L’insostenibilità dell’olio di palma

L’agenzia britannica per gli standard pubblicitari blocca il messaggio diffuso da uno dei grandi gruppi industriali produttori di olio di palma in Malesia: contiene affermazioni ingannevoli o non dimostrate. Ma la piaga della deforestazione, perpetrata per far spazio alle grandi piantagioni, va avanti. A pagarne le conseguenze dirette sono le popolazioni indigene, ridotte alla fame perché private della loro madre foresta, ma anche l’ecosistema tutto, in quanto insieme ai boschi scompare un universo di biodiversità e un grosso “trattenitore” di anidride carbonica.

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di Virginia Greco

penan borneo olio palma
I Penan, così si chiama il popolo originario del Sarawak, l’area malese del Borneo, vedono la propria sopravvivenza messa a repentaglio dall’abbattimento delle foreste ancestrali
Meno di un mese fa le popolazioni indigene che vivono nella parte nord del Borneo hanno ricevuto una buona notizia: l’agenzia britannica responsabile degli standard pubblicitari (Advertising Standard Agency) ha censurato una pubblicità prodotta dal Malaysian Palm Oil Council, colosso dell’industria malese della palma da olio. In tale annuncio si dichiarava che la coltivazione della palma da olio in Malesia fosse sostenibile e che, addirittura, contribuisse ad “alleviare la povertà, in particolare tra le popolazioni rurali”.

Niente di più falso! Ciò è proprio quanto sostenuto dall’agenzia britannica, che ha giudicato ingannevoli, o nella migliore delle ipotesi non dimostrate, tale affermazione ed altre presenti nella pubblicità.

Certamente questa vicenda non risolverà la problematica mondiale dell’olio di palma, ma quanto meno offre giustizia alle popolazioni del Borneo ed impedisce che si manipolino le scelte degli acquirenti tramite messaggi pubblicitari falsi.

Da anni in Malesia si perpetra un’inaccettabile distruzione della foresta primaria: il controllo di ampie zone di essa viene concesso ai rappresentanti dell’industria dell’olio di palma, i quali le radono al suolo per lasciare spazio alle piantagioni di palma. Il sistema è assolutamente analogo a quello adottato in Indonesia dall’industria cartiera (ed in misura minore anche da quella dell’olio di palma).

Le ricadute ambientali sono ovviamente ingenti e di varia natura. Si perde un grande polmone verde del pianeta, si attenta alla biodiversità naturale, spazzando via numerose specie di alberi, piante e animali che popolano quelle regioni. La geomorfologia del terreno si modifica, con conseguenze variabili, e si immette nell’atmosfera una gran quantità di anidride carbonica, immagazzinata in precedenza dagli alberi.

Si aggiunga a tutto ciò che le popolazioni indigene, che per secoli hanno abitato la foresta e sono sopravvissute in un rapporto di simbiosi con essa, improvvisamente si trovano ad essere private delle loro “case” e cacciate via.

olio palma malesia deforestazione
Per frenare lo scempio in atto e la crescita inarrestabile dell’industria dell’olio di palma, si dovrebbe in primo luogo smettere di consumare tale prodotto
I Penan, così si chiama il popolo originario del Sarawak, l’area malese del Borneo, vedono la propria sopravvivenza messa a repentaglio dall’abbattimento delle foreste ancestrali. Essi vivono di caccia e raccolta, attività rese impossibili dalla distruzione dei boschi, mentre i corsi d’acqua in cui pescano sono sempre più inquinati a causa delle attività industriali.

Essi stanno cercando strenuamente di difendere la loro madre foresta e di lottare per il proprio diritto a sopravvivere, ma con scarso successo e grandi sofferenze. Coloro che abitano le terre date in concessione vengono, infatti, costretti con la forza ad evacuare e ai tentativi di resistenza seguono minacce di violenza, talvolta anche messe in atto. Nel 1987 più di cento Penan furono arrestati perché bloccarono le vie di comunicazione per cercare di impedire alle compagnie deforestatrici di entrare nelle loro terre.

“La scorsa settimana sono salito lì dove i lavoratori stavano disboscando per dir loro di smettere”, dichiara Pisang, un uomo Penan, “Loro mi hanno risposto: ‘Questo è un progetto del Governo. Se ti opponi, ti uccideremo”.

Gli uomini vengono minacciati di morte, le donne di stupro.

Survival, movimento internazionale che difende le popolazioni tribali, ha richiesto più volte alle autorità malesi di interrompere qualunque attività di deforestazione, di arrestare la diffusione delle piantagioni di palma da olio, nonché la costruzione di sbarramenti, in assenza del consenso delle popolazioni locali. Ma nonostante le lotte e le campagne condotte da anni, il governo del Sarawak continua a non riconoscere il diritto dei Penan alla loro terra.

