, vale a dire lo scorso 29 gennaio, durante il Forum Sociale Mondiale ospitato dalla città brasiliana di Belem, l’associazione Greenpeace ha presentato un rapporto intitolato “Amazzonia arrosto, l’impronta ecologica dell’allevamento bovino nello stato del Mato Grosso”, nel quale è invece delineata una descrizione allarmante dello stato della più grande foresta originaria del mondo.

Incendi Amazzonia
Incendi nella foresta amazzonica
Dalla relazione di Greenpeace emerge che, se è vero che gli ultimi mesi del 2008 hanno visto una riduzione della deforestazione, i primi sette sono stati al contrario tragici: i dati messi a disposizione dal Brazilian National Research Institute dicono che tra gennaio e luglio la deforestazione è stata pari ad oltre una volta e mezzo quella dell’intero 2007.

Nell’arco di tempo compreso tra il 2000 e il 2007 nell’Amazzonia brasiliana più di 154.312 km2 di foresta (vale a dire un’area pari quasi alla superficie della Grecia) sono andati perduti. Le regioni in cui il fenomeno è più accentuato sono il Mato Grosso e Parà, seguiti da Rondônia, Acre e Amazonas.

Greepeace prende in analisi nello specifico la zona dell’Amazzonia inclusa amministrativamente nello Stato del Mato Grosso. L’area è stata monitorata per mezzo di un satellite MODIS (Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer) che ha fotografato periodicamente tutta la regione.

Nel rapporto, l’associazione ambientalista non si limita a fornire dati riguardo al disastro ambientale, bensì punta il dito su un fenomeno in larga ascesa nel paese, ossia il disboscamento (abusivo e non) praticato al fine di convertire i terreni forestali in pascoli per bovini (e, in minor parte, coltivazioni intensive di soia).

Lula
Il presidente Lula al momento rifiuta di intervenire drasticamente per fermare la deforestazione
Il Brasile possiede la mandria bovina più grande del mondo ed è il più importante esportatore di carne di tal tipo dal 2003. Proprio nel Mato Grosso, stato dal tasso di deforestazione più alto fin dal 1988, si trova il maggior numero di allevamenti e di relativi capi di bestiame.

“Occupare illegalmente suoli forestali è particolarmente conveniente da un punto di vista economico e rende l’allevamento bovino un’attività proficua e in continua espansione”, si dichiara nella relazione, che presenta anche una precisa mappatura delle aree destinate al pascolo nel Mato Grosso, corredata da grafici e comparazioni tra immagini riportate dal satellite.

Oltre a significare la distruzione di uno dei più incantevoli paesaggi della Terra, lo scempio perpetrato in Amazzonia porta alla messa in pericolo del più grande scrigno mondiale di biodiversità (tale ecosistema annovera 40000 specie di piante, 427 di mammiferi, 1294 tipi di uccelli, 378 di rettili, 427 specie anfibie e oltre 3000 di pesci) e provoca un vertiginoso aumento delle emissioni di gas serra nell’atmosfera.

In primo luogo, infatti, tale enorme foresta è in grado di trattenere dagli 80 ai 120 miliardi di tonnellate di carbonio, che diversamente sarebbero liberate nell’aria. Dall’altro lato, gli allevamenti di bestiame (in particolar modo quelli bovini) sono responsabili dell’immissione nell’atmosfera di elevate quantità di metano: possiamo dire che il consumo di un chilo di carne a scopi alimentari produce un emissione pari a quella di un passeggero su un volo aereo di 100 km.

Del resto il Brasile è al quarto posto nella classifica dei paesi emettitori a livello globale, secondo quanto riportato nel 2007 dal World Resources Institute.

Il Governo brasiliano dovrebbe puntare a raggiungere l’obiettivo Deforestazione Zero in Amazzonia entro il 2015, aumentando i controlli contro il disboscamento illegale, ma anche e soprattutto rivedendo le politiche economiche.

A parere di Greenpeace “il Governo non dovrebbe sostenere programmi che prevedono la sostituzione di aree forestali in piantagioni o allevamenti e anzi promuovere investimenti che stimolino le persone e le attività economiche verso l’uso e lo sviluppo forestale sostenibile.”

Il Presidente brasiliano Lula è intervenuto al dibattito in corso al Forum Sociale Mondiale dalle colonne del quotidiano conservatore Liberal, dopo aver deciso di disertare l’incontro organizzato dalle organizzazioni Sem Terra e Via Campesina per evitare contestazioni.


Il grafico rappresenta l’andamento del tasso di deforestazione annuale in Amazzonia e dei prezzi di carne e soia.
Interrogato sull’argomento, Lula ha affermato: “è possibile sviluppare la regione dell’Amazzonia senza distruggerla”, dichiarando però di non di non intender compiere alcun passo indietro riguardo alle politiche infrastrutturali avviate; al contrario, gli investimenti riservati al PAC (Programma di Accelerazione e Crescita), cioè il piano delle infrastrutture, aumenteranno del 26% entro il 2010.

Ma nuove infrastrutture comportano nuove distruzioni, senza contare che chi volesse sottrarre illegalmente terreni alla foresta troverebbe via facile, dato l’aumento della “penetrazione civile” nel cuore della terra amazzonica.

Si ricordi a tal proposito che nel maggio 2008 l’allora Ministra dell’Ambiente, Marina Silva, si dimise dall’incarico in seguito all’ennesimo scontro con la compagine governativa proprio in materia di salvaguardia ambientale. La Silva fu poi rimpiazzata dalla Ministra Dilma Rousseff, sostenitrice di ben altre idee, visto che è la coordinatrice del PAC, il quale include la costruzione addirittura di nuove grandi centrali idroelettriche in Amazzonia.

Occorre però dire anche che il Governo Lula nell’agosto dello scorso anno creò un Fondo Mondiale per l’Amazzonia, con l’obiettivo di raccogliere - entro il 2021 - almeno 21 miliardi di dollari di donazioni in favore della salvaguardia del polmone verde della Terra. Inoltre, in dicembre, annunciò il lancio di un nuovo ambizioso piano per la lotta contro il cambiamento climatico: riduzione della deforestazione del 70% entro il 2018.

Amazzonia
Fermare la deforestazione significa anche ridurre drasticamente le emissioni di Co2
In che modo, in termini pratici? Staremo a vedere.

Ad ogni modo il Presidente Lula sarà atteso al varco già a Copenhagen, nel dicembre 2009, quando si terrà il prossimo importantissimo incontro delle Nazioni Unite per il clima.

“Il Governo brasiliano dovrà presentare un protocollo che includa un fondo internazionale per la riduzione delle emissioni provenienti da deforestazione e degradazione e che faccia ricorso a meccanismi finanziari credibili per la protezione delle foreste”, si legge nel trattato “Amazzonia arrosto” di Grenpeace.

Senza dubbio, essendo la distruzione delle foreste tropicali la causa di un quinto delle emissioni di gas serra a livello mondiale, non è pensabile che si possa giungere ad un accordo sensato per arrestare i cambiamenti climatici senza fissare precise misure contro la deforestazione, in Amazzonia e non solo.

15 Febbraio 2009 - Scrivi un commento
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Un lettore ha commentato questo articolo:
31/3/09 10:43, esploratore ha scritto:
a me per un copmpito di scuola servivano i problemi che porta al pianeta e nn allo stato
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