Bussi: il nemico nel rubinetto

Lo scandalo di Bussi e dell’acqua “potabile” della Val Pescara, che per decenni ha sgorgato dai rubinetti delle case ricca di sostanze nocive. Un disastro di portata europea sulla pelle di 500.000 abruzzesi.

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di Giancarlo Simone Destrero


Lo scandalo emerso dalla chiusura delle indagini sul disastro ambientale di Bussi, adombra una serie di reticenze politiche inquietanti, un coinvolgimento di tanti enti e tante personalità istituzionali che hanno chiuso gli occhi e taciuto ai cittadini, per meri interessi gestionali, il pericolo degli effetti di quella che è risultata essere la più grande discarica abusiva d’Europa.

Questi i fatti: nel Luglio del 2007, il WWF fa analizzare l'acqua dei rubinetti della Val Pescara, provenienti dai Pozzi Sant'Angelo, a valle delle megadiscariche abusive di Bussi, riscontrando alte concentrazioni di contaminanti. A Bussi, infatti, sono state riscontrate una marea di sostanze nocive, sepolte accuratamente e scivolate inesorabilmente nelle falde e nei pozzi.

Megadepositi abusivi che hanno generato acqua che l'Istituto superiore di sanità ha dichiarato «non idonea al consumo umano» ma che per decenni è stata distribuita nelle case. In questo comune abruzzese sul fiume Tirino, per lunghissimo tempo i rifiuti sono stati sistematicamente smaltiti. Nei siti, scoperti dalla Forestale, sono stati nascosti materiali dell'industria chimica pesante, dagli anni '60 ai '90.

Sono venute alla luce quattro discariche: una di esse, la più imponente, è di 165mila metri cubi, su un'area di 33mila metri quadrati, vicino alla stazione, nei pressi dell'ex Montedison e a meno di 20 metri dalla sponda destra del fiume Pescara. Qui sarebbero finiti rifiuti di ogni genere, compresi quelli contenenti cloroformio, tetracloruro di carbonio, esacloroetano, tricloroetilene, triclorobenzene, metalli pesanti; tonnellate di sostanze pericolose e cancerogene che possono provocare danni agli organi interni come fegato, reni, colon.

L’aggravante, che evidenzia una gestione ambientale criminosa e che getta fango su tutta la casta politica, è che successivamente all’analisi delle falde acquifere della zona ed al conseguente avvio dell’inchiesta, il WWF aveva dimostrato come molti Enti fossero a conoscenza dell'inquinamento dei pozzi Sant'Angelo fin dal 2004, senza però aver mai provveduto ad informare i cittadini.

Tutto questo nonostante le smentite di alcune delle persone attualmente indagate, tra cui il presidente dell'Azienda Consortile Acquedottistica, Bruno Catena, e l'allora presidente dell'Ambito Territoriale Ottimale sull'acqua, Giorgio D'Ambrosio.


Dichiara Dante Caserta, Presidente del WWF Abruzzo: “Siamo di fronte ad uno scandalo di livello europeo che coinvolge quella che era la più grande azienda chimica italiana: nella valle dei fiumi Tirino e Pescara è stata realizzata la più grande discarica abusiva di rifiuti tossici d’Europa. Il quadro di inquinamento emerso dalle indagini è di proporzioni inimmaginabili, visto che le sostanze tossiche e cancerogene in falda superano i limiti di legge per centinaia di migliaia di volte. La situazione è ancora più grave perché questo inquinamento ha determinato la distribuzione a circa 500.000 persone di acqua che l’Istituto Superiore di Sanità, smentendo l’Azienda Consortile Acquedottistica, l’Ambito Territoriale Ottimale e la ASL, ha dichiarato “non idonea al consumo umano”.

È il completo fallimento del sistema di gestione, controllo e prevenzione dell’acqua denunciato dal WWF in questo anno e oggi portato alla luce grazie all’impegno del Corpo Forestale dello Stato guidato dal Dr. Guido Conti e dalla Magistratura nella persona del Pm Aldo Aceto. Le responsabilità dei singoli saranno accertate dalla Magistratura, verificando così anche la situazione di quanti in questi anni sapevano e non hanno fatto nulla.”.

30 Maggio 2008 - Scrivi un commento
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