Se mezza tonnellata di spazzatura all'anno vi sembra poca...

...pensate che questa è la quantità prodotta in un anno da un italiano medio, come rilevato dall'Apat nell'annuale Rapporto Rifiuti. Una marea di dati che proviamo a sintetizzare ed analizzare, da cui emerge una situazione critica ma, per certi aspetti, con ampi margini di miglioramento.

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di Miriam Giudici


Il 6 febbraio scorso l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici ha presentato il Rapporto Rifiuti 2007, che fotografa la situazione italiana dell'anno 2006 per quanto riguarda la produzione, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti urbani e speciali. Un lungo e accurato lavoro di contabilizzazione e comparazione di dati raccolti in ognuno degli ottomila comuni italiani – e un processo di elaborazione di stime laddove, ammette Apat, non è stato possibile effettuare rilevazioni dirette.

La percezione del problema rifiuti è ricavata dai cittadini da ciò che vedono, superficialmente, intorno a sé oppure attraverso i media, che si stanno occupando con toni giustamente drammatici dell'emergenza rifiuti di Napoli. Il Rapporto Apat consente di dare uno sguardo a una parte dello “scheletro” su cui poggia il problema: nude cifre che lette sulla carta possono sembrare inerti e poco significativi, ma che se correlate a quanto vediamo o sentiamo raccontare ogni giorno cominciano ad avere un senso.

Quindi, per prima cosa diamo i numeri: cerchiamo di evidenziare qualche dato significativo dalla grandissima quantità di stime, rilevamenti e misurazioni percentuali.

  • 563 chili: è quanto peserebbe un ipotetico sacco della spazzatura che contenesse i rifiuti urbani prodotti in 12 mesi da un italiano medio. Un numero frutto di una media: un abitante del Sud produce 509 chili l'anno, un italiano del Nord ne produce 544, mentre agli abitanti del centro va il poco ambito primato di maggiori produttori di rifiuti, con 638 chili a testa. Ancora, il record negativo spetta alla toscana (700 chili), mentre la regione più virtuosa è il Trentino Alto Adige (495).
  • 32,5 milioni di tonnellate è, così, quanto prodotto globalmente in Italia nel 2006...
  • ...e 123,12 euro è il costo annuale che raccolta, gestione e smaltimento di questi rifiuti fanno pesare, in media, sulle tasche di ogni italiano (dato del 2005).
  • 2,7% è l'incremento della produzione nazionale di rifiuti urbani rispetto all'anno precedente, con un aumento maggiore registrato nelle regioni del Nord (circa 3%).
  • 0,7% è la diminuzione in punti percentuali del ricorso alle discariche come modalità di smaltimento dei rifiuti (-37 discariche rispetto al 2005)...
  • ...ma dell'1,7% è la crescita quantitativa dei rifiuti che nelle discariche esistenti vengono inviati.
  • Quello del ricorso alla discarica, che a livello nazionale si conferma il metodo di gestione dei rifiuti più diffuso, è un dato che va analizzato nel dettaglio: infatti si va da regioni che smaltiscono in questo modo oltre il 90% dei rifiuti (Sicilia, Molise, Basilicata), a regioni che vi ricorrono solo per il 17%, come la Lombardia.

  • 25,8%: sono i rifiuti smaltiti in raccolta differenziata in Italia. Anche qui il divario fra macroaree è fortissimo: la raccolta differenziata conferma di non essere ancora entrata nelle abitudini dei cittadini del Centro (20%) e del Sud (10,2%), mentre è diffusa nelle regioni del Nord (40%)
  • e 40% era proprio l'obiettivo che per legge l'Italia si era prefissata di raggiungere entro il 31 dicembre 2007 per quanto riguarda la raccolta differenziata: il dato globale italiano del 2006 si dimostra troppo lontano (anche se si registra un incremento) perché sia possibile aver centrato l'obiettivo alla fine dell'anno appena trascorso.
  • Altri aspetti da sottolineare: esaminando i dati ancora più nel dettaglio vediamo che una regione poco virtuosa e tristemente alla ribalta delle cronache come la Campania presenta un mosaico di situazioni diversissime: ad esempio il 20% dei cittadini delle province di Avellino e Salerno risultano praticare la raccolta differenziata, mentre in provincia di Napoli lo fa solo l'8%. La Sardegna è invece la regione che ha fatto registrare il maggiore incremento della raccolta differenziata (dal 9,9% del 2005 al 19,8 del 2006): un grande sforzo in termini di organizzazione di diversi sistemi di raccolta che dà i suoi frutti.

Che cosa emerge dalla lettura di questi numeri?

