Proprio con l’intenzione di “vederci più chiaro” abbiamo intervistato lo scienziato australiano Tim Flannery, autore de I Signori del clima (2006, Ed. Corbaccio), testo essenziale per comprendere dove ci stiamo avviando e come evitare di andare dalla parte sbagliata in termini di catastrofe ambientale.
"In primo luogo, ormai da tempo, la Terra è interessata da un fenomeno di riscaldamento della sua superficie e ciò comporta molteplici conseguenze. L’evento più grave in assoluto provocato da tale riscaldamento è lo scioglimento della calotta polare artica che genera molto rapidamente un pericoloso innalzamento del livello dei mari: si parla, infatti, di un aumento di almeno 6/7 metri. A ciò si aggiunge la variazione del gradiente della temperatura tra i poli e l’equatore che determina una serie di mutamenti a livello dell’intera situazione climatica dell’emisfero nord come, ad esempio, un incremento di intensità dei cicli delle piogge, dei venti e delle correnti al quale si aggiunge anche l’intensificazione di condizioni climatiche più estreme. In particolare va sottolineato che, aumentando il calore, il sistema di alimentazione delle forze atmosferiche diventa sempre più potente dal punto di vista energetico".
Anche lo Tsunami del dicembre 2005 affonda le sue radici nell’inquinamento atmosferico e nel riscaldamento del globo?
"No, si tratta di cause diverse. Lo Tsunami 2005 è stato causato dallo spostamento della crosta terrestre. Esiste però una serie di cicli naturali determinati dalle forze climatiche del nostro pianeta come, ad esempio, quelli che hanno portato all’era glaciale ed al passaggio a periodi più caldi.
Noi “scienziati” conosciamo molto bene queste forze naturali e, ad oggi, siamo anche concordi nel ritenere che il surriscaldamento del globo cui stiamo assistendo non abbia assolutamente nulla a che fare con questo tipo di cicli o schemi naturali. Al contrario, l’attuale riscaldamento è dovuto all’inquinamento, a sua volta causato dalla combustione dei carburanti fossili. Sfortunatamente questo tipo di inquinamento è invisibile, non riusciamo a vederlo a occhio nudo, per cui per la comunità è più difficile tenerne a mente in modo costante la presenza: questo è il grande problema. Di fatto, però, possiamo misurare questo degrado e determinarne, quindi, le catastrofiche conseguenze".
A che punto siamo con il protocollo di Kyoto?
"La situazione è ancora molto confusa. Pur essendo entrato in vigore nel 2005, vi sono ancora paesi, come gli Stati Uniti e l’Australia, che al momento non hanno accettato le restrizioni relative al “problema inquinamento” e ciò causa, ovviamente, enormi difficoltà. D’altro canto se alcuni paesi dell’Unione europea recentemente hanno annunciato obiettivi molto più ambiziosi di quelli stabiliti precedentemente dal protocollo di Kyoto, altri stanno incontrando enormi problemi nel rispettare quelli prefissati: uno di questi paesi è senza dubbio l’Italia. Va detto, però, che il problema è innanzitutto di carattere etico.
Nel corso delle nostre attività quotidiane, noi stessi produciamo inquinamento: facciamo la doccia, consumiamo la colazione, ci prepariamo un caffé... Questi semplici atti producono sostanze inquinanti che rimarranno nell’atmosfera un altro secolo e ciò mette in pericolo anche il futuro dei nostri nipoti. Ecco perché si tratta di una questione etica e di rispetto nei confronti delle generazioni future. Abbiamo il dovere, la necessità di ridurre ora i nostri livelli di inquinamento".
"Non è complicato. Si può dotare la propria abitazione di un impianto di riscaldamento dell’acqua a sistema solare oppure ci si può rivolgere al proprio fornitore di elettricità per informarsi se l’energia che utilizziamo deriva da fonti non inquinanti. Possiamo anche decidere di andare a lavorare a piedi o in bici, usare lampadine ed elettrodomestici a risparmio energetico, sollecitare il nostro datore di lavoro ad effettuare una valutazione dei consumi energetici. Tutto questo non è solo un modo per risparmiare soldi, si tratta soprattutto di attività che possono diminuire il tasso di inquinamento".
