DIRITTI UMANI

Il discorso di Sankara sulla crisi

Mentre l'Occidente è impegnato a districarsi tra i cavilli dell'ennesima crisi economica e politica, vi proponiamo un estratto del discorso che Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso, pronunciò alla Conferenza di Addis Abeba il 29 luglio 1987. Un discorso sulla crisi, che parte dall'esperienza dell'altra metà del mondo. Meno di tre mesi dopo, Sankara venne assassinato.

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thomas sankara
"Quando ci parlano di crisi economica, dimenticano di dirci che la crisi non è venuta all’improvviso. La crisi è sempre esistita"
"Quando ci parlano di crisi economica, dimenticano di dirci che la crisi non è venuta all’improvviso. La crisi è sempre esistita e si aggraverà ogni volta che le masse popolari diverranno più coscienti dei loro diritti, di fronte allo sfruttatore. Oggi c’è crisi perché le masse rifiutano che le ricchezze siano concentrate nelle mani di qualche individuo. C’è crisi, perché qualche individuo deposita nelle banche estere delle somme colossali, che basterebbero a sviluppare l’Africa. C’è crisi, perché di fronte a queste ricchezze individuali che si possono nominare, le masse popolari si rifiutano di vivere nei ghetti. C’è crisi perché i popoli rifiutano dappertutto di essere dentro Soweto di fronte a Johannesburg. C’è quindi lotta, e l’esacerbazione di questa lotta preoccupa chi ha il potere finanziario.

Ci si chiede oggi di essere complici della ricerca di un equilibrio: equilibrio a favore di chi ha il potere finanziario, a scapito delle nostre masse popolari. No, non possiamo essere complici. Non possiamo accompagnare nelle loro azioni assassine quelli che succhiano il sangue dei nostri popoli e vivono del sudore dei nostri popoli. Sentiamo parlare di “club”: Club di Roma, Club di Parigi, Club di dappertutto. Sentiamo parlare di Gruppo dei Cinque, dei Sette, dei Dieci, magari dei Cento o che so io. È normale che anche noi creiamo il nostro club e il nostro gruppo. Solo così potremo dire, oggi, che rifiutando di pagare non avremo intenzioni bellicose. Al contrario: intenzioni fraterne. Del resto, le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che vogliono sfruttare l’Africa sono gli stessi che sfruttano l’Europa: abbiamo un nemico comune.

È normale oggi che si preferisca riconoscere che i più grandi ladri sono i più ricchi. Un povero, quando ruba, non commette che un peccatuccio: per sopravvivere, per necessità. I ricchi: sono loro che rubano al fisco, alle dogane. Sono loro che sfruttano il popolo. Quando diciamo che il debito non sarà pagato non vuol dire che siamo contro la morale, la dignità, il rispetto della parola. Noi pensiamo di non avere la stessa morale degli altri: tra il ricco e il povero non c’è la stessa morale. La Bibbia, il Corano, non possono servire nello stesso modo chi sfrutta il popolo e chi è sfruttato: c’è bisogno che ci siano due edizioni della Bibbia e due edizioni del Corano.

E vorrei terminare dicendo che ogni volta che un paese africano compra un’arma, è contro un africano. Non è contro un europeo o un asiatico: è contro un africano. Perciò, sulla scia della risoluzione del problema del debito, dobbiamo trovare una soluzione al problema delle armi. Io sono un militare e porto un’arma, ma vorrei che ci disarmassimo. Allora, cari fratelli, col sostegno di tutti, potremo fare la pace a casa nostra. Potremo usare le sue immense potenzialità per sviluppare l’Africa, perché il nostro suolo e il nostro sottosuolo sono ricchi. Abbiamo abbastanza braccia, e un mercato immenso: da nord a sud, da est a ovest.

burkina faso
Il Burkina Faso è venuto a esporre qui la Cotonnade, prodotta e tessuta in Burkina Faso, cucita in Burkina Faso per vestire i burkinabé
Facciamo in modo che a partire da Addis Abeba decidiamo di limitare la corsa agli armamenti tra paesi deboli e poveri. I manganelli e i coltellacci che compriamo sono inutili. Facciamo in modo che il mercato africano sia il mercato degli africani. Produrre in Africa, trasformare in Africa, consumare in Africa. Produciamo quello di cui abbiamo bisogno e consumiamo quello che produciamo, anziché importarlo.

Il Burkina Faso è venuto a esporre qui la Cotonnade, prodotta e tessuta in Burkina Faso, cucita in Burkina Faso per vestire i burkinabé. La mia delegazione e io stesso siamo vestiti dai nostri tessitori, dai nostri contadini. Non c’è un solo filo che venga dall’Europa o dall’America. Non faccio una sfilata di moda, voglio solo dire che dobbiamo accettare di vivere africano: è il loro modo di vivere liberi e di vivere degni. Patria o morte, vinceremo.

La mia, ripeto, non è una provocazione. Col sostegno di tutti, di cui ho molto bisogno, potremo evitare di pagare, consacrando le nostre magre risorse allo sviluppo. Vorrei che la nostra conferenza adottasse la necessità di dire chiaramente che non possiamo pagare il debito. Non in uno spirito bellicoso: questo, per evitare che ci facciamo assassinare individualmente: se il Burkina Faso, da solo, si rifiuta di pagare il debito, io non sarò più qui alla prossima conferenza..."

Thomas Sankara, 29 luglio 1987

Articolo tratto da www.libreidee.org

11 Giugno 2010 - Scrivi un commento
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