Opinioni a confronto

Questa volta parliamo di... INCENERITORI



Abbiamo interpellato i responsabili scientifici di Greenpeace, Legambiente e WWF per sapere quale sia la posizione ufficiale delle tre associazioni ambientaliste sugli inceneritori e per analizzare insieme a loro soluzioni e possibili alternative.

Sintetizzando, possiamo dire che mentre Greenpeace e WWF sono contrari in ogni caso all’utilizzo degli inceneritori e auspicano la chiusura degli impianti esistenti, Legambiente si dice disposta a tollerarne l’esistenza in determinate condizioni, ma solo come ultima ratio, dopo aver cioè percorso ogni altra possibile soluzione.

Molti, però, sono i punti che accomunano le tre associazioni.

Vittoria Polidori, perché Greenpeace è contraria agli inceneritori?

La nostra associazione è contraria agli inceneritori e ad ogni forma di combustione principalmente per due motivi: da un lato va considerato il potenziale impatto di questi impianti sia a livello sanitario che ambientale; dall’altro il ricorso agli inceneritori pone un problema di gestione dei rifiuti, perché aumentando il numero degli impianti, o la loro capacità, aumenta la quantità di rifiuti che si può incenerire minando, in questo modo, qualsiasi operazione di prevenzione della produzione dei rifiuti e sopratutto di recupero finalizzato al riciclaggio dei materiali.

Quali i rischi per la salute umana?

Se è vero che gli impianti di oggi non sono più quelli degli anni ’70 o ’80 e che le moderne tecnologie hanno notevolmente limitato le emissioni inquinanti è pur vero che non si può distruggere ciò che entra nell’inceneritore. La massa di rifiuti immessa nell’impianto viene quindi solo in parte trasformata in emissioni gassose (che nonostante tutto sono ancora inquinanti). Una frazione residua, poi, viene restituita sotto forma di materia solida, di ceneri, che sono un concentrato di rifiuti altamente tossici.

Quindi non esistono inceneritori sicuri?

No, perché di fatto l’emissione di sostanze come la diossina non può essere azzerata.

Cosa proponete in alternativa?

Noi siamo contrari agli inceneritori anche perché crediamo che privilegiare quella strada significhi inficiare tutte quelle strategie che dovrebbero essere perseguite prima:

- la riduzione dei rifiuti;

- la raccolta differenziata porta a porta finalizzata al riciclaggio dei materiali contenuti nei rifiuti;

- il potenziamento del ricorso al compostaggio a tutti i livelli.

Adottando queste misure si arriverebbe ad un quantitativo di rifiuti da gestire irrisorio; si parlerebbe di un 30% rispetto alla produzione attuale. Questo 30 % potrebbe essere gestito con altre tecnologie - come ad esempio quelle del trattamento meccanico-biologico - che ricorrono a sistemi che non contemplano alcuna combustione.

Cosa pensi della scelta del governo di costruire quattro nuovi inceneritori in Campania?

Noi non l’abbiamo mai condivisa. A gennaio Greenpeace ha cercato di dare una risposta rapida all’emergenza decennale (parlare di emergenza per una situazione che va avanti da 15 anni è quanto meno strano...) con un progetto di raccolta differenziata porta a porta su cinquanta famiglie di Napoli. In una sola settimana abbiamo raggiunto il 70% di raccolta differenziata. Abbiamo quindi dimostrato che volere è potere. Certo, cinquanta famiglie non sono minimamente comparabili alla popolazione di Napoli, ma abbiamo dato un esempio emblematico di quello che si poteva fare.

A partire da luglio in alcune zone di Napoli è stato avviato questo sistema di raccolta che sta prendendo piede anche se molto lentamente.

Cosa fare con gli inceneritori esistenti?