L’odierna tecnologia è in grado di affrontare un ricambio immediato delle fonti energetiche?
"Sì. Esiste già tutta la tecnologia di cui abbiamo bisogno; ciò che manca è la forza di operare questo cambiamento, la volontà etica di cui ho parlato prima. Ciò di cui abbiamo veramente bisogno è che i responsabili dell’inquinamento inizino a pagare; infatti, solo nel momento in cui esisterà veramente una tassa sulle emissioni inquinanti si inizieranno a vedere i primi reali investimenti in tal senso e solo allora le aziende cominceranno a credere nello sviluppo di una nuova “tecnologia” destinata alla produzione di energia. La consapevolezza dei cittadini da una parte, la volontà e la determinazione politica dall’altra sono gli elementi che tutt’oggi ancora mancano e senza i quali non ci possono essere i presupposti per affrontare la questione con la dovuta rapidità dettata dall’emergenza. Una delle maggiori difficoltà risiede nel nostro essere ormai assuefatti all’utilizzo dei combustibili fossili, all’esserne totalmente dipendenti, proprio come si diventa dipendenti da un cattivo stile di vita. Pur essendo vero che è necessario del tempo prima che queste cattive abitudini abbiano un impatto davvero negativo sulla nostra vita, è altrettanto vero che alla fine possono uccidere. Questo è ciò che è successo al nostro pianeta: la nostra dipendenza dai combustibili fossili sta avvelenando poco a poco la Terra. La società, in genere, non sembra però essere ancora consapevole dei cambiamenti climatici in atto. A tale proposito ricordo che tempo fa il medico mi misurò la pressione e mi avvertì che era troppo alta, sottolineandomi che correvo il rischio di infarto e di ictus. Gli risposi che stavo benissimo, chiedendogli quali fossero i sintomi dell’ictus e dell’attacco cardiaco; la risposta fu: la pressione alta. Allo stesso modo, il riscaldamento del globo è per la Terra il segnale della catastrofe imminente".
Quali sono e da dove provengono i gas serra più
dannosi?
"Il gas serra più pericoloso di tutti è certamente l’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili quando, ad esempio, bruciamo petrolio o gas naturale oppure quando utilizziamo energia elettrica derivante da carbone. Tutte queste attività comportano l’emanazione nell’aria di enormi quantità di anidride carbonica; è sorprendente rendersi conto dell’entità di CO2 liberata nell’aria. È bene ricordare che il carbone è quasi carbonio allo stato puro e, quando brucia, un atomo di carbonio si combina con diversi atomi di ossigeno dando vita a molecole molto grandi: bruciando una tonnellata di carbonio si dà origine a 3,7 tonnellate di anidride carbonica. Questo ci permette di comprendere come partendo da un piccolo atomo si arrivi ad enormi quantità di molecole di anidride carbonica. Il secondo gas serra più pericoloso è il metano, componente principale del gas naturale. Le quantità di metano liberate nell’atmosfera nell’ultimo decennio, fortunatamente, non sono aumentate trasformandosi in cifre esorbitanti; ciò in quanto, paradossalmente, il riscaldamento del globo ha prosciugato alcuni acquitrini dove viene prodotto il metano".
"Non conosco i dati precisi, ma so per certo che in Italia il numero di queste centrali negli ultimi anni è aumentato. Negli anni ‘80 in Italia è stata presa una decisione molto importante, tentando di eliminare tutte le centrali nucleari senza però pensare ad introdurre altre fonti di energia rinnovabile. In tal senso non si è stati lungimiranti. Questo tipo di politica energetica ha costretto il vostro Paese ad un’ulteriore dipendenza dal carbone che, peraltro, acquista a prezzi altissimi. Si è trattato di una mossa incomprensibile: grazie al suo clima, l’Italia potrebbe utilizzare adeguatamente l’energia solare; inoltre dovrebbe rivedere completamente il suo sistema di produzione di elettricità introducendo le opportune fonti rinnovabili come i pannelli solari (Solar Hot Water), l’energia eolica ed idroelettrica e, magari, l’energia nucleare. Passeggiando per le grandi città italiane, sono rimasto colpito dalla quantità di negozi di calzature e di abbigliamento e, guardando i prezzi, mi sono reso conto che un paio di scarpe di lusso ha lo stesso prezzo di un sistema di riscaldamento dell’acqua a fonte solare (Solar Hot Water). Sarebbe bellissimo se un nuovo status symbol non fosse più possedere un paio di belle scarpe, ma aver scelto un sistema di riscaldamento sostenibile e che le nuove generazioni considerassero segno di distinzione possedere qualcosa che aiuta la vita del Pianeta invece di distruggerlo…".
