Nucleare, Sarkozy prosegue la corsa: nuovi reattori di terza generazione

Mentre la costruzione del primo reattore nucleare di terza generazione non è giunto ancora a compimento, il presidente Sarkozy annuncia il progetto di realizzarne un secondo e forse un terzo. La corsa al nucleare francese non accenna a bloccarsi. E’ evidente che il presidente e le imprese coinvolte nella costruzione delle centrali mirino ad esportare all'estero l'energia prodotta.

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di Virginia Greco

Flamanville
Flamanville, sito del primo EPR francese, più volte attaccato da Greenpeace
Si trova a Flamanville, in Normandia, il cantiere che porterà alla luce il primo EPR (European Pressurised Reactor) francese, reattore ad acqua pressurizzata detto di terza generazione. Stando alle previsioni, a fronte di un costo capitale molto più elevato (più del doppio) rispetto a quelli di seconda generazione, esso produrrà in fase operativa il doppio dei MW per ogni tonnellata di uranio inserito riducendo al contempo di quasi il venti per cento la quantità di scorie emesse.

I lavori iniziati nel 2006 termineranno nel 2012. Al progetto partecipa per la prima volta anche l’Italia con una società Enel. “E’ un investimento abbastanza grosso, più di 450 milioni di euro, quindi e’ una scelta strategica”.- afferma Christina Mavet, presidente di Enel France - “E’ chiaro che dopo queste competenze nel nucleare potranno essere utilizzate in altri paesi, per esempio in Italia”.

Flamanville è stata più volte attaccata da Greenpeace che ha messo in luce i problemi sorti durante la costruzione della centrale che non lasciano ben sperare in fatto di sicurezza. “Cemento di bassa qualità, fessure nel calcestruzzo, assenza o difettosità dell’armatura, presenza di personale non qualificato e addirittura modifiche al progetto - non autorizzate - in corso d’opera”, sono alcune delle svariate irregolarità, evidenziate dall’associazione ecologista, che hanno provocato via via interruzioni nei lavori del cantiere.

Altrettante sono le preoccupazioni per i nuovi progetti lanciati da Sarkozy.

E’ evidente che la Francia non ha bisogno di tanti nuovi reattori per garantirsi l’autonomia energetica. Dietro questa corsa all’edificazione di nuove centrali ci sono solo interessi economici.

Molti paesi in cui non si possono costruire impianti che producano energia dall’atomo in realtà acquistano energia di tale origine dalla Francia: si pensi alla nostra Italia. Questo rappresenta un grande affare per il paese d’Oltralpe e, soprattutto, per l’azienda Areva, numero uno nel mondo per la costruzione di centrali nucleari. Si prevede, per l’appunto, che nel prossimo decennio si avrà un significativo aumento delle esportazioni di elettricità francese, che dovrebbero arrivare ai 129 TW/h nel 2020 contro i 63 TW/h attuali.

Una centrale nucleare
Interno di una centrale nucleare
“Queste decisioni sono indegne della nostra democrazia” - tuona Frédéric Marillier, responsabile della Campagna Energia di Greenpeace France - “il Presidente non può porsi al servizio dei grandi gruppi industriali. Al contrario, deve pensare una politica energetica che meriti questo nome e che faccia l’interesse collettivo”.

Il procedimento tramite cui queste scelte sono state prese appare ben poco democratico. Non c’è stata un serio dibattito politico né una discussione parlamentare, le parti sociali non sono state interrogate; addirittura non è stato consultato il ministro dell’energia, figura di primo piano in sede di politica energetica.

Le lobby industriali del settore premono, ma è responsabilità di chi governa garantire la sicurezza della popolazione. I progettisti di questi nuovi impianti EPR li pubblicizzano come estremamente sicuri. Essi, evoluzione di quelli precedenti di tipo PWR, presentano come contenitore esterno una parete doppia di cemento armato molto spesso, rinforzato con contrafforti: ciò dovrebbe renderli resistenti ad eventuali impatti di aerei di linea nonché ai terremoti di più elevata intensità. Ma prima ancora di giungere ad eventi estremi come sismi e attentati terroristici i danni potrebbero essere causati da ben più “comuni” incidenti.

Nell’ultimo anno, infatti, si sono registrati oltre dieci eventi indesiderati: perdite di piccole quantità di uranio, fuoriuscita di acqua contaminata o sostanze inquinanti. Per quanto si tratti di incidenti di piccola portata la frequenza con cui si verificano è preoccupante.

Anche il futuro dei residui radioattivi resta una grande incognita del nucleare francese. Sull’individuazione di un luogo sicuro e definitivo in cui interrare le scorie è aperto da tempo un dibattito nazionale che non è approdato ancora ad una soluzione definitiva.

A proposito di tale questione, Gulven Greillat, Responsabile Strategia industriale di produzione EDF, si esprime nei termini seguenti: “I residui, racchiusi in vetro fuso e in contenitori d’acciaio, vengono interrati a La Hague. Per l’insieme del parco nucleare francese dall’inizio del suo funzionamento occupano uno spazio grande quanto una piscina. Questa e’ la soluzione transitoria d’interramento. E’ sicura, e’ semplice ma quella che si immagina come soluzione da preferire e’ uno stoccaggio definitivo profondo nel centro della Francia. C’e’ un incontro nel 2015 davanti al Parlamento francese per la decisione sulla costruzione di questo centro”.

Nicolas Sarkozy
Nicolas Sarkozy
Di sicuro la Francia non farà passi indietro sulla scelta nucleare; dopo la crisi energetica petrolifera del 1973, essa si è data come imperativo categorico il raggiungimento dell’indipendenza energetica e nel giro di 35 anni è arrivata ad essere il paese più nuclearizzato d’Europa, secondo al mondo solo agli Stati Uniti. Se ripensamenti non sono auspicabili, ci si augura - se non altro - che, invece di lanciarsi in una politica dettata da interessi puramente economici e industriali, il governo francese applichi buon senso e salvaguardi gli interessi del proprio popolo. E’ proprio quanto richiede a gran voce in questi giorni Greenpeace France. “Chiediamo che venga stabilito un tavolo di discussione al quale partecipino le diverse parti politiche, di maggioranza ed opposizione, e che si coinvolga nel dibattito anche l’opinione pubblica” - precisa Frédéric Marillier.

Da questa parte delle Alpi non c’è da dormire sonni tranquilli. L’interesse di Enel Italia nella costruzione dei nuovi reattori di terza generazione potrebbe essere l’avvisaglia di un cambiamento di tendenza. Le pressioni delle lobby potrebbero affacciarsi anche in Italia e troverebbero un terreno fertile visto che vari esponenti politici, da tempo, hanno rispolverato la proposta del nucleare come panacea per la problematica energetica.

26 Gennaio 2009 - Scrivi un commento
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