Acque bresciane: i comuni “ribelli” vengono commissariati

La Regione Lombardia decide il commissariamento dei 19 comuni bresciani che mantengono ancora una gestione diretta e pubblica dell’acqua e si rifiutano di firmare la Convenzione di adesione all’A.ATO.

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di Laura Pavesi

mattinzoli sindaco sermione
A Sirmione il Consiglio comunale ha incaricato il sindaco, Alessandro Mattinzoli, di fare ricorso al Tar di Brescia
Da oltre un anno 19 comuni della provincia di Brescia si rifiutano di firmare l’adesione all’A.ATO (Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale) nata in seguito alla riorganizzazione della gestione dei servizi pubblici prevista dalla Legge 36/1994 (nota come “Legge Galli”). La normativa regionale prevede che l’Autorità d’Ambito di Brescia, che ha il compito di gestire il Servizio Idrico Integrato (cioè acquedotti, reti fognarie e impianti di depurazione presenti su tutto il territorio provinciale) sia costituita da 207 Enti locali: la provincia di Brescia insieme ai 206 comuni, e contempla che ogni singolo Ente ne sottoscriva l’adesione. Alla luce dell’Art. 15 del Decreto Legislativo 135/2009, però, esiste la possibilità concreta che l’A.ATO consenta ai privati di entrare nella gestione del SII con quote rilevanti, che partono dal 40% per arrivare, in teoria, fino al 100%. Il motivo che trattiene i 19 comuni “ribelli” dal firmare gli atti, quindi, è che non esiste alcuna garanzia che in futuro l’A.ATO rimanga a totale partecipazione (o almeno a maggioranza) pubblica.

A dicembre 2009 risultavano ancora inadempienti 21 comuni su 206, pertanto la regione Lombardia, in un primo momento, aveva scelto di sollecitare i sindaci ad approvare e/o sottoscrivere (a seconda dei casi) gli atti di adesione all’A.ATO entro fine anno. Ma di fronte all’adesione di soli due Comuni e all’ostinato rifiuto delle altre 19 comunità, ha deciso di passare alle vie di fatto, esercitando i poteri sostitutivi e nominando, a fine gennaio 2010, un commissario ad acta con il compito di firmare al posto dei sindaci “ribelli”.

Ma la risposta dei Comuni non si è fatta attendere. A Sirmione il Consiglio comunale ha incaricato il sindaco, Alessandro Mattinzoli, di fare ricorso al Tar di Brescia contro la deliberazione regionali n. VIII/11097 del 27 gennaio 2010. A differenza degli altri comuni che si affacciano sul Lago di Garda, i cui servizi idrici sono stati affidati dall’A.ATO al consorzio pubblico Garda Uno S.p.A, “il SII di Sirmione è gestito, dalla captazione alla fonte alla fatturazione, dalla Sirmione Servizi S.r.l, costituita dal Comune al 60% e dalla stessa Garda Uno al 40%” come ci conferma il sindaco.

“Otto anni fa circa” prosegue Mattinzoli, “il nostro Comune ha iniziato una graduale ma costante sostituzione di tutte le tubature, accompagnata dalla sostituzione periodica di tutti i filtri. Se questa gestione venisse affidata ad enti estranei alla realtà locale - siano essi pubblici o privati - la comunità perderebbe il controllo diretto sulla propria acqua. Dalle analisi dell’ASL risulta che la nostra acqua potabile è di buona qualità ed io personalmente bevo acqua del rubinetto”. E aggiunge: “Per l’importanza che riveste per noi la gestione dell’acqua, sia in termini di qualità sia in termini di tariffe, abbiamo comunicato all’A.ATO di voler mantenere la nostra società di gestione e di essere pronti a dare battaglia”.

Dello stesso parere è Pietro Bisinella, sindaco di Leno, comune della campagna bresciana, ricco di fonti e risorgive naturali. A Leno il servizio idrico è in house, cioè gestito al 100% dal comune in tutte le sue fasi. “Se la gestione dei servizi idrici da parte dell’A.ATO dovesse rispondere allo spirito di aiutare i comuni più piccoli nelle fasi di depurazione, sistemazione delle reti fognarie ecc. attraverso economie di scala e contenimento delle tariffe, non avremmo obiezioni. Ma il decreto Ronchi complica le cose” prosegue Bisinella “prevedendo l’ingresso dei privati nella gestione dei SII con una quota minima (e non massima) del 40%. Se la gestione dell’acqua deve dare un eventuale utile, ne devono beneficiare la comunità e l’ambiente; se invece la gestione è funzionale agli interessi dei privati, allora non siamo d’accordo. La gestione in house ci consente di avere un controllo diretto sulla qualità della nostra acqua. Le analisi vengono fatte dall’ASL ogni 15 giorni e ne confermano l’ottima qualità, tanto che durante le sedute del Consiglio comunale si beve acqua di rubinetto”.

referndum acqua
Nonostante le buone intenzioni dei sindaci, i comuni non sono tutelati di fronte al commissariamento
Nonostante le buone intenzioni dei sindaci, i comuni non sono tutelati di fronte al commissariamento. “Siamo soli in questa battaglia” ci conferma Bisinella “In pratica non abbiamo strumenti per difenderci rispetto agli Enti gerarchicamente superiori. Il consiglio comunale ha già deliberato di inserire nello Statuto il riconoscimento dell’acqua come bene comune pubblico e del servizio idrico integrato quale servizio pubblico locale privo di rilevanza economica. E stiamo anche verificando coi nostri legali la possibilità di unirci al ricorso al Tar di Brescia contro le deliberazioni regionali, ma di fatto il Decreto Legislativo 135/2009 supera la normativa regionale. Temo che l’unica speranza concreta per noi sia il referendum nazionale di abrogazione dell’art. 15 del decreto Ronchi”.

Mattinzoli aggiunge che “il commissariamento ad acta sarebbe una contraddizione in termini giuridici. La Legge Finanziaria 2010 stabilisce che a fine anno devono essere aboliti tutti i consorzi di funzione fra gli enti locali, ATO compresi. L’adesione all’A.ATO, quindi, anche se fatta da un commissario nominato dalla regione Lombardia, sarebbe del tutto illogica. A questo proposito siamo già stati contattati da una decina di comuni “ribelli” sia per avere informazioni sull’iter giudiziario intrapreso sia per portare avanti eventuali azioni comuni in difesa dell’acqua pubblica”.

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8 Marzo 2010 - Scrivi un commento
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