La dichiarazione segue le polemiche suscitate soltanto due giorni fa dall’esplicita rinuncia da parte dei due leader di giungere, nell’ambito della Conferenza di Copenaghen, a un trattato post-Kyoto sulle emissioni di gas inquinanti. E proprio l’improponibilità di un trattato sembra rimanere uno dei pochi punti fermi del minuetto diplomatico che si sta consumando a tre settimane dall’inizio dei lavori di Copenhagen. Le frizioni interne nella politica americana sul clima, le distanze negoziali fra i numerosi attori internazionali della Conferenza e i tatticismi di alcuni paesi in via di sviluppo – Cina in testa – che chiedono all’Occidente impegni più stringenti, rendono del tutto improbabile che vi siano i tempi, anche tecnici, per giungere a un nuovo trattato globale sulle emissioni di CO2.
Diverse voci insistono sulla possibilità che un nuovo trattato venga presentato alla Conferenza di Bonn a metà 2010, o forse in un appuntamento ancora successivo a Città del Messico. A Copenhagen potrebbe dunque definirsi una “road map” per giungere a un vero accordo entro un anno. Un’ipotesi che assomiglia a una semplice dilazione, anche in considerazione del fatto che un nuovo trattato sarebbe stato previsto proprio per Copenhagen da una precedente road map, definita a Bali dalle Nazioni Unite nel vertice di fine 2007. E se da un lato gli scienziati ammoniscono sull’urgenza dell’azione contro il riscaldamento globale, i cui effetti si accumulano con rapidità superiore al previsto, dall’altro esiste un’esigenza pratica e burocratica nel fare presto.
Il destino di un futuro trattato e della Conferenza di Copenhagen sembrano, dunque, nelle mani della diplomazia. All’ondivago fronte cino-americano pare contrapporsi un’intesa tra Francia e Brasile. Sarkozy e Lula si sono incontrati alcuni giorni fa, sottolineando esplicitamente la loro intenzione di guidare la battaglia al cambiamento climatico, in sfida alle ritrosie delle due superpotenze del ‘G2’. Francia e Brasile hanno utilizzato parole forti e previsto alcuni impegni per il futuro, come quello di Lula di ridurre dell’80% la deforestazione dell’Amazzonia. Intanto, fra due giorni il presidente francese si riunirà con la cancelliera tedesca Merkel e il presidente danese Rasmussen, per definire una posizione comune dell’Europa rispetto alla Conferenza di Copenhagen e, s’immagina, rispondere alle recenti dichiarazioni di Cina e Stati Uniti. L’Europa potrebbe volersi ritagliare una rinnovata leadership in materia ambientale. Politica degli annunci permettendo.
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