Prima di tutto non bisognerebbe costruire nuovi forni o ampliare quelli esistenti. Purtroppo, invece, la politica del governo va in questa direzione. La cosa peggiore è che lo fa attraverso gli incentivi agli inceneritori. È questo il perno economico della gestione dei rifiuti. Vengono dati incentivi economici a chi gestisce inceneritori attraverso la vendita dell’energia elettrica che viene pagata il triplo rispetto al normale range. È grazie a questi incentivi che gli inceneritori sono competitivi sul mercato. I costi di costruzione e gestione in sicurezza, infatti, sono altissimi. Non dimentichiamoci, inoltre, che a valle di un inceneritore ci vuole sempre una discarica che, in questo caso, deve contenere rifiuti pericolosi (le ceneri prodotte dagli impianti) e quindi richiede costi maggiori.

Il problema politicamente più grave, quindi, è che gli incentivi non siano dati a politiche finalizzate riciclo o alla sostenibilità, ma agli inceneritori. C’è quindi una politica sbagliata.

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Stefano Ciafani, qual è la posizione di Legambiente sul tema dei rifiuti?

Noi partiamo dal principio delle quattro r: Riduco, Riutilizzo, Riciclo, Recupero.

Prima di tutto, quindi, bisogna fare in modo che i rifiuti si possano Ridurre; bisogna poi incentivare il Riutilizzo degli oggetti allungando così il ciclo di vita dei prodotti e allontanando il momento in cui questi diventeranno rifiuti; abbiamo poi un primo recupero di materia attraverso il riciclaggio da raccolta differenziata; infine, i rifiuti altrimenti non riciclabili possono essere destinati al recupero di energia prodotta tramite la loro combustione.

Attraverso questo procedimento vanno ridotti al minimo le quantità di rifiuto che vanno in discarica; quest’ultima, infatti, deve essere sempre l’ultima opzione disponibile e residuale.

L’importante è il modo in cui vengono distribuiti i pesi all’interno di questo processo: bisogna cercare di Ridurre il più possibile la produzione dei rifiuti; bisogna Riciclare almeno secondo i limiti minimi previsti dalla legge nazionale in vigore che prevede che entro il 2012 il 65 % dei rifiuti vada riciclato; e solo il restante 35 % - quello che non può essere altrimenti riciclato - si può bruciare, in modo da portare in discarica solo l’ultima frazione residuale.

Questo 35 % va bruciato con inceneritori e affini?

Noi abbiamo sempre detto che i rifiuti trasformati in cdr - combustibile da rifiuti, possibilmente di qualità - dovrebbero essere prima orientati verso la combustione in impianti industriali esistenti adeguatamente ambientalizzati, e quindi i cementifici, piuttosto che le centrali che purtroppo bruciano ancora carbone o altri impianti che possono bruciare questo combustibile da rifiuti. Dopo di che, se i quantitativi da bruciare negli impianti esistenti non esauriscono il quantitativo di rifiuti di cdr prodotto, allora e solo allora si può pensare di fare impianti dedicati, quindi inceneritori ex novo.

Cosa mi dici sul tema della sicurezza degli inceneritori?

I moderni impianti di incenerimento ovviamente hanno degli standard di sicurezza maggiori di quelli di 20 anni fa; anche i limiti di legge negli anni sono diventati sempre più stringenti.

Il problema è far sì che questi limiti vengano controllati da un ente terzo.

Della diossina ci si ricorda sempre e solo quando bisogna fare gli impianti di incenerimento e ci si dimentica che ci sono anche fonti industriali che ne emettono tanta, come ad esempio le acciaierie.

Quindi il problema della diossina è molto più ampio e riguarda sì gli impianti di incenerimento, ma non solo. In Italia il 90 % della diossina da fonte industriale la produce l’acciaieria dell’Ilva di Taranto e non gli inceneritori.

Altri inquinanti come le polveri ultrafini vanno monitorate molto attentamente, perché spesso sono talmente fini che rischiano di non venire intercettate se non cercate in maniera adeguata. Bisogna quindi fare adeguati monitoraggi, ma anche in questo caso bisogna considerare non solo gli inceneritori, ma anche le fonti di inquinamento industriali. È un problema che va affrontato e tenuto a bada perché è piuttosto pericoloso per la salute.

