Panem et Circenses: gli errori dell’uomo pagati dagli animali

L’uomo ritiene, con la presunzione di non essere smentito, di poter disporre a suo uso, abuso e consumo della natura e dei suoi abitanti pennuti, pinnati, quadrupedi e quadrumani. Laboratori, circhi, zoo, allevamenti sono la frontiera (dis)umana al progresso della scienza, al divertimento, alla produzione sfrenata.

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di Romina Arena

uomo scimmia circo dominare
L'uomo ha sempre avuto la convinzione di poter dominare la natura
I crimini contro la vita li chiamano errori, Pierangelo Bertoli

L’uomo ha sempre avuto la convinzione di poter dominare la natura. Ha sempre pensato che il proprio status di essere intelligente e dotato di raziocino gli desse una sorta di diritto di prelazione sugli animali, il loro habitat, i loro cicli vitali.

La bestia, così definita perché, secondo un concetto filosofico ben radicato, priva di quelle capacità cognitive ed intellettuali proprie dell’Homo sapiens sapiens (due volte sapiens, addirittura), è soggetto, oggetto e strumento nell’affannosa ricerca di quella nuova molla che proietti l’umanità in un costante ed all’infinito procrastinato futuro.

Anche se ad oggi si ha notizia che in alcune zone del mondo, quelle povere, manco a dirlo, esistono individui equiparati, ai fini del progresso scientifico, agli animali e che quindi di questi ultimi compartecipano la sorte, rimangono sempre le bestie i più assidui frequentatori di laboratori, gabbie e gabbiette ammassate nei magazzini nella estenuante cavalcata verso un domani neanche tanto bene definito e soprattutto neanche così tanto allettante.

Sulle loro carni, sulle loro pellicce, sui loro organi si avvicendano figure tra le più disparate che siano scienziati, cuochi, bracconieri, mercanti, santoni e faccendieri che con le loro trovate immaginano ed alla fine pretendono di restituirci cosmetici più belli, brillanti e ricercati per le nostre membra; capi d’abbigliamento alla moda per soddisfare il più sfrenato slancio di vanità; pozioni miracolose che ci guariscano ogni morbo del corpo e dell’anima; cibi succulenti che accarezzino con esotica voluttà il più fine dei palati; bersagli mobili per soddisfare il più basso degli istinti predatori.

mucca pazza ecatombe bovina
L’encefalopatia spongiforme bovina, meglio conosciuta come mucca pazza, è stata una buona occasione per provocare un’ecatombe bovina di portata planetaria
Laddove non arriva la scienza, il fucile o il pennello per stendere l’ombretto vi arriva la voglia di soddisfare il pubblico ludibrio, quei gridolini concitati ebbri di eccitazione che fendono l’aria quando si scopre che la bestia, in verità, balla, canta, salta a comando, si fa ficcare una testa tra le fauci, tiene una palla ben ferma sul naso, sbatte le pinne per applaudire, salta nei cerchi infuocati, imita l’uomo nei vizi e nelle, poche, virtù. Dove la scienza lascia il passo al godimento dello spirito, lì spuntano i circhi, gli zoo, gli acquari e i delfinari.

Carceri o poco più (spesso anche molto meno) che ricreano intorno alle bestie, nella migliore delle ipotesi, ambienti fittizi fatti di palme, rocce, laghetti, Iceberg, grotte, liane e tanta, tanta desolazione. La bestia è un’attrazione, un fenomeno da baraccone, un quadrupede che si drizza sulle zampe posteriori: la fotografia col tigrotto o con il pitone adagiato sulle spalle come un pesante, scivoloso ed umidiccio collier; l’orso che si lancia dalla roccia per cercare la frescura nelle acque palustri del laghetto artificiale o il gorilla che tra le sbarre tende una mano (perché di quello si tratta) per ricevere qualche nocciolina o qualche sparuta caramella; il delfino che spunta come un siluro dall’acqua per compiere evoluzioni mozzafiato in alto nell’aria per poi tuffarsi con grazia in quello che per lui è poco più che un pantano. Applausi fragorosi, bambini con lo sguardo rapito, macchine fotografiche in tilt.

Panem et Circenses.

Cibo e divertimento per rispondere all’insaziabile esigenza, che si trasforma in pretesa, atto dovuto, di ristorare lo spirito e temprare il corpo ad una velocità che i giusti tempi ciclici della natura non contemplano. Allora alle siringhe dei laboratori, ai frustini dei circhi, alle palle colorate dei delfinari si aggiungono quei lager che la vulgata comune si ostina a chiamare allevamenti.

fois gras allevamenti oche
Agnelli, galline, maiali e poi branzini, tonni, trote ed orate ammassati in ambienti insalubri, tempestati di antibiotici, condannati a standard di vita e di produzione innaturali
Agnelli, galline, maiali e poi branzini, tonni, trote ed orate ammassati in ambienti insalubri, tempestati di antibiotici, condannati a standard di vita e di produzione innaturali. Le vacche con le mammelle costantemente strizzate; le galline a spremersi per le uova; le oche ad ingrossarsi, letteralmente, il fegato. Tutti invariabilmente costretti a crescere in fretta e produrre altrettanto velocemente. In questo vortice, però, spesso qualcosa sfugge, parte per la tangente, crea delle anomalie negli animali che diventano letali per l’uomo.

E l’uomo cosa fa? Dotato di quel suo ingegno che non per niente lo rende sapiens, taglia il problema alla radice, seguendo i consigli di Arthur Schopenhauer. Perché le responsabilità non sono mai dell’uomo, che si accanisce con le sue alchimie, i suoi esperimenti, i suoi vaccini sulle bestie, ma di queste ultime, zozze, immonde, che si ammalano, contaminano le loro carni e devono essere soppresse.

L’encefalopatia spongiforme bovina, meglio conosciuta come mucca pazza, è stata una buona occasione per provocare un’ecatombe bovina di portata planetaria; l’influenza aviaria ha segnato un delirante sterminio di polli, tacchini e simili; il nuovo virus dell’influenza A ha dato inizio ad uno specioso quanto inutile eccidio di maiali.

Mi chiedo, non senza certa preoccupazione, cosa succederebbe se un giorno, in questa follia collettiva, venisse fuori un nuovo virus e lo chiamassero influenza umana .

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26 Ottobre 2009 - Scrivi un commento
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