Che la produzione di rifiuti continua a incrementare e che c'è una situazione negativa per quanto riguarda la raccolta differenziata (lontanissimo l'obiettivo del 40% che era stato pianificato per fine 2007) e per l'ancora massiccio ricorso all'uso delle discariche: “i dati del Rapporto Rifiuti 2007 confermano una grande sofferenza, ma sicuramente possono aiutare le Istituzioni ad adottare politiche adeguate per ridurre il nostro gap rispetto al resto d’Europa”, commenta il presidente dell'Apat Giancarlo Viglione.

Roberto Barbieri, presidente della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti, stigmatizza il basso ricorso ai termovalorizzatori: “Nel nostro Paese mancano ancora una parte delle infrastrutture necessarie per perfezionare il ciclo dei rifiuti, ma soprattutto le politiche a monte del ciclo stesso, con strumenti premiali e sanzionatori a seconda dei comportamenti adottati da cittadini ed aziende. La raccolta differenziata è importante, ma da sola non basta: servono le migliori tecnologie disponibili e, tra queste, i termovalorizzatori, dei quali va valutato l’impatto ambientale complessivo. Se aumentano le emissioni” osserva “è anche vero che i termovalorizzatori ‘spengono’ altre fonti inquinanti”. Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici, aggiunge che “l’aspetto più importante è quello di un’azione da svolgere a monte, senza trovarsi in difficoltà alla fine del ciclo dei rifiuti. Ad esempio, favorendo comportamenti virtuosi come la reintroduzione dei vuoti a rendere e di quelli ricaricabili, che esistono in tutta Europa, o incentivando economicamente le aziende che non usano imballaggi eccessivi”. Tommaso Sodano, presidente dell'omologa Commissione del Senato, è ancora più drastico: “Per risolvere il problema dei rifiuti occorre anzitutto ragionare sul nostro modello di consumo, non come si è fatto con alcune norme adottate finora. Ad esempio, quella sull’eliminazione delle buste di plastica a partire del 2010, sulla quale le aziende stanno facendo molta resistenza. L’obiettivo del 40% di raccolta differenziata previsto dalla legge non è poi irrealistico, a patto di essere duri con chi non ricicla. Significa sciogliere (e non limitarsi a commissariare) i comuni inadempienti, visto che questo provvedimento è già previsto nei casi in cui non si approva il bilancio comunale.”

La necessità di intervenire sul fronte della riduzione degli imballaggi e di un generale cambiamento degli stili di vita non è più rimandabile: ma è chiaro che, oltre a informare correttamente il cittadino e a incentivare il più possibile comportamenti virtuosi, quella che serve è una politica nazionale che prema, di fatto, sull'incremento della raccolta differenziata e predisponga un piano esecutivo che cambi radicalmente i cicli di gestione e smaltimento dei rifiuti, prima di tutto disincentivando il ricorso alla discarica.

Tuttavia, anche l'eccessivo ricorso all'incenerimento è una soluzione da evitare secondo il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza: “Bisogna penalizzare economicamente molto più di quanto fatto finora l’interramento dei rifiuti, con una nuova ecotassa regionale, e la produzione eccessiva da parte dei cittadini e delle aziende, applicando la tariffa puntuale (che cresce in maniera proporzionale alla produzione di rifiuti indifferenziati). E utilizzare, poi, le risorse ricavate solo per incentivare la diffusione delle buone pratiche per la prevenzione dei rifiuti e quella delle raccolte domiciliari, già adottate con successo in diverse parti d’Italia”.


Gli obiettivi che l'Italia si è data in materia di gestione sostenibile dei rifiuti possono apparire quasi irraggiungibili alla luce del rapporto Apat, è importante non perdere di vista i segnali positivi: esperienze come quelle della Sardegna, che ha puntato decisamente su un piano preciso e fattibile di raccolta differenziata e ha ottenuto grandi risultati, fanno riflettere sul fatto che le singole regioni possano migliorare di molto – e che questo miglioramento andrebbe sostenuto da politiche molto ferme e decise a livello nazionale. Se finora non sono state attuate per paura di impopolarità, veti incrociati, o volontà di non ledere gli interessi di qualcuno, questa situazione deve cambiare: le abitudini delle persone possono cambiare – lo dimostra la Sardegna – e pratiche che oggi sembrano essere poco accettate in alcune parti d'Italia potrebbero esserlo a breve, in realtà, se sono fortemente sostenute dalle istituzioni, se si investe sulle infrastrutture e soprattutto se il cittadino viene informato sugli effetti positivi dei suoi gesti quotidiani.

Che si vedranno sensibilmente sue tasche, sul suo territorio, sulla sua vita di tutti i giorni.

Il Rapporto Rifiuti 2007 dell'Apat è consultabile integralmente a questo indirizzo: www.apat.gov.it

10 Febbraio 2008 - Scrivi un commento
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