Cosa pensi della costruzione di quattro inceneritori in Campania?

Berlusconi ne ha già preannunciato un quinto! Per quanto mi riguarda cinque inceneritori sono una follia... Secondo me bisogna di sicuro far partire l’impianto di Acerra. Poi un secondo impianto potrebbe servire per smaltire il pregresso, come stabilito anche da una commissione di esperti nominati dall’allora commissario Panza. Prevederne un terzo, un quarto, un quinto è veramente una follia. Bisognerebbe importare rifiuti da fuori regione per sfruttarli!

E poi c’è uno scandalo assoluto: per gli inceneritori campani è stato previsto di nuovo il Cip 6, il vecchio sistema di incentivazione economica che era stato pensato nel ’92 per le fonti rinnovabili, ma che è stato esteso poi alle fonti assimilabili, inquinanti, e che in questi anni è andato per l’80 per cento alle fonti inquinanti come il gas prodotto dalla gassificazione dei residui di raffineria e all’energia prodotta dagli inceneritori che bruciano rifiuti non biodegradabili e che non sono quindi prodotti rinnovabili.

Questo scandalo era stato affrontato in seguito alla procedura d’infrazione avviata dall’Europa attraverso l’approvazione delle finanziarie 2006 /2007 del governo Prodi. In seguito, però, sempre il governo Prodi aveva concesso una deroga per il finanziamento dell’inceneritore di Acerra. Infine, la scorsa estate, il governo Berslusconi ha dato una deroga per l’inceneritore di Salerno, Napoli e Santa Maria la fossa (il secondo, il terzo e il quarto), e adesso.. chissà... Il ministro Prestigiacomo ha già annunciato che si potrebbe concedere la deroga anche agli impianti siciliani, pugliesi, laziali... insomma si sta riaprendo la stagione dei Cip 6 che sono un’assoluta vergogna, perché quei soldi -prelevati dalle bollette elettriche degli italiani con una tassa - erano stati pensati per promuovere le rinnovabili e invece hanno incentivato l’energia elettrica da fonti inquinanti.

Esistono inceneritori sicuri?

Gli inceneritori sono oggi tecnologicamente più adeguati. Ci sono normative sulle emissioni abbastanza stringenti, però bisogna fare in modo che questi impianti siano adeguatamente controllati dagli enti pubblici e questo non sempre avviene.

Ma esiste un inceneritore sicuro, vicino al quale si possa vivere tranquillamente?

I nuovi impianti, se sono progettati, costruiti e gestiti per bene, hanno emissioni in atmosfera che non hanno niente di diverso rispetto ad altri impianti industriali.

Studi epistemologici che dimostrano che vivere vicino agli inceneritori sia più pericoloso che vivere vicino ad altri impianti industriali non sono mai stati pubblicati. Il problema delle polveri ultra fini è un problema che riguarda tutte le fonti industriali compresi gli inceneritori, ma non riguarda solo gli inceneritori. È un problema molo più complesso e articolato che va affrontato sotto tutti i punti di vista. Insomma, prendersela solo con gli inceneritori significa prendersela solo con una fonte che, tra l’altro, è minoritaria.

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Massimiliano Varriale, qual è la posizione del WWF sugli inceneritori come soluzione al problema dei rifiuti?

IL WWF ritiene gli inceneritori non risolutivi del problema dei rifiuti, ma anzi potenzialmente in grado di aggravarlo ulteriormente. Mi spiego: un impianto di incenerimento costituisce una sorta di linearizzazione di quei flussi di materia ed energia che dovrebbe essere invece evitata, perché noi dovremmo ispirarci a quelli che sono i sistemi naturali che tendono a riciclare anziché “buttare”.

L’essere umano, invece, preleva qualcosa dagli ecosistemi naturali, lo lavora per destinarlo a qualche uso e, con una grande rapidità, lo trasforma nuovamente producendo un rifiuto che deve essere smaltito con grandi problemi per l’ambiente e per la salute umana.