Quanto tempo occorre affinché i gas serra si dissolvano nell’aria?
"Il 56% di tutti i gas serra che abbiamo prodotto in una sola mattina con le nostre normali attività giornaliere rimarrà nell’atmosfera per almeno un secolo durante il quale tali gas avranno riscaldato la superficie terrestre e, quindi, avranno causato effetti negativi non solo per noi, ma anche per i nostri figli. Personalmente non voglio lasciare questo tipo di eredità ai miei figli, ma vorrei lasciare loro un mondo pulito".
Ipotizzando che, da questo momento, si rispettassero i limiti imposti dal protocollo di Kyoto, in quanto tempo sarebbe possibile ridimensionare l’inquinamento e il cambiamento climatico?
"Non è semplice rispondere a questa domanda essendo il sistema assai complesso. In linea di massima ci vorrà più o meno un secolo per stabilizzare nuovamente l’atmosfera".
Nel suo libro ha intitolato un capitolo “Le porte del tempo”. Cosa intende con questo termine?
"Con la definizione “porte del tempo” individuo i momenti in cui i sistemi climatici del nostro pianeta iniziano a riorganizzarsi. Per fare un esempio, quando appoggiamo il dito sull’interruttore della luce e cominciamo a premere, non accade nulla finché, all’improvviso, al momento dello scatto si accende la luce. Così avviene anche per la “porta del tempo”: il riscaldamento aumenta poco a poco, creando un aumento di pressione, ma senza grandi effetti visibili fino a quando, ad un certo momento, la situazione climatica cambia drasticamente. Purtroppo, di questi eventi ci si accorge solo in maniera retrospettiva in quanto il clima è molto variabile ed è dunque necessario molto tempo per rendersi conto se alcuni anni prima si sia o meno verificata una “porta del tempo”. Personalmente, credo che tra qualche tempo guarderemo, purtroppo, al 2005 come ad una di queste “porte” in quanto proprio in quell’anno si sono verificate enormi trasformazioni a livello della calotta polare artica ed è stata registrata una pesante stagione di uragani con picchi di forza e di intensità mai visti a livello globale, come ad esempio Katrina. Si tratta comunque di cambiamenti relativamente piccoli rispetto a quelli cui assisteremo quando la calotta polare artica si sarà sciolta del tutto: allora sì che vedremo trasformazioni ben peggiori".
Nel caso in cui non si adotti alcuna strategia per evitarlo, è possibile conoscere quando si verificherà lo scioglimento della calotta polare artica?
"La previsione, purtroppo, non è difficile: le stime ci fanno valutare che lo scioglimento totale della calotta polare artica nel periodo estivo accadrà nell’arco di 5-15 anni. In tal senso scomparirà la copertura di ghiaccio della Groenlandia e ciò causerà l’innalzamento del livello dei mari di 6-7 metri. Se tutto ciò avverrà, improvvisamente molte città costiere saranno sommerse, 500 milioni di persone rimarranno senza tetto, molti porti e aeroporti diverranno inutilizzabili. Questo gravissimo dissesto ambientale avrà ripercussioni su tutte le società della Terra. Basti infatti pensare a certe paure causate dall’immigrazione per rendersi conto di quali drammi può creare la presenza di un così elevato numero di rifugiati: tutti correranno a difendere il proprio “orticello”. Se pensiamo, inoltre, alla disponibilità di armi nucleari, ci aspetta un’era buia in cui le peggiori armi verranno utilizzate per difendere le poche risorse rimaste. Le mie affermazioni possono sembrare estreme, esagerate, ma basta ricordare quanto accaduto quando avvenne lo scioglimento dei ghiacciai 15.000 anni fa: il livello del mare salì di 120 metri…".
Non sembra, però, che ci si renda conto di tutto ciò…
"È vero e, proprio per questo, giro il mondo e parlo con tanta gente. Ci vorranno cinque anni, magari venti, nessuno può stabilirlo con certezza, ma siamo tutti d’accordo che lo scioglimento dei ghiacciai è ineluttabile e non lontano nel tempo. Ciò che veramente importa è ciò che facciamo oggi…".
"Nessuna di queste tecnologie avrà il monopolio totale, sono propenso a credere, invece, che sia utile ed efficace un mix di tutte queste possibilità. Una delle più efficaci è il Solar Hot Water, un sistema di coperture nere che intrappolano la luce solare e l’acqua. Grazie alle condizioni climatiche favorevoli, in Italia tutti potrebbero usufruire di questo sistema che, peraltro, ha un costo contenuto e che invece, paradossalmente, è poco conosciuto. L’energia eolica rappresenta attualmente solo il 10% della produzione di energia in Italia.
In questo caso, tuttavia, la situazione è più problematica in quanto il vento non è costante e, dunque, la griglia di torri eoliche dovrebbe essere molto vasta e ciò potrebbe rappresentare una difficoltà. Abbiamo inoltre il fotovoltaico, ovvero i pannelli solari che producono direttamente elettricità, ma che funzionano solo in occasione di giornate di sole. Insomma, non è certo facile soddisfare tutte le esigenze energetiche di un Paese, ma è altrettanto certo che in vista del pericoloso quanto imminente mutamento climatico, il carbone è assolutamente da bandire. In questa ottica anche il gas naturale, meno inquinante del carbone, è già preferibile e risulta essere una buona alternativa. Infine, possiamo utilizzare l’energia nucleare e l’energia geotermica: quest’ultima, però, ha una tecnologia ancora relativamente giovane per cui non è prevedibile che essa possa essere al momento utilizzata su vasta scala.
Per tutti questi motivi credo che per molti paesi sia necessario rivolgersi all’energia nucleare. Lo dico in maniera riluttante in quanto sono a conoscenza dei rischi legati al nucleare ma, allo stato attuale, credo sia addirittura meno grave dell’utilizzare il carbone".
In Francia l’emissione globale di inquinamento è inferiore rispetto a quello dell’Italia dal momento che produce e utilizza energia nucleare?
"Le emissioni francesi sono inferiori rispetto a quelle italiane relativamente all’energia utilizzata a scopo residenziale in quanto deriva da fonte nucleare. Uno dei problemi di questo sistema di produzione consiste nell’impossibilità di conservare l’energia prodotta; pertanto dobbiamo cominciare ad utilizzare l’energia in modo più efficiente e ad usare un decimo dell’elettricità che oggi consumiamo: ricorriamo a lampadine e ad elettrodomestici che consentono di risparmiare energia da sei a sette volte, non lasciamo mai gli elettrodomestici in stand by, stacchiamo sempre la spina, spegniamo le luci inutili…".
Ma l’energia nucleare, non è eccessivamente pericolosa rispetto ai suoi benefici?
"La consapevolezza in merito ai cambiamenti climatici rappresenta una sfida non solo per i politici, ma per l’intera popolazione e per gli stessi ambientalisti, in quanto implica una riconsiderazione di prese di posizione e delle conseguenti battaglie.
Anch’io, ad esempio, per lungo tempo sono stato un forte oppositore all’utilizzo dell’energia nucleare fino a che non mi sono reso conto in prima persona dell’impellenza e della gravità dei problemi ambientali, per cui sono stato costretto, in un certo senso, a cambiare opinione in merito al nucleare.
Sono cosciente che questa energia porta con sé alcuni rischi e pericoli, primo fra tutti il problema della proliferazione di armi nucleari ma, detto questo, penso che il nucleare rappresenti la soluzione meno “brutta” al momento. Io stesso sono il primo a dire: “magari ci fosse un’alternativa”. Per ora, purtroppo, è il minore di tutti i mali…".
Professor Flannery, crede vi siano interessi politici ed economici che impediscono la diffusione dell’energia alternativa?
"Di sicuro è così. Ovviamente, dal punto di vista economico è molto più conveniente per le aziende produttrici pubbliche distribuire energia piuttosto che vendere una sola volta il mezzo per prodursela da soli, come potrebbe avvenire nel caso dei pannelli solari…".
7 Gennaio 2009 - Scrivi un commento