Ecco che spuntano fuori le padelle di ferro, quelle buttate negli anni passati perché non antiaderenti; quelle che si lavano solo con acqua calda asciugandole poi con uno straccio pulito. Il culto del cibo e del bere derivava nel passato dalla fame sincera che si aveva; ora prova la decadenza dell’impero. Sedersi e mangiare cibi deliziosi a tavola è facile, basta pagare. Ma quando si è a piedi o a cavallo sulle montagne e si vuol star lontano dal profitto per poter gustare appieno i magnifici comfort che la Natura sempre offre, dobbiamo portare sulla sella tutti i viveri. E cucinarli diventa arte parallela e ingegnosa: per gustarla, lo spirito deve saper essere sereno e semplice.
Ecco che si torna al concetto del non-spreco, della frugalità dello spazio aperto. Possiamo mettere una squisita fetta di lardo nella padella di ferro, accendere un bel fuoco, o il fornellino se siamo troppo in alto per poter trovare legna, buttar dentro i fagioli per farli rosolare. Prima però si prende il pane per farlo scaldare e renderlo morbido, un pizzico di sale, un cucchiaio per sbattere tutto in gola. Lasciando liberi gli occhi di guardare il mondo che, piano, si srotola sotto.
(Mauro Ferraris, “Cucina da campo”, da “I Quaderni dell’Alpitrek”, www.alpitrek.com)
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