Gli interessi economici in ballo solo troppo elevati. Non c’è spazio per la coscienza ecologica e la sensibilità umana, né per la responsabilità politica nei confronti del proprio popolo.

Per frenare lo scempio in atto e la crescita inarrestabile dell’industria dell’olio di palma, si dovrebbe in primo luogo smettere di consumare tale prodotto, in modo da arginarne la richiesta sul mercato. Purtroppo la cosa non è affatto semplice: l’olio di palma è ormai contenuto in una miriade di alimenti (soprattutto biscotti e dolciumi), nonché in vari detergenti.

L’acquirente che non voglia rendersi complice dei disastri ambientali e delle violenze commesse in Malesia dovrebbe pertanto poter discriminare tra l’olio “buono” e quello “cattivo”.

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Da anni in Malesia si perpetra la distruzione della foresta primaria. il controllo di ampie zone di essa viene concesso ai rappresentanti dell’industria dell’olio di palma, i quali le radono al suolo per lasciare spazio alle piantagioni di palma
A tal proposito, nel 2003 è nata la RSPO, Tavola rotonda per l’olio di palma, a cui aderiscono aziende che producono e/o impiegano tale sostanza. Essa è stata fondata con l’intento di creare un organismo in grado di certificare la sostenibilità dell’olio di palma o dei prodotti che ne fanno uso, in modo da tutelare le aziende che non impiegano olio proveniente da scenari quali quello malese e di indirizzare le scelte dei consumatori.

Purtroppo al giorno d’oggi RSPO certifica come sostenibile solo il 2% della produzione mondiale di olio di palma: una cifra angosciante dato il largo consumo che se ne fa.

PER SAPERNE DI PIU' SULL'ARGOMENTO
Terra il Pianeta Prezioso

Inquinamento, deforestazione, mutamenti climatici, animali in via di estinzione... proteggere la terra non...
Continua...
 
23 Novembre 2009 - Scrivi un commento
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2 lettori hanno commentato questo articolo:
5/1/10 13:56, ivan olivieri ha scritto:
6o milioni e il calcolo fatto dai popoli indigeni..60 milioni di persone che dovranno sparire per produrre bio combustibile e olio di palma.. 60 milioni di persone che vivendo nella loro foresta difendono la nostra vita... la loro foresta appunto.... ipenan stanno combattendo e a volte io sto' mangiando olio di palma che e dappertutto in mille prodotti anche a volte nella luce elettrica prodotta a volte anche con olio di palma... se i penan perdono la foresta perdono la vita... lo ribadisco.. se i penan perdono la loro foresta noi perdiamo una delle poche possibilita' che abbiamo ancora di vivere in questo mondo.... tutti insieme evitiamo di usare olio di palma.. fatelo per i vostri bimbi.. vi abbraccio ivan di maddalena
26/11/09 02:23, Sandokan ha scritto:
Mai letta tanta demagogia tutta insieme....
Se non lo sapete è in atto a livello mondiale una campagna contro l'olio di palma di cui anche voi (sicuramente senza rendervene conto) fate parte.

Gli indigeni, per mangiare devono cacciare (magari un orangutan, un armadillo, serpenti) quello che si trova nella jungla dove non cresce niente di commestibile.

Anche se tarzan è stato un bel telefilm, vivere nella giungla è migliaia di volte peggio che vivere lavorando nelle piantagioni
E' semplice parlare scrivendo sulla tastiera....

Quanti boschi sono stati distrutti in Italia per le nostre culture? e quanti nel mondo per fare posto addirittura a piantagioni di tabacco?????
forse il tabacco fa bene alla salute??

Le foreste e la jungla sono si una risorsa unica per il nostro pianeta, ma le piantagioni di palma sono anche l'unica fonte di sopravvivenza per le popolazioni che abitano quelle zone che altrimenti rimarrebbero degli indigeni alla pari di orzowei.

Il nostro sviluppo industriale ci ha fatto abbattere boschi ovunque ed adesso chiediamo a queste popolazioni del terzo mondo di rimanere terzo mondo e DI NON FARE quello che noi abbiamo già fatto e di continuare a vivere senza strade, auto, elettricità e mangiando bacche e radici. Forse per questo dovrebbero essere pagati!!

Visto che le foreste fanno un servizio al mondo intero purificandone l'aria, perchè non paghiamo questo servizio al giusto prezzo?
Perche la carbon tax non va a coloro che purificano? per un'industria basta comprare delle "carbon quote" per continuare ad inquinare, ed a chi vanno quei soldi????
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