La questione che dobbiamo affrontare, quindi, non è tanto “inceneritore sì o inceneritore no”. Il problema che dovremo porci è qual sia il miglior modo di gestire i rifiuti.

Posto che il miglior rifiuto è quello che non si produce, andare a premiare o sviluppare tecnologie inquinanti che si sostengono sfruttando un sistema inefficiente - e gli inceneritori ne sono il massimo esempio - appare sbagliato da un punto di vista tecnico e scientifico.

Quello che tu stai proponendo, quindi, è una soluzione a medio termine?

Generalmente gli inceneritori vengono presentati come una soluzione taumaturgica a breve termine, ma non è affatto vero perché realizzare gli inceneritori richiede tempi non trascurabili. Le filiere corte - che permettono di eliminare il problema alla radice, limitando la produzione di rifiuti e organizzando sistemi di raccolta differenziata basati sul porta a porta finalizzati a recuperare il massimo quantitativo e qualitativo di materia - si organizzano invece in pochi mesi con risultati concreti e veloci.

L’inceneritore sta alla soluzione dei problemi rifiuti come l’impianto nucleare sta alla soluzione del problema energetico. Di fatto stiamo parlando di impianti che non danno una reale soluzione, ma stanno in piedi soltanto grazie a meccanismi distorti di mercato.

Esistono inceneritori sicuri?

Per capire cosa esce da un inceneritore bisogna prendere in considerazione mille aspetti. Prima di tutto, quale tipologia di rifiuti entra nell’impianto? Come sono controllate e tenute le temperature in camera di combustione? Come viene gestita la fase di post-combustione? Sono veramente tante le variabili e quindi questo rende oggettivamente difficile garantire la sicurezza di un impianto. Persino un impianto a biomasse deve essere gestito con molta attenzione. In quel caso, però, almeno sappiamo che stiamo parlando di una tipologia omogenea di combustibile in entrata e quindi dovremmo avere uno spettro molto più ristretto di sostanze inquinanti che possono essere emesse dal camino.

Conosci le ricerche di Stefano Montanari sulle nanoparticelle? Cosa ne pensi?

Certo che le conosco. E oltre alle sue ricerche c’è molta altra letteratura scientifica in questo senso. Anche l’Unione Europea sta promuovendo molti studi sul problema delle nanopolveri.

Queste ricerche sono fondamentali. Più il particolato (le polveri emesse dagli inceneritori) è fine, infatti, più è in grado di superare la barriera polmonare. Il particolato in sé non è nocivo, dipende dalla sua composizione. Dagli studi degli ultimi dieci anni è emerso che nei processi di combustione - soprattutto in quelli ad alta temperatura - e negli impianti di incenerimento che contengono anche dei metalli pesanti all’interno, questo micro particolato si carica di sostanze particolarmente tossiche. È questo uno degli aspetti fondamentali messi in luce dalla ricerca di Montanari e Gatti, la sua compagna, che fanno veder al microscopio elettronico a scansione questo tipo di sostanze che entrano in circolo nel corpo umano diventando dei potenti catalizzatori per i processi cancerogeni e tumorali.

Considerando quanto dici, sembra impossibile che vogliano costruire altri inceneritori in Campania.

Non bisogna pensare che siano soltanto gli impianti di incenerimento a liberare questo tipo di sostanze. Qualunque trattamento termico libera sostanze potenzialmente nocive. Chiaramente gli inceneritori, proprio per il materiale eterogeneo che trattano, sono più pericolosi perché trattano sostanze completamente diverse tra loro. È la fisica che ci insegna che quando si brucia qualche cosa la si trasforma in qualcos’altro. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. La massa, quindi, bene o male si conserva: quando bruciamo un solido circa i due terzi finiscono nell’atmosfera come composti e sostanze inquinanti e il resto finisce in discarica sotto forma di cenere. Bruciando qualche cosa si finisce quindi con il concentrare sostanze inquinanti in un volume più ristretto, più ridotto.

E quindi per affrontare l’emergenza rifiuti in Campania l’unica soluzione è abbattere la produzione dei rifiuti?

Assolutamente sì; noi come WWF l’abbiamo detto e ripetuto anche prima del commissariamento, quindi da oltre 15 anni. La priorità deve essere sempre data alla riduzione a monte della produzione dei rifiuti attuando quelle politiche che servono a ridurre la produzione di imballaggi e di rifiuti inutili e stringendo accordi con la grande distribuzione per sviluppare pratiche come quelle del vuoto a rendere, della diffusione dei prodotti alla spina e così via. Ci sono ormai decine di esperienze che dimostrano cosa si possa fare concretamente per far si che certi rifiuti inutili non si producano. Detto questo, vanno chiaramente introdotte e diffuse anche le pratiche della raccolta differenziata con il sistema porta a porta, quindi raccolta domiciliare in grado di intercettare la massima quantità possibile di materia abbinabile a cicli di recupero. A quel punto siamo disponibili a ragionare su che cosa fare della frazione residuale.

Ma per questa frazione residua l’inceneritore non sarebbe una soluzione?

No, assolutamente. Incenerire i rifiuti serve soltanto a ridurre apparentemente volume e massa. Soprattutto il volume, perché la massa si compatta, ma aumenta in pericolosità perché ricordiamoci che se i due terzi di un processo di combustione finiscono in atmosfera, un terzo si trasforma in cenere e scorie. Queste finiscono in discarica o addirittura - come si è cercato di fare in questi anni - vengono inertizzate e miscelate con il cemento o con altri composti utilizzati anche per costruire edifici. Il problema è che col passare del tempo queste sostanze incominciano a rilasciare composti inquinanti che sono dannosi per la salute umana...

Cosa proponete di fare, quindi, con la frazione residua?

Per la frazione residuale dei rifiuti i trattamenti a freddo presentano impatti ambientali, sanitari ed economici notevolmente più bassi. Gli inceneritori, infatti, sono insostenibili anche dal punto di vista economico. È solo grazie alla sbagliatissima prassi del Cip 6 (prassi che dirotta fondi destinati alle fonti rinnovabili, a quelle “assimiliabili”, come il carbone e gli inceneritori che producono energia elettrica) che la costruzione di questi impianti sembra economicamente vantaggiosa. Quello che dico è dimostrato dal fatto che quando stavano venendo meno i fondi garantiti dal Cip 6 il bando di gara per l’assegnazione del completamento dei lavori dell’impianto di Acerra si era bloccato.

Secondo il WWF cosa bisogna fare con gli inceneritori già esistenti?

Prima di tutto dovrebbero essere intensificate le forme di controllo sugli impianti. Questi sono generalmente inadeguati. Un impianto di incenerimento arriva ad emettere oltre 250 tipi di sostanze potenzialmente nocive per la salute umana e per l’ambiente; di queste probabilmente soltanto una ventina viene monitorato con una certa attenzione.

Quindi bisogna migliorare il quadro dei controlli di questi impianti e far si che le prescrizioni che sono state assegnate loro siano rispettate nel modo più puntuale possibile.

Una volta fatto ciò, questi impianti dovrebbero andare a progressiva chiusura, senza essere sostituiti.

Come detto all’inizio, il problema dei rifiuti non è un problema tecnologico. Non esiste alcuna tecnologia in grado di risolvere un problema di natura gestionale, comportamentale, di stili di vita. Bisogna riorientare i modelli di produzione e consumo.

Riduciamo i rifiuti a monte con tutte le possibili opzioni, poi tariamo gli impianti per il recupero di materia nel modo più adeguato possibile e solo a quel punto, per la parte residuale, valutiamo in maniera corretta dal punto di vista tecnico e scientifico quelle siano le reali e migliori soluzioni. E di certo, tra queste non troveremo gli inceneritori.

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14 Novembre 2008 - Scrivi un commento
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