Il nucleare torna quindi nell’agenda degli ambientalisti italiani, a partire da quelli alessandrini finora oppostisi alla trasformazione della Sogin di Bosco Marengo, ex Fabbricazioni Nucleari (Enea), in un deposito autorizzato di materiali atomici. «Innanzitutto dobbiamo reperire con urgenza i fondi per proseguire il ricorso al Tar del Piemonte», dice Balza, preannunciando che la vera battaglia sarà sull’individuazione dei siti nucleari.
«Anche se l’indicazione ufficiale dei siti avverrà dopo le elezioni regionali – aggiunge Balza – le maggiori probabilità per ospitare le nuove centrali, i depositi e gli impianti di combustibile nucleare (vedi Bosco Marengo), saranno appannaggio dei siti dei vecchi impianti: riattivazioni comode per diversi aspetti: ad esempio quello burocratico, che risolve in partenza l’iter della licenza». Nessuna Regione sarà scartata in partenza, avverte Balza, che teme che la scelta cadrà su quelle «dove le popolazioni offriranno minore resistenza».
A Bosco Marengo c’è inoltre un rilevante risvolto occupazionale. Nei giorni scorsi il governo ha annunciato la chiusura di Nta (nuove tecnologie, non nucleari), entità anch’essa statale, che condivide il sito dell’ex Fabbricazioni Nucleari occupato insieme alla Sogin (combustibile atomico). Trasferendo a Saluggia i 30 lavoratori Nta, lo spazio resterà a completa disposizione della Sogin per ospitare il deposito nucleare che la stessa azienda sta allestendo, attraverso quella che gli ambientalisti definiscono «una illegittima autorizzazione del governo» e col pieno di Comune, Provincia e Regione Piemonte.
Gli ecologisti temono che il deposito, previsto come “provvisorio, a tempo indeterminato”, diventi “definitivo” nel linguaggio italico, trasformandosi nel tempo in una struttura sempre più grande, in un luogo inadatto ad ospitare scorie nucleari. Secondo gli ambientalisti, il deposito alle porte di Alessandria è pericoloso per l’ambiente e la salute, senza contare la possibilità di rischi accidentali: inquinamento delle falde acquifere, esplosioni, attentati, semplici incidenti.
Anche con l’aiuto di Beppe Grillo, che ha permesso loro di sostenere le spese per il ricorso al Consiglio di Stato, Medicina Democratica, Legambiente, Pro Natura e alcuni consiglieri regionali, sostenuti da centinaia di sottoscrittori, stanno lottando con un ricorso al Tar del Piemonte. «Noi sosteniamo che, in base alle leggi, il nucleare debba sparire da Bosco Marengo ed essere trasferito in un apposito deposito nazionale», affermano i portavoce della protesta.
Secondo la Regione, il caso-Bosco non rappresenta un pericolo, perché il sito ospita da sempre fusti di combustibile nucleare. Materiale che andrà poi conferito nel futuro sito unico nazionale per i rifiuti nucleari, quando l’Italia dovrà farsi carico delle scorie a suo tempo trasferite in Francia. Non la pensano così gli ambientalisti, che temono che accreditare Bosco Marengo come discarica temporanea rischi di far sfumare per sempre l’inviduazione del sito nucleare nazionale, coi necessari requisiti di sicurezza.
«Purtroppo – aggiungono i promotori della “resistenza” antinucleare di Alessandria – abbiamo difficoltà a reperire l’enormità di soldi necessari per proseguire il ricorso, e forse dovremo arrenderci malgrado l’entusiasmante sottoscrizione popolare». Il caso ha finora mobilitato una parte dell’opinione pubblica, specie piemontese, senza tuttavia ottenere spazio sui media principali.
Articolo tratto da Libre Idee
Fermiamo Mr. Burns
1987: con un referendum abrogativo gli italiani dicono no al nucleare.2007: nonostante la decisione del... Continua... |