Così il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza commenta l’ondata di maltempo che ha investito l’Italia causando vittime, ingenti danni e gravi disagi soprattutto nella Capitale dove è ancora alta l’allerta per le condizioni del Tevere.
“Il rischio frane e alluvioni interessa il 70% dei comuni italiani, praticamente quasi tutto il territorio nazionale" - ha proseguito Cogliati Dezza - "ma a guardare i dati che ogni anno raccogliamo dai comuni più esposti al pericolo, ci troviamo di fronte a un quadro disastroso: il 77% dei comuni dichiara di avere abitazioni in zone a rischio, il 30% ha addirittura in queste aree interi quartieri e oltre la metà fabbricati industriali. Ma più preoccupante è che questi comuni non investono abbastanza sulla manutenzione e solo il 37% realizza opere di prevenzione e messa in sicurezza”.
Secondo l’indagine Ecosistema Rischio 2008 la maggior parte dei comuni più a rischio risulta pronto ad affrontare l’emergenza (l’82% dei comuni ha un piano d’intervento) ma ancora nel 42% non viene realizzata una manutenzione ordinaria delle sponde dei fiumi e il 63% è in forte ritardo nella prevenzione. Ci sono amministrazioni poi che addirittura non fanno nulla per la sicurezza del territorio (24%) e pochi (5%) quelli che svolgono attività di delocalizzazione (l’abbattimento degli edifici presenti nelle aree più a rischio e la ricostruzione delle strutture in zone sicure), solo il 4% lo fa per i fabbricati industriali.
“In nostri volontari sono oggi insieme a quelli della Protezione civile per dare il loro contributo in questo difficile momento" - ha aggiunto Cogliati Dezza - "ma l’Italia deve decidersi a puntare sulla prevenzione. Da troppo tempo gli amministratori sottovalutano il rischio idrogeologico e investono pochissimo sulla manutenzione dei corsi d’acqua e la situazione è aggravata dall’abusivismo, dall’urbanizzazione irrazionale, dal disboscamento dei versanti oltre che dall’ormai evidente mutamento climatico. Mitigare il dissesto idrogeologico significa innescare un percorso virtuoso anche per l’economia perché considerando i danni, costa meno prevenire che curare. I comuni inizino quindi a delocalizzare le abitazioni, gli insediamenti industriali, le attività agricole e zootecniche nelle aree a rischio realizzando un piano straordinario di manutenzione di fossi e fiumi e adeguando le reti fognarie”.
12 Dicembre 2008 - Scrivi un commento