Lobby del nucleare alla riscossa, c'è chi dice si e chi no

Da almeno un paio di anni si è ricominciato a parlare con insistenza di nucleare, qualche paese, come come la Germania prova a resistere, altri, come l’Italia, accolgono le multinazionali dell’atomo a braccia aperte.

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di Andrea Boretti

nucleare multinazionali
Da almeno un paio di anni si è ricominciato a parlare con insistenza di nucleare, qualche paese prova a resistere, altri, come l’Italia, accolgono le multinazionali dell’atomo a braccia aperte
Ormai è da qualche tempo, almeno un paio di anni, che le lobby del nucleare si sono rifatte sotto. In Italia, complice la vittoria alle elezioni del centro-destra hanno avuto vita facile al punto che, poco dopo essersi insediato il governo, Berlusconi ha annunciato il clamoroso ritorno al nucleare. Certo la cosa non sarà semplice, ma il processo, seppure tra mille polemiche, è in divenire e ormai pare si debba solamente - si fa per dire - stabilire dove costruire le nuove (vecchie) centrali di terza generazione.

Più complicata la situazione negli Stati Uniti dove Obama sembra dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Da un lato, infatti, programma la costruzione di 2 nuove centrali a 30 anni dall'ultima realizzazione, dall'altro annuncia un clamoroso taglio agli armamenti atomici dando il la alle richieste di Belgio, Germania, Olanda, Norvegia e Lussemburgo che chiedono il ritirino degli armamenti americani nucleari dalle loro basi in Europa. Solo l'Italia, tra i paesi che ospitano questo tipo di armi sul proprio territorio, non ha aderito alla richiesta dei partner europei.

In Germania, seppur con fatica, sembrano invece riuscire a resistere alle pressioni delle multinazionali dell'atomo. Il ministro dell'ambiente tedesco Norbert Roettgen ha calcolato che per il 2030 la Germania rinuncerà al nucleare. Per quella data, infatti, il ministro stima che la Germania riuscirà a ottenere il 40% del proprio fabbisogno energetico da fonti rinnovabili. A quel punto con gli impianti nucleari più recenti con un'età di 40 e più anni, l'uscita dal nucleare sarà una cosa naturale. L'affermazione del ministro è però, in realtà, una vittoria a metà. Se è vero che le intenzioni sono buone, è anche vero che il governo Schroeder (1998 - 2005) aveva indicato per il 2022 - otto anni in meno - il raggiungimento di quell'obiettivo. Tutto ciò non toglie però, dice Jochen Flasbarth presidente dell'agenzia federale per l'Ambiente, che la Germania non possa farcela prima, addirittura per il 2020.

patrick moore greenpeace
Moore fece parte del gruppo iniziale di Greenpeace e dal quale venne poi escluso a causa di forti divergenze
A testimonianza della forte battaglia che si sta combattendo sul nucleare, è di questi giorni il botta e risposta tra Patrick Moore e Greenpeace. Moore che nel 1971 fece parte del gruppo iniziale di Greenpeace e dal quale venne poi escluso a causa di forti divergenze, dichiara: "il nucleare è l'unica energia che può sostituire la produzione derivante da combustibili fossili su scala mondiale mentre l'eolico e il solare sono troppo costose". Ma non si ferma qui, secondo Moore anche le biomasse sono importanti ma non solo per i combustibili, anche per "bruciare il legno per produrre energia e cucinare". Alle scempiaggini di Moore ha risposto Greenpeace con un comunicato: "Nella sua attivita', connotata dall'ossessione per Greenpeace - o piu' probabilmente da un calcolo mediatico - Patrick Moore semina spesso e volentieri informazioni false, alcune delle quali talmente palesi da essere corrette dagli stessi giornalisti". Ma non è tutto, Moore, secondo Greepeace, sarebbe "un ex-ambientalista in carriera" che "da molti anni viene finanziato dalle industrie del legname e del nucleare", il che spiegherebbe le sue tesi.

Greenpeace però, come è noto, bada alla sostanza e infatti ci pensa Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, a integrare il comunicato con i dati sul nucleare e il suo rendimento: "Pur raddoppiando il numero di reattori oggi esistenti, il taglio delle emissioni di CO2 non sarebbe superiore al 5% e occorrerebbe inaugurare un nuovo reattore ogni due settimane da qui al 2030. E tutto questo a discapito delle vere soluzioni per il clima: fonti rinnovabili ed efficienza energetica". Per non parlare dei costi e dello smaltimento delle scorie.

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4 Marzo 2010 - Scrivi